Dal Vangelo secondo Marco

Marco 14, 12-16.22-26

12 Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?». 13 Allora mandò due dei suoi discepoli dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo, 14 e là dove entrerà dite al padrone di casa: Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, perché io vi possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli? 15 Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala con i tappeti, già pronta; là preparate per noi». 16 I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono per la Pasqua… 22 Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». 23 Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24 E disse: «Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza versato per molti. 25 In verità vi dico che io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio».26 E dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi

Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, ​sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it).
Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.

L’Eucarestia “mimo” profetico

Farsi mangiare dagli uomini: Quando Gesù istituisce l’Eucarestia, opera anzitutto un mimo profetico, una gestualità che, sullo stile dei grandi Profeti dell’Antico testamento, vuole darci importanti rivelazioni. Quanto compie nell’ultima cena è “l’ultima parabola di Gesù” (J. Jeremias). Porgendo il pane, dice: “Questo è il mio corpo dato per voi”; offrendo il calice: “Questo è il mio sangue, versato per voi” (Lc 22,19-20): il primo significato di questa azione è che egli si è donato totalmente agli uomini, che la sua vita è stata oblazione piena per la vita dei fratelli, che si è interamente consumato per essi, e che egli è diventato, offrendosi per loro come il pane e il vino, il loro sostegno e la loro sopravvivenza. “Davanti ai suoi discepoli Gesù fa un mimo della sua morte, rappresentandola davanti a loro; è l’atteggiamento di un profeta e di un martire che porta la missione fino al suo compimento” (A. Marchadour).

La volontarietà del dono: Due sono le sottolineature che Gesù vuole dare al suo gesto. La prima è l’assoluta volontarietà del suo donarsi: il suo farsi uomo fino alla morte non è dato dall’ineluttabilità del caso, ma è sua libera scelta d’amore (Gv 10,18). Gesù accetta quindi volontariamente fino in fondo la sua condivisione con l’uomo: non si tira indietro, non fugge. Deliberatamente si offre.
La totalità del dono: Il secondo aspetto del mimo profetico è l’assoluta totalità del suo donarsi: Cristo, “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine” (Gv 13,1), fino al supremo compimento dell’amore, che è dare la vita per coloro che si amano (cfr Gv 15,13): il pane mangiato e il vino bevuto sono il segno di questo “consumarsi” per i suoi, farsi tutto per essi.
Il comando di imitare Gesù: Due comandi accompagnano l’azione profetica: il primo è: “Prendete, mangiate…; bevete” (Mc 14,22): i discepoli non sono solo oggetto passivo di questa autodonazione del Cristo, ma sono invitati a prenderne parte attiva, a partecipare al suo amore, ad accettare la sua vita come dono, a riempirsi consapevolmente e responsabilmente di lui. Da questo nasce il secondo comando: “Fate questo in memoria di me” (Lc 22,19; 1 Cor 11,24): Gesù ordina che anche i suoi discepoli si facciano pane e bevanda per gli altri, divengano cibo per tutti, si lascino “mangiare” dai fratelli.
L’importanza del mimo eucaristico: Nella lettura biblica del mimo il primo significato è quindi l’invito al dono totale agli altri, sull’esempio del Maestro. Gli altri significati (la presenza reale di Cristo, il sacrificio della Nuova Alleanza, un segno escatologico…), ci sono certamente, ma sono a questo secondari e da questo traggono luce e comprensione.

“Carne e sangue”

“Basar” e “wadam”, carne e sangue, erano anche le due parti del sacrificio dell’Alleanza. Ma ormai non ci sono altre vittime sacrificali da offrire, non ci sono più agnelli da immolare; Gesù è colui che si è immolato per noi, e ci ha riconciliati in maniera definitiva con il Padre.

La simbologia del vino ha caratteri molto complessi nella letteratura biblica: è simbolo dell’Alleanza tra Dio e gli uomini dopo il diluvio (Gen 9,20-21), è il suggello dell’unione d’amore tra l’amato e l’amata (Ct 1,2-4; 2,4; 7,3-10), e Gesù stesso si presenta come “la vera vite” (Gv 15,1).

L’Eucarestia cibo per la vita

Mangiare è indispensabile per vivere: l’Eucarestia è cibo per la vita: “Gesù rispose: «Io sono il pane della vita… Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda»” (Gv 6,35.48.51.55).

L’Eucarestia ci assimila a Cristo

Per gli ebrei, il cibo non diventava la persona che lo mangia, ma la persona che mangia diventa come il cibo ingerito: ecco perché c’era tanta attenzione ai cibi “puri” e a quelli “impuri”. Il pane e il vino eucaristici che mangiamo non diventano quindi parte di noi, ma noi diventiamo il Cristo stesso che mangiamo. Mangiando del pane e bevendo del vino eucaristico ci si “cristifica”, ci si trasforma nel Signore: “Gesù disse: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno»” (Gv 6,53-54.56-57). Nutrendoci di Cristo diventiamo lui! Diceva Massimo il Confessore (580-662): “L’Eucarestia trasforma i fedeli in se stessa”.

L’Eucarestia “pasto di comunione” con Dio

Nell’Antico Testamento spesso si parla dei “pasti di comunione”. L’Eucarestia è momento comunitario per eccellenza (1 Cor 10,16-18). Non è un caso che l’Eucarestia sia istituita all’interno di un banchetto e come tale venga celebrata fin dall’inizio della Chiesa (At 2,42-48). I primi cristiani dicevano di sé, presentandosi ai pagani: “Aras non habemus”, “Noi non abbiamo altari”, sottolineando la mancanza nel cristianesimo del sacrificio tradizionale, sostituito dal banchetto eucaristico. Non c’era all’inizio l’altare, c’era solo la tavola. L’aspetto conviviale è primario per la comprensione dell’Eucarestia.

L’Eucarestia non è un sacramento individuale: esso è sempre occasione di incontro di alleanza vera con gli uomini, di solidarietà con loro. Farne un intimistico appartarsi con il Signore senza vivere questa esperienza insieme a tutta la Chiesa e a tutto il mondo è snaturare l’irrinunciabile significato conviviale dell’Eucarestia.

L’Eucarestiaannuncio del Veniente

L’Eucarestia, mentre è proclamazione del primo avvento del Signore, è anche annuncio della sua seconda e definitiva venuta (1 Cor 11,26). “Con l’Eucaristia si assimila, per così dire, il «segreto» della risurrezione. Perciò giustamente sant’Ignazio d’Antiochia definiva il Pane eucaristico «farmaco di immortalità, antidoto contro la morte»”(Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, 2003, n. 18).

Buona Misericordia a tutti!

Carlo Miglietta

Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.