Dal Vangelo secondo Marco
Marco 9, 30-37
30 Partiti di là, attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. 31 Istruiva infatti i suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo sta per esser consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risusciterà». 32 Essi però non comprendevano queste parole e avevano timore di chiedergli spiegazioni. 33 Giunsero intanto a Cafarnao. E quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo lungo la via?». 34 Ed essi tacevano. Per la via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. 35 Allora, sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti». 36 E, preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse loro: 37 «Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it).
Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
Il Vangelo odierno ci presenta il secondo (Mc 9,31-32) dei tre annunci di Passione in Marco: nel primo (8,30-33) Gesù, subito dopo che Pietro a Cesarea lo aveva riconosciuto come il Cristo (Mc 8,27-29), a scanso di equivoci “apertamente cominciò a insegnar loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molte cose («pollà»), ed essere riprovato”. Nel secondo annuncio, che la Liturgia ci propone oggi, il concetto chiave è “essere consegnato” (9,31), “paradìdonai”: questa è una parola tecnica, che ricorre molte volte nella Sacra Scrittura, a livello dei racconti della passione. “Essere consegnato” è non essere più padroni di se stessi, è accettare che gli altri ci dominino, è diventare servi, schiavi. Gesù “sarà consegnato”, come il Servo di IHWH (Is 53,10), i profeti (Ger 26), i giusti (Dn 7,24-28), il Battista (Mc 1,14). Nel terzo annuncio (10,32-34) verrà ancor meglio esplicitato il senso di questa “consegna” (10,33) del Figlio: “lo condanneranno a morte…, lo scherniranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno”. Tutta la vita di Gesù è un “consegnarsi”: infatti sarà “consegnato” ai Sommi Sacerdoti (Mc 14,10), a Pilato (15,1-10), ai soldati (15,15), e “si consegnerà” nell’Eucarestia (“Questo è il mio corpo consegnato per voi”: 14,22-24; 1 Cor 11,24).
Di fronte a questa prospettiva i discepoli si ribellano: al primo annuncio, Pietro si pone a fianco di Gesù, “lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo” (8,32). Ma Gesù rimette Pietro nel suo ruolo di discepolo, che deve camminare dietro al Maestro: “Opìso mou!”, “Va’ dietro a me!”, e lo chiama satana, avversario (8,33). E subito in cinque sentenze annuncia il programma per coloro che vogliono mettersi alla sua sequela: il discepolo dovrà rinnegare, cioè disconoscere, sé stesso, e non conoscere altro che la volontà di Dio (8,34); solo nel prendere la croce potrà seguire il Maestro (8,34); dovrà misurare la propria vita non in base a ciò che avrà ma per quanto sarà capace di donare (8,35-37); Gesù si vergognerà di coloro che si vergognano della sua logica (8,38); chi invece si “consegna” come Gesù, già in questa vita ne sperimenterà la potenza (9,1).
Dopo questo secondo annuncio, i discepoli non osano più contestarlo apertamente (9,32), ma tra loro continuano a “discutere chi fosse il più grande” (9,34). Gesù ribadisce con chiarezza: “Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti” (9,35). Anche dopo il terzo annuncio di Passione, Giacomo e Giovanni andranno a chiedergli “di sedere nella gloria uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra” (10,37). E Gesù ribadirà la chiamata al farsi “servi di tutti”, sul suo esempio (10,44-45).
Ci viene da sorridere di fronte a tanta ostinazione dei discepoli, a tanta stupidità spirituale. Ma gli evangelisti hanno insistito nel presentarci questa apostolica stoltezza perché essa è la grande tentazione di sempre per il credente. È la Chiesa, siamo tutti noi, sono io, che ogni giorno rifiutiamo praticamente questa logica di Dio. Tutti noi vogliamo essere i primi e non gli ultimi; tutti noi vogliamo “realizzare” e la nostra vita e non certo perderla; tutti noi vogliamo decidere di noi stessi, e non certo che gli altri dispongano di noi; tutti noi vogliamo gli onori e rifuggiamo gli oltraggi e la persecuzione; tutti noi prediligiamo una vita di comodità piuttosto che di sacrificio; tutti noi preferiamo godere che soffrire, comandare che obbedire, ricevere che dare, essere serviti piuttosto che servire. A nessuno va di essere “consegnato”, divenire “un uomo per gli altri”, un possesso altrui, che tutti possono usare; a nessuno va di “svuotarsi” per gli altri, perdersi per essi, farsi consumare, mangiare dagli altri, diventare “l’ultimo e il servo di tutti” (9,35), come Gesù il Cristo…
Buona Misericordia a tutti!
Carlo Miglietta
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.