Dal Vangelo secondo Matteo
Matteo 11, 2-11
[2] Giovanni intanto, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: [3] “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?”. [4] Gesù rispose: “Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: [5] I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella, [6] e beato colui che non si scandalizza di me”. [7] Mentre questi se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: “Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? [8] Che cosa dunque siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Coloro che portano morbide vesti stanno nei palazzi dei re! [9] E allora, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, anche più di un profeta. [10] Egli è colui, del quale sta scritto: Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero che preparerà la tua via davanti a te. [11] In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista; tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it).
Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
Il Messia degli esclusi
Non esiste povero o peccatore che non sia raggiunto dall’Evangelo di Gesù. Gli esclusi, gli ultimi, sono i destinatari privilegiati del suo messaggio. Alla nascita di Gesù, gli angeli proclamano: “Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore” (Lc 2,10-11). E lo annunciano non ai sacerdoti o agli scribi, nella santità del Tempio, ma a poveri pastori (Lc 2,8-20), considerati impuri, a causa della loro convivenza con gli animali, e ritenuti disonesti, a causa delle loro continue violazioni dei confini territoriali alla ricerca di pascoli per il loro bestiame.
Nella sua vita pubblica, Gesù è l’“amico dei pubblicani e dei peccatori” (Mt 11,19), e non ha timore di turbare i benpensanti sedendo addirittura alla mensa di questi emarginati (Lc 5,27-32; 7, 36-50; 15,1-2; 19,1-10): e il mangiare insieme era per gli ebrei segno di massima intimità (Ap 3,20). Gli scribi dei farisei ne erano quindi scandalizzati e “dicevano ai suoi discepoli: «Come mai egli mangia e beve in compagnia dei pubblicani e dei peccatori?». Avendo udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori»” (Mc 2,16-17).
La Legge imponeva: “Se uno commette adulterio con la moglie del suo prossimo, l’adultero e l’adultera dovranno esser messi a morte” (Lv 20,10). Gesù invece accoglie l’adultera perdonandola e rimandandola in pace (Gv 8,1-11).
Nella Bibbia sta scritto che non si doveva avere rapporti con i samaritani (Esd 4,3), considerati fuori della comunione di Israele perché razzialmente ibridi e con un culto spesso sincretista, che univa l’adorazione al Dio di Israele con quella ad altre divinità (2 Re 17,34-41).
Ma Gesù va anche in Samaria ad annunciare il Regno di Dio, anche se è respinto dai samaritani perché sta andando a Gerusalemme, mentre essi adorano Dio sul monte Garizim (Lc 9,52-55). E un’altra volta si ferma a parlare con una donna samaritana per annunciare a lei, al pozzo di Giacobbe, il Regno di Dio (Gv 4,1-43).
Al Tempio non potevano accedere i malati e i pagani: “«Quanto ai ciechi e agli zoppi, sono in odio a Davide». Per questo dicono: «Il cieco e lo zoppo non entreranno nella casa»” (2 Sam 5,8). Alla fine dell’episodio della cacciata dei venditori dal tempio, Matteo annota: “Gli si avvicinarono ciechi e storpi nel tempio ed egli li guarì” (Mt 21,14): in Gesù nessuno è più emarginato: tutti ormai sono ammessi nella casa di Dio.
Gesù si lascia toccare da “una donna, che da dodici anni era affetta da emorragia” (Mc 5,25-34), anche se la Legge lo proibiva (Lv 15,19-27), non rifiuta i gesti di affetto di una peccatrice, suscitando l’indignazione di benpensanti (Mc 14,3-9), tocca i lebbrosi per guarirli (Mc 1,40-45), rompendo la segregazione legale a cui erano costretti (Lv 13,45-46), facendoli risorgere dalla loro morte sociale… La sua misericordia raggiunge tutti!
Gesù si commuove
Di fronte ad ogni infermità o bisogno, Gesù “si commuove”, “sente compassione”. Sono termini molto forti, che ritroviamo nei Vangeli per esprimere i sentimenti del Signore di fronte al lebbroso: “Mosso a compassione (splanchnisthèis), stese la mano” (Mc 1,41); alle folle senza guida e affamate: “Vide molta folla e si commosse (esplanchnìsthe) per loro, perché erano come pecore senza pastore” (Mc 6,34); “Sento compassione (splanchnìzomai) di questa folla, perché… non hanno da mangiare” (Mc 8,2); alla gente che non ce la fa più: “Vedendo le folle ne sentì compassione (esplanchnìsthe) perché erano stanche e sfinite” (Mt 9,36); ai malati: “Sentì compassione (esplanchnìsthe) per loro e guarì i loro malati” (Mt 14, 14); alla vedova di Naim: “Il gnore ne ebbe compassione (esplanchnìsthe) e le disse: «Non piangere” (Lc 7,13)… È sempre usato il verbo splanchnìzomai, che indica commozione viscerale, che richiama l’utero materno: è il fremito di una madre per i suoi figli, è un’emozione intensissima.
Scriveva Papa Giovanni Paolo II: “Soprattutto con il suo stile di vita e con le sue azioni, Gesù ha rivelato come nel mondo in cui viviamo è presente l’amore, l’amore operante, l’amore che si rivolge all’uomo e abbraccia tutto ciò che forma la sua umanità. Tale amore si fa particolarmente notare nel contatto con la sofferenza, l’ingiustizia, la povertà, con tutta la condizione umana storica, che in vari modi manifesta la limitatezza e la fragilità dell’uomo, sia fisica che morale. Proprio questo manifestarsi dell’amore divino viene denominato, nel linguaggio biblico, misericordia. Cristo, così, rivela Dio che è Padre, che è amore, che è ricco di misericordia, come si esprimono san Giovanni e san Paolo nelle loro lettere”.
Una vita di misericordia
Così Papa Francesco sintetizza la vita di Gesù: “Ciò che muoveva Gesù in tutte le circostanze non era altro che la misericordia, con la quale leggeva nel cuore dei suoi interlocutori e rispondeva al loro bisogno più vero… Dopo aver liberato l’indemoniato di Gerasa, gli affida questa missione: «Annuncia ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te» (Mc 5,19). Anche la vocazione di Matteo è inserita nell’orizzonte della misericordia. Passando dinanzi al banco delle imposte gli occhi di Gesù fissarono quelli di Matteo. Era uno sguardo carico di misericordia che perdonava i peccati di quell’uomo e, vincendo le resistenze degli altri discepoli, scelse lui, il peccatore e pubblicano, per diventare uno dei Dodici (Mt 9,9). San Beda il Venerabile, commentando questa scena del Vangelo, ha scritto che Gesù guardò Matteo con amore misericordioso e lo scelse: miserando atque eligendo. Mi ha sempre impressionato questa espressione, tanto da farla diventare il mio motto”.
Sia la nostra vita, come quella di Gesù, solo misericordia per gli ammalati, i poveri, gli oppressi, gli esclusi!
Buona Misericordia a tutti!
Carlo Miglietta
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.