Dal Vangelo secondo Giovanni

Giovanni 1, 1-18

1 In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.2 Egli era in principio presso Dio:3 tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.4 In lui era la vitae la vita era la luce degli uomini;5 la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta.6 Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni.7 Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.8 Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce.9 Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.10 Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe.11 Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto.12 A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome,13 i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.14 E il Verbo si fece carnee venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.15 Giovanni gli rende testimonianza e grida: «Ecco l’uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me».16 Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia.17 Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.18 Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato.

Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, ​sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it).
Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.

Il Prologo è un canto ritmico libero. Agostino e Crisostomo rilevano che è talmente alto che solo la rivelazione divina poteva esprimerlo. E per Giovanni, appunto, si scelse il simbolo dell’aquila.

La Chiesa occidentale lo usò come benedizione per i malati, i neobattezzati, e alla fine della Messa.

Si è molto discusso se avesse rapporti con il Vangelo, se ne fosse un preludio, uno schema, un sommario, o semplicemente una formulazione del kèrigma in termini ellenistici per conquistare i lettori greci.

Probabilmente è un inno cristologico indipendente proveniente dalla comunità giovannea (cfr altri inni in Fil 2,6-11; Col 1,15-20; Eb 1,2-5; Tm 3,16), riadattato per fare da introduzione al Vangelo. Ma è poco utile ricercare l’eventuale forma primitiva. Brown vede una prima serie di aggiunte in 12c, 13, 17-18 e una seconda nei versetti 6-8 e 15. Bultmann addirittura ritiene che sarebbe stato un inno precristiano che celebrava il Battista come Lògos: l’autore, fattosi cristiano, lo rapportò a Gesù sentendo però il bisogno di precisare il ruolo subordinato del Battista.

Struttura

Tra le varie strutture possibili, ricordiamo quella a spirale: ogni ciclo tratta il tema per intero, ma i cicli successivi lo approfondiscono, lo precisano meglio.

Ma forse è più stimolante la struttura chiasmatica proposta da Boismard.

Il prologo è il canto dell’Epifania di Dio nel Verbo che viene nel mondo e torna al Padre, il che è il nucleo del Vangelo, come esplicato in Giovanni 16,28-29.

Questa discesa e salita si sviluppano in modo simmetrico in momenti storici ben precisi.

  1. Il Lògos eterno è rivolto verso Dio: A e A’
  2. La storia di salvezza si svolge nell’ambito dell’antica alleanza (B, C, D) e della nuova (B’, C’, D’).
  3. Il nucleo è l’incarnazione del Verbo (E – E’), il cui scopo è farci figli di Dio (F).

Eccone lo schema (da E. Bianchi):

Logos eterno con Dio

A. Il Verbo rivolto verso Dio: 1-2

Logos, mondo e uomini nell’A.T.

B. Tutto fu creato per mezzo di lui: 3

C. Il Verbo è dato agli uomini: 4-5

D. Venne un uomo inviato  da presso Dio: 6-8

E. Venne nel mondo il Verbo: 9-11

F’. Per il Verbo diventiamo figli di Dio: 12-13 Logos eterno nel seno del Padre

A’. Il Figlio rivolto verso il Padre: 18

Logos e credenti nel N.T.

B’.  Tutto è ricevuto per mezzo di lui: 17

C’. Il Verbo dona agli uomini: 16

D’. Giovanni testimonia: 15

E’. Il Verbo si è fatto carne: 14

  1. A) In principio era il Verbo, il Verbo era Dio e di rivolto verso Dio (1-2). Il Figlio ora ne è l’unica esegesi (18).
  2. B) Il Lògos dà vita a tutte le cose (3) e ora le ricrea tramite grazia e verità (17).
  3. C) Nel Lògos era vita e luce (4-5). Ora il Figlio è grazia su grazia (16).
  4. D) Giovanni il Battista ne è testimone (6-8 e 15).
  5. E) Il Verbo venne nel mondo ma non fu accolto (9-11e 14)
  6. F) A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio (12)

Willeuse vi distingue tre momenti:

1) Prima dell’uscita: il Verbo era rivolto verso Dio.

2) L’uscita: scende nelle tenebre, veniva nel mondo, era nel mondo, venne tra la sua gente, pose la sua tenda in mezzo a noi.

3) Dopo l’uscita: Gesù Cristo è rivolto verso il Padre.

Il testo:

  1. 1: – in principio: chiaro richiamo alla Genesi, che in ebraico si chiama Bereshit (= in principio). Non è un inizio temporale, ma causale: il Verbo è il principio, la causa di tutto.

– La Parola era: è affine all’”Io sono” di Gesù nel Vangelo: la Parola non ha vere origini, è eterna, essendo Dio.

pròs ton theòn:

  1. a) con Dio, compagnia, o meglio
  2. b) verso Dio, relazione.

