Dal Vangelo secondo Giovanni
Giovanni 8, 1-11
1 Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi. 2 Ma all’alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava. 3 Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, 4 gli dicono: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. 5 Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». 6 Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. 7 E siccome insistevano nell’interrogarlo, alzò il capo e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». 8 E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. 9 Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi. Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. 10 Alzatosi allora Gesù le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». 11 Ed essa rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it).
Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
Il brano dell’adultera perdonata (Gv 8,1-11) è ormai da tutti i commentatori considerato una pericope che non appartiene al Vangelo di Giovanni. Lingua, stile, genere letterario e posizione sono profondamente diversi da quarto Vangelo. Il brano è considerato un’inserzione posteriore, tanto che nella Bibbia greca fu inserito solo dopo il 900, mentre Gerolamo lo include nella Volgata. Il racconto pare antico: ne parlano e Eusebio, Papia, il Vangelo degli ebrei e l’altro apocrifo “La vendetta del Salvatore”; e anche Agostino lo commenta.
È di Giovanni o di altri? Stile, vocabolario (le parole: “Monte degli ulivi”., “all’alba”, “popolo”, “scribi”…), grammatica non sono di Giovanni. Alcuni manoscritti non collocano qui il racconto, ma dopo 7,36 o alla fine del Vangelo; altri manoscritti inseriscono questa pericope nel Vangelo di Luca al capitolo 21,38, sia perché lì sta bene come logica narrativa, sia perché lo stile del racconto è molto più vicino a Luca che a Giovanni
Perché in Giovanni è inserito proprio qui, interrompendo il racconto della Festa delle Capanne (Gv 7,1-9,41)? Bianchi trova ciò geniale in quanto poco più avanti Gesù dirà: “Io non giudico nessuno” (8,11); “chi di voi può convincermi di peccato?” (Gv 8,46). Anche Hoskyns afferma che se anche la storia contestualmente è fuori posto, teologicamente ben introduce il tema del giudizio del capitolo 8.
Ultima questione: la pericope è considerata canonica o no? Nella Chiesa cattolica il criterio è l’accoglienza della Volgata, quindi la considera pienamente canonica, cioè Parola di Dio per noi oggi. La Chiesa bizantina ha sancito dopo il 900 la sua canonicità; così è stato per la Bibbia di Giacomo I, la versione ufficiale della Chiesa anglicana.
- 4-5: Dt 22,22 e Lv 20,10 condannano l’adultera morte per lapidazione, pena che poi dopo il secondo secolo sarà mutata in strangolamento.
- 6-8: a Gesù è richiesto un parere, come a Salomone in 1 Re 3, come a Daniele in Dn 13,51, ma per metterlo in trappola: se decide a favore della donna si mette contro la Torah in modo evidente: Dio ha scritto “Non commettere adulterio” sulle tavole (Es 20,14; Dt 5,18)! Se ordina di lapidarla è in contraddizione con il suo messaggio di perdono e avrà noie dai Romani, che hanno tolto al Sinedrio il potere di condannare a morte (Gv 18,31).
Gesù non prende posizione ma “si mise a scrivere col dito per terra” (Gv 8,6). Cosa scrive? “Il senso di questo gesto – annota la Bibbia di Gerusalemme – resta oscuro”. Vediamo di fare un po’ di luce. Girolamo dice che scriveva i peccati degli accusatori. Alcuni commentatori richiamano Ger 17,13: “Quanti si allontanano da te saranno scritti nella polvere perché hanno abbandonato IHWH, la fonte d’acqua viva”. Brown afferma che “Gesù si limitava a tracciare delle linee per terra mentre stava pensando e mostrava così imperturbabilità”: era usanza semitica scarabocchiare per terra nei momenti di turbamento.
Ma forse qui dobbiamo ricordare Es 31,18: “Quando il Signore ebbe finito di parlare con Mosè, gli diede le due Tavole della testimonianza, tavole di pietra, scritte dal dito di Dio”; Es 32,16: “La Scrittura era scrittura di Dio scolpita sulle Tavole”; Es 34,38: “Il Signore scrisse sulle Tavole le parole dell’alleanza”: nel nostro brano Gesù è chiamato “Signore” (Gv 8,11). Gesù sta scrivendo una nuova Legge: due volte si china a scrivere come due volte Dio si era chinato sul Sinai a dare la Torah.
Gesù non difende né accusa la donna, ma ribalta l’ottica della questione. Dt 17,7 imponeva che fossero i testimoni del reato coloro che dovevano scagliare la prima pietra: la nuova Legge scritta e proclamata da Gesù chiede che solo chi è senza peccato davanti a Dio possa accusare.
Commenta Papa Francesco: “Gli interlocutori di Gesù sono chiusi nelle strettoie del legalismo e vogliono rinchiudere il Figlio di Dio nella loro prospettiva di giudizio e condanna. Ma Egli non è venuto nel mondo per giudicare e condannare, bensì per salvare e offrire alle persone una vita nuova… Dobbiamo essere consapevoli che anche noi siamo peccatori! Quando sparliamo degli altri – tutte cose che conosciamo bene -, quanto bene ci farà avere il coraggio di far cadere a terra le pietre che abbiamo per scagliarle contro gli altri, e pensare un po’ ai nostri peccati!… «Donna, dove sono?» (Gv 8,10), le dice Gesù. E basta questa constatazione, e il suo sguardo pieno di misericordia, pieno di amore, per far sentire a quella persona – forse per la prima volta – che ha una dignità, che lei non è il suo peccato, lei ha una dignità di persona; che può cambiare vita, può uscire dalle sue schiavitù e camminare in una strada nuova… Quella donna rappresenta tutti noi, che siamo peccatori, cioè adulteri davanti a Dio, traditori della sua fedeltà. Dio non ci inchioda al nostro peccato, non ci identifica con il male che abbiamo commesso. Abbiamo un nome, e Dio non identifica questo nome con il peccato che abbiamo commesso. Ci vuole liberare, e vuole che anche noi lo vogliamo insieme con Lui. Vuole che la nostra libertà si converta dal male al bene, e questo è possibile – è possibile! – con la sua grazia”.
Buona Misericordia a tutti!
Carlo Miglietta
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.