Dal Vangelo secondo Luca
Luca 24, 46-53
46 «Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno 47 e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48 Di questo voi siete testimoni. 49 E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
50 Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. 51 Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo. 52 Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; 53 e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it).
Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
Certamente Gesù Risorto fu visto come tale per un periodo preciso di tempo, dopo di che egli non si manifestò più in apparizione. L’“Ascensione” è un’immagine in linguaggio spazio-temporale per esprimere proprio che da un certo momento Cristo non fu più rinvenibile all’interno del limite spazio-temporale della nostra percezione umana: egli è il Vivente al di fuori dello spazio e del tempo, nell’eternità di Dio, “in cielo” (Lc 24,51).
Nel brano evangelico che racconta la tua ascensione al cielo, o Signore, quello che più ci colpisce è che i discepoli, invece di disperarsi e di piangere per la perdita della tua percezione corporale, se ne tornino a Gerusalemme “con grande gioia” (Lc 24,52).
Certo, c’è la gioia per una meravigliosa missione che è stata loro affidata, quella di annunciare la tua misericordia e il tuo perdono per tutte le genti (Lc 24,47). Di rivelare al mondo che tu non sei un Dio giudice, che punisce i cattivi e premia i buoni, ma che sei un Padre amoroso e tenero che vuole che “tutti gli uomini siano salvi e giungano alla conoscenza della verità” (1 Tm 2,4). Che hai “tanto amato il mondo da dare il tuo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). Che sei innamorato degli uomini e che ti prendi cura di loro, e inviti a gettare in te tutti i nostri affanni (1 Pt 5,7).
C’è la gioia di sapere che avresti inviato il tuo Spirito Santo, la tua Presenza durante la tua assenza (Gv 16,7): lo Spirito di verità (Gv 14,17; 15,26; 16,13; 1 Gv 4,6; 5,6), maestro interiore dei discepoli, che non solo ricorderà loro, o Signore, i tuoi insegnamenti, ma glieli farà comprendere, guidandoli alla verità tutta intera (Gv 16,13). E il tuo Spirito addirittura inabiterà nei cuori dei cristiani; in Gv 14,16-17, in uno stupendo crescendo, non solo hai detto che Egli è con (“metà”) i credenti, ma che è presso (“parà”) di loro, anzi in (“en”) loro: essi così diventeranno “Pneumatofori”, “Portatori dello Spirito Santo” (Rm 8,9-11; 1 Cor 3,16). E la Chiesa tutta sarà “Tempio vivo dello Spirito” (Pref. VIII per annum).
Ma soprattutto la Gioia dei discepoli deriva dalla consapevolezza che dopo la tua Incarnazione, Passione, Morte e Risurrezione tutto il mondo è cambiato: la paura, l’angoscia, il peccato, la malattia, la morte sono stati distrutti per sempre, e ormai dice come l’apostolo Paolo, “siamo già risorti con te” (Col 3,1); “Dio ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia infatti siete stati salvati. Con lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù” (Ef 2,4-7).
Quello che ci consola, Signore, è che tu sei con noi sempre, fino alla fine dei tempi, e la tua presenza è reale al nostro fianco. Isaia aveva profetizzato che tu saresti stato “l’Emmanuele, cioè il Dio con noi” (Is 7,14; Mt 1,23). Ora questo si realizza nella tua promessa: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).
E, ascendendo al cielo, ci benedici (Lc 24,50-51). Nella Bibbia c’è una vera “teologia della benedizione (berakà)”: in ebraico, berakà è la “forza salutare o vitale”, ma anche il “ginocchio”, eufemismo per indicare gli organi sessuali. La tua benedizione non è solo augurio, ma è forza viva, è sinonimo della vita stessa che tu ci doni: benedire è trasmettere la propria capacità generativa a un altro rendendolo fecondo. Non fai per noi un banale gesto rituale, ma ci trasfondi forza, fertilità, capacità di creare con te un mondo più nuovo e più giusto.
Aiutaci, o Signore, a sentirti sempre presso di noi, anche nei momenti della prova, della malattia e del dolore, a saperti riconoscere vicino a noi, pronto a guarirci e a liberarci, a sostenerci e a proteggerci, a illuminare le nostre tenebre, trasformandoci in uomini di speranza. “La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5). La nostra speranza in te, o Signore, è un fatto reale, già attuato, al punto che Paolo parla della “speranza che vi attende nei cieli” (Col 1,5), e ci invita a “vivere… nell’attesa della beata speranza” (Tt 2,13).
A questo mondo triste, angosciato e spesso disperato, aiutaci o Signore, a portare la tua gioia. E ad esortare tutti, con la nostra vita e la nostra parola, a lodarti con giubilo (Lc 24,53): “Acclami al Signore tutta la terra, gridate, esultate con canti di gioia. Cantate inni al Signore con l’arpa, con l’arpa e con suono del corno acclamate davanti al re, il Signore. Frema il mare e quanto racchiude, il mondo e i suoi abitanti. I fiumi battano le mani, esultino insieme le montagne davanti al Signore che viene” (Sal 98,4-9). Perché “noi abbiamo visto la tua gloria, gloria come di Unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14); “noi abbiamo udito, noi abbiamo veduto con i nostri occhi, noi abbiamo contemplato e le nostre mani hanno toccato il Verbo della vita” (1 Gv 1,1)! Perché “se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui? Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio giustifica. Chi condannerà? Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi? Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?” (Rm 8,31-35).
E fa’, o Signore che, ebbri di gioia, cantiamo sempre, come Maria, la tua Mamma:
“L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome:
di generazione in generazione la sua misericordia
si stende su quelli che lo temono” (Lc 1,46-55).
Buona Misericordia a tutti!
Carlo Miglietta
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.