Dal Vangelo secondo Luca
Luca 6, 17. 20-26
17 Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone…
20 Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva:
«Beati voi poveri,
perché vostro è il regno di Dio.
21 Beati voi che ora avete fame,
perché sarete saziati.
Beati voi che ora piangete,
perché riderete.
22 Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v’insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell’uomo. 23 Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti.
24 Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già la vostra consolazione.
25 Guai a voi che ora siete sazi,
perché avrete fame.
Guai a voi che ora ridete,
perché sarete afflitti e piangerete.
26 Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi.
Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it).
Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
BEATI I POVERI?
Signore, questa volta hai esagerato! Ma ti sei guardato bene intorno? Tu dici “beati” (“makarioi”), cioè pieni della felicità divina i poveri di tutta la terra (Vangelo: Lc 6,20): e non i soliti “poveri in spirito”, come presto diciamo noi rifacendoci a Matteo (Mt 5,3), ma i “poveri-poveri”: il tuo Vangelo usa il termine “ptochòs”, povero, che deriva da “ptòsso”, accatto (!) e traduce vocaboli ebraici con significati molto concreti: “ani”: l’oppresso, il senza terra; “dal”: il debole, colui che socialmente non conta; “‘ebjon”: il mendicante, il senza tetto; “rash”: il bisognoso; “misken”: il meschino, appartenente a classi inferiori.
Ci presenti beata la povertà materiale: ma ti sembrano proprio felici, tanto amati da Dio, quelli che non posseggono nulla, i barboni, i “bambini di strada”, quelli che muoiono sui barconi cercando di attraversare il mare, i siriani massacrati dalla guerra, gli indios sterminati in Brasile, i curdi senza patria, le carovane di profughi al confine tra Messico e Stati Uniti, gli immigrati irregolari ammassati in fatiscenti soffitte, i macellati dal fanatismo dell’ISIS, quelli che non hanno casa, che non hanno la libertà? Proclami beati gli affamati, “peinòn” (Lc 6,21), in ebraico “rà’èb”: non sono quelli che hanno appetito, ma quelli che non hanno il minimo per vivere, i “famelici”: sei sicuro che siano proprio felici le migliaia di persone che ogni giorno muoiono di fame, i milioni che ogni giorno cercano nelle discariche delle città o nei cassonetti dei rifiuti l’indispensabile per sopravvivere, gli abitanti delle favelas e delle baraccopoli di tutto il pianeta, attanagliati dai crampi di una fame atavica, i mendicanti di un pezzo di pane? E dici beati gli afflitti, “pèntoi”, in ebraico “‘ebel”, quello che sono talmente angosciati da esplodere all’esterno il loro dolore: “quelli che piangono” (“klaìontes”: Lc 6,21). Che beatitudine ci trovi nella madre che piange il figlio di quattro anni morto di leucemia, nella sposa tradita dal marito, nella bimba abusata dallo zio, nel condannato alla pena capitale, nel malato psichiatrico, prigioniero dei suoi fantasmi, nel paziente neoplastico, che geme senza speranza? E poi, permetti, Signore: perché mai la tua Chiesa dovrebbe essere beata quando “odiata, messa al bando, insultata e respinta come scellerata” (Lc 6,22), e non invece quando il tuo messaggio da tutti è accettato, i tuoi ministri venerati come “eccellenze”, “eminenze”, “santità”, la “cultura cristiana” dominante, le risorse economiche per l’evangelizzazione abbondanti, i mass-media in mano nostra? Abbi pazienza, ma ci paiono beati proprio quelli contro cui lanci i tuoi “guai” (“vae”): i ricchi, i sazi, quelli che ridono, una Chiesa di cui tutti dicono bene (Lc 6,24-26)…
Non ce la facciamo a sopportare questa grande Rivoluzione che tu ancora oggi ci proponi. E se tutti i poveri e i sofferenti della terra oggi possono esultare perché tu per primo e solo nella storia hai proclamato davvero la loro liberazione definitiva, che inizia già ora e che eterni nel tuo Regno, per noi, che ora “abbiamo già lo nostra consolazione” (Lc 6,24), pare troppo duro che in questo immenso “Purim”, ribaltamento delle sorti, a noi tocchi la maledizione e la rovina (Ger 17,5-8; Sl 1). I tuoi terribili “guai” suonano come la più aspra condanna delle nostre sperequazioni sociali e al contempo sono un invito a una conversione forte a stare sempre dalla parte dei poveri, degli ultimi, degli oppressi, degli escusi, nella condivisione reale dei beni e dell’esperienza di sofferenza, secondo l’ideale comunitario che in Luca ci proponi (At 2,42-47; 4,32-37): sono la chiamata a farci come te, Gesù (le Beatitudini “sono una specie di tuo autoritratto”: Veritatis splendor, n. 16…), il Dio Povero (Lc 2,11-12), Mite (Mt 11,29), Perseguitato (Mc 3,21), Sfigurato dalla sofferenza (Mt 27) come contempliamo sulla Croce, ma che nel trionfo della Resurrezione riscatta ogni povertà, ogni dolore, ogni paura, ogni angoscia, ogni malattia, e la stessa morte!
Dovremmo davvero ascoltare il tuo Papa Francesco che ci dice: “Le parole di Gesù… vanno molto controcorrente rispetto a quanto è abituale, a quanto si fa nella società…; il mondo ci porta verso un altro stile di vita. Le Beatitudini in nessun modo sono qualcosa di leggero o di superficiale; al contrario, possiamo viverle solamente se lo Spirito Santo ci pervade con tutta la sua potenza e ci libera dalla debolezza dell’egoismo, della pigrizia, dell’orgoglio. Torniamo ad ascoltare Gesù, con tutto l’amore e il rispetto che merita il Maestro. Permettiamogli di colpirci con le sue parole, di provocarci, di richiamarci a un reale cambiamento di vita. Altrimenti la santità sarà solo parole” (Gaudete et exsultate, nn. 65-66).
Buona Misericordia a tutti!
Carlo Miglietta
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.