Dal Vangelo secondo Marco
Marco 6, 7-13
7 Allora chiamò i Dodici, ed incominciò a mandarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti immondi. 8 E ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio: né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa; 9 ma, calzati solo i sandali, non indossassero due tuniche. 10 E diceva loro: «Entrati in una casa, rimanetevi fino a che ve ne andiate da quel luogo. 11 Se in qualche luogo non vi riceveranno e non vi ascolteranno, andandovene, scuotete la polvere di sotto ai vostri piedi, a testimonianza per loro». 12 E partiti, predicavano che la gente si convertisse, 13 scacciavano molti demòni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano.
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it).
Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
Gesù manda i suo Discepoli a due a due perché, secondo il libro del Deuteronomio (Dt 19,15), una testimonianza per essere valida doveva esse data da due persone. La testimonianza di una sola persona non basta per far condannare chi ha commesso un delitto, un crimine o una qualsiasi colpa. L’accusa deve essere provata almeno da due testimoni.
Negli Evangeli e negli Atti spesso vengono presentate delle coppie di Apostoli; alcune di queste coppie sono famose: Pietro e Giovanni, Cleofa e 1’altro discepolo di Emmaus, Giovanni ed Andrea all’inizio del Vangelo di Giovanni; negli Atti, Barnaba e Saulo, poi Barnaba e Marco che sono zio e nipote, poi Paolo e Sila, e anche coppie di sposi, come Aquila e Priscilla, Andronico e Giunia.
Ma c’è un significato più profondo per cui Gesù manda i suoi a due a due. Gesù non opera da solo come gli antichi Profeti: Gesù vive in comunità, vuole che i suoi vadano due a due proprio per dare testimonianza di vita comunitaria. La fede cristiana non è per gli individualisti: non sono io che mi salvo l’anima relazionandomi da solo con il mio Signore; la fede cristiana è la comunità che sta con Gesù. E’ il ricevere i fratelli. La fede cristiana è vita comunitaria, è appartenenza ad un Popolo, al Popolo di Dio, appartenenza ad un’assemblea, “Ecclesia”, la Chiesa.
Ed è questa comunità che è chiamata a stare con Gesù, che è inviata in Missione, che scaccia i demoni, che guarisce gli infermi.
I discepoli sono mandati per cacciare i demoni: “Li mandò a due a due e diede loro il potere sugli spiriti immondi”: l’unico compito della Chiesa è cacciare i demoni, cioè lottare contro lo spirito del male, che è spirito di egoismo, spirito di potere, spirito di sfruttamento, spirito di menzogna, spirito di asservimento dell’uomo, spirito di dominio. E’ contro questo spirito che la Chiesa deve condurre la sua lotta, e la comunità cristiana deve battersi, in ogni ambito, in ogni occasione.
Questo brano è la Magna Carta della Chiesa se vuole essere fedele al suo mandato. E’ un manualetto, che si dava in mano ai primi cristiani, con norme in parte probabilmente date da Gesù stesso, una sorta di vademecum dei primi predicatori della Chiesa Apostolica.
Quale è lo spirito che soggiace a queste esortazioni? La radicalità necessaria per testimoniare l’Evangelo. La chiamata è ad una povertà radicale. Stare con Gesù significa essere poveri, come il Figlio dell’uomo che non ha dove posare il capo. La missione è testimoniare con la propria vita che l’unico tesoro è Gesù Cristo, e che quindi non ci si affida ai tesori umani. La povertà è “sacramento”, è “segno efficace” della nostra fede in Dio. Senza povertà non c’è fede: i discepoli sono coloro che devono confidare solo in Dio, quel Dio che provvede agli uccelli del cielo e veste i gigli del campo.
Ed è per questo che i discepoli non dovranno portare con loro la bisaccia, non dovranno portare neanche il pane, perché come leggeremo in Mc 8,14, hanno con loro il pane unico che è Cristo stesso. Nel loro spogliamento, nel loro svuotamento, nel loro non affidarsi a nulla di concreto e di terreno testimonieranno che solo Cristo è il pane che sfama completamente. La norma di andare nella prima casa che capita e fermarsi lì è proprio data perché non si scelga la casa più bella, perché non scelga la casa dei ricchi, perché non si cerchi l’appoggio dei potenti. In Marco, che scrive agli Italiani, si dice di scuotere il fango; Matteo, che scrive agli Ebrei, dice di scuotere la polvere, perché in Israele c’è il deserto. E’ un gesto simbolico che ogni israelita compiva quando passava in terra pagana. E’ un gesto di separazione, un gesto di accusa, ma esprime anche l’assoluta non violenza, liberalità, gratuità, libertà, con cui è offerto il messaggio. Io offro la Parola cristiana: se non l’accettano non importa, non la impongo con la spada e con le crociate: scuoto i calzari: è un gesto di assoluta gratuità.
I discepoli quindi predicano la Parola e la significano con gesti concreti, come cacciare i demoni e guarire i malati con olio. La loro missione è quindi evidentemente una missione divina, perché annunciano il Regno, rendono noto che Dio è venuto in mezzo agli uomini, ma questa proclamazione va confermata con gesti di liberazione umana.
Dobbiamo riscoprire l’urgenza dell’evangelizzazione, dell’“andare a due a due nel mondo ad annunciare il Regno di Dio, a guarire i malati a cacciare i demoni”. Se il grande amore che sostiene la nostra vita è Gesù Cristo, dobbiamo sentire il bisogno di raccontare agli altri e di testimoniare concretamente questo amore. Nella misura in cui siamo cristiani siamo tutti apostoli, cioè “inviati, mandati”.
Buona Misericordia a tutti!
Carlo Miglietta
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.