Dal Vangelo secondo Matteo
Matteo 2, 1-12
Mt 2,1 Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: 2 «Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». 3 All’udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4 Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. 5 Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:
6 E tu, Betlemme, terra di Giuda,
non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda:
da te uscirà infatti un capo
che pascerà il mio popolo, Israele».
7 Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella 8 e li inviò a Betlemme esortandoli: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
9 Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10 Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. 11 Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. 12 Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it).
Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
La Festa dell’Epifania annuncia la rivelazione del Messia alle genti. La parola “Epifania” significa “manifestazione”: Gesù si rivela alle nazioni. La pagina dei Magi è una solenne dichiarazione di missionarietà e di universalismo. Questo episodio, posto all’inizio del Vangelo di Matteo, richiama la conclusione dello stesso Vangelo: “Andate e fate mie discepole tutte le genti…” (Mt 28,18). Due pagine missionarie che aprono e chiudono la storia di Cristo, con una differenza:
nell’episodio dei Magi sono le genti che arrivano a Gerusalemme, alla fine del Vangelo è la Chiesa inviata al mondo: è “la Chiesa in uscita”, di cui spesso ci parla Papa Francesco, “uscire verso gli altri per giungere alle periferie umane” (Evangelii gaudium, n. 46).
“Gesù è stato partorito da Maria, la povera figlia di Israele, e i pastori, accorsi alla parola rivolta loro dall’angelo, hanno visto «un bambino avvolto in fasce deposto in una mangiatoia» (cfr Lc 2,7.12.16). Nato a Betlemme, la città di David (cfr 1 Sam 16), Gesù è un discendente di David a cui spetta il titolo di Messia, di Re dei Giudei; ma proprio il Vangelo secondo Matteo, così radicato nell’ambiente giudaico, mette in evidenza che Gesù è il Salvatore destinato a tutta l’umanità e, quindi, la sua rivelazione è indirizzata a tutte le genti, ai pagani, nella cui discendenza anche noi siamo collocati… Sì, l’universalità della buona notizia è affermata già al momento della nascita di Gesù, e l’episodio dei Magi appare come una profezia che si compirà nella storia della chiesa, quando il Vangelo raggiungerà tutte le culture dei popoli” (E. Bianchi).
Da sempre l’Epifania ha pertanto avuto nella Chiesa una caratterizzazione missionaria, al punto che oggi si celebra la Giornata Mondiale per l’infanzia missionaria. Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha ribadito: “La Chiesa peregrinante è per sua natura missionaria” (Ad gentes, n. 2); ed ha invitato “ciascuna comunità… ad allargare la vasta trama della sua carità fino ai confini della terra, dimostrando per quelli che sono lontani la stessa sollecitudine che ha per coloro che sono i suoi propri membri” (id., n. 37). La missione fa parte quindi costitutiva, integrante della vita della Chiesa, “in quanto è dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo che essa, secondo il disegno del Padre, deriva la propria origine” (Ad gentes, n. 2).
L’Eucarestia ha avuto vari nomi nelle Chiese. E ‘interessante notare come nella terminologia occidentale prevalga l’aspetto missionario, di invio: “Messa”, che letteralmente significa “inviata”, “mandata”. Il vocabolo deriva dalle parole che alla fine della celebrazione il prete dichiarava: “Ite, missa est”, cioè: “Andate, (l’Eucarestia) è stata inviata (agli assenti)” (N. Zingarelli), ai malati, ai prigionieri, ai fratelli lontani… “La si chiama… «Santa Messa», perché la Liturgia, nella quale si è compiuto il mistero della salvezza, si conclude con l’invio dei fedeli («missio») affinché compiano la volontà di Dio nella loro vita quotidiana” (Catechismo Chiesa Cattolica, n. 1332).
L’Eucarestia non è intimistica relazione con il Cristo, fine a se stessa. Ci si unisce a lui e in lui per poi mandarci nel mondo, per farci suoi missionari. “Il banchetto eucaristico non è mai, come nei culti misterici, riservato ad un’élite di iniziati, ma… è essenzialmente aperto e dinamico, proteso all’invito e alla comunicazione di tutti per la salvezza del mondo intero” (P. Visentin). “L’Eucaristia si pone come fonte e insieme come culmine di tutta l’evangelizzazione, poiché il suo fine è la comunione degli uomini con Cristo e in Lui col Padre e con lo Spirito Santo” (Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, 2003, n. 22). “É dall’Eucarestia che scaturisce la missione. Se la «missione» è un «modo di essere» modellato sul Cristo, essa inizia e muove proprio da quel corpo donato e da quel sangue versato” (CEI, Comunione e comunità missionaria, n. 37). È questa la dinamica del sacramento: riempirsi del Signore per traboccarne ai fratelli. “«Fate questo in memoria di me». Si pensa che queste parole riguardino solo la formula della consacrazione. Ma Gesù non ci ha mai chiesto di ripeterle. Ci ha chiesto, invece, di fare quello che lui stesso faceva in quel momento. E cioè prepararsi a dare la vita per la salvezza del mondo… Se le nostre celebrazioni eucaristiche in passato non sono state efficaci per trasformare la vita delle persone, nel rendere i fedeli più impegnati nell’opera di Cristo, forse è perché la gente ha sempre pensato di dovere ricevere anziché dare. Le mani che porgiamo, tuttavia, non sono solo per ricevere il corpo di Cristo, ma anche per darlo agli altri. È questa l’essenza della missione cristiana” (P. Bernier).
Come ci ricorda Maria nel Vangelo odierno, che tende le sue mani, che stringono il divino Bambino, per offrirlo a questi Pagani venuti dall’oriente.
Buona Misericordia a tutti!
Carlo Miglietta
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.