– era Dio: senza articolo. Per gli ebrei Dio significava il Padre celeste. Si distingue quindi la persona divina del Figlio da quella del Padre. Inoltre “il Nuovo Testamento affronta la questione della divinità di Gesù non per mezzo del titolo (Dio) ma con descrivere le sue attività alla stessa maniera in cui descrive le attività del Padre” (Brown).

  1. 3: eghèneto: ebbero origine, è usato nei LXX in Gen 1 per descrivere la creazione.
  2. 3b-4: “senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che ebbe origine. In lui era la vita”. Ma la scansione e il procedimento a spirale preferirebbero: “senza di lui niente è stato fatto. Ciò che aveva avuto origine lui era la vita”. Forse il testo fu modificato perché gli ariani sostenevano che se in Gesù c’era stato un mutamento, non poteva essere uguale al Padre. Ma può significare che Gesù è fonte della vita.

La parola zoè in Giovanni non indica ma la vita naturale (per cui si usa psychè), ma la vita eterna.

Per Giovanni la Parola è causa efficiente ed esemplare insieme (archetipo). E il mondo, fatto dal Verbo, è buono (polemica antignostica).

  1. 5: il verbo katalambànein può significare “accogliere”, ma anche “comprendere”, “vincere, dominare”. Forse ha più valori (= assorbita).
  2. 6-8: Giovanni Battista è il testimone, il tipo di tutti i profeti.
  3. 9: il participio “veniente” può riferirsi a “luce”: “era la luce vera veniente del mondo, che illumina ogni uomo”. Oppure a “uomo”: “era la luce che illumina ogni uomo che viene nel mondo”. Ma il termine “venire nel mondo” è da Giovanni usato sempre per descrivere la venuta di Gesù luce (3,19; 12,46).
  4. 11: “tra le sue cose”: espressione neutra: ricorrere di nuovo in 19 27 dove il discepolo prende Maria con sé. Significa “la sua famiglia, la sua casa, le sue cose care”. Che bello: siamo la famiglia di Dio!
  5. 12: il parallelismo ci fa identificare “accogliere” con “credere nel suo nome”. Figli = teknà (cfr anche 11,52). Giovanni usa hyòs solo per Gesù.
  6. 13: – i quali, al plurale, riferito agli uomini, che credono perché “nati da Dio”. Pochi manoscritti hanno il singolare, forse adattamento cristologico per sottolineare la nascita verginale di Gesù.

– sangui, al plurale: i greci pensavano che l’embrione fosse fatto dal sangue della madre e dal seme del padre.

  1. 14: – “carne (sarx)”: sta per l’uomo intero, reale, concreto: “E il Verbo si fece storia” (Maggioni).

– Giovanni ci dice che “il Verbo si fece carne e pose la sua tenda (eskènosen) in mezzo a noi” (Gv 1,14), giocando sul verbo skenào, da skenè, tenda, che ancora richiama proprio la Shekinah, la Presenza di Dio (Es 40,34-38,1; 1 Re 8,10s). Nei Targumin, Kabòd, Gloria, diviene sostitutivo della Shekinàh (Es 24,15-16; 40,34).

– “in mezzo a  noi”: il luogo della gloria di Dio è l’uomo, ormai, in Gesù.

– “unigenito”: di per sé “di unico genere”. Non tanto quindi “figlio unico” quanto yaid, l’unico prezioso, usato in Gen 22,2-16 per Isacco.

–  “grazie e verità (chàris e alètheia)”: corrispondono a hesed, benevolenza, ed ‘emet, fedeltà.

Tutto il versetto quindi, in equivalenza dinamica, meglio si tradurrebbe: “E il Verbo si fece storia e pose la Presenza di Dio in noi, e noi vedemmo la Presenza di Dio, Presenza nella persona del Figlio unico e prezioso, pieno di benevolenza e di fedeltà”.

  1. 15: “rende testimonianza”: presente storico
  2. 16: – “ pienezza (pleroma)”: cfr Col 1,19: “Piacque a Dio di far abitare in lui ogni pienezza”.

– “antì”: “in luogo di”:

  1. a) amore il luogo di amore: sostituzione. La nuova hesed al posto della prima;
  2. b) grazie dopo grazia: accumulazione (ma normalmente sarebbe epì);
  3. c) grazia per grazia: corrispondenza.

La nostra grazia è quella della Parola. Come nostra eredità e nostra parte, come nostra grazia ci è toccato il Tutto (pleroma) , la Grazia, Dio stesso!

  1. 18: tre testimonianze testuali:
  2. a) (ho) monoghènes Theòs: l’unigenito Dio. E’ nei migliori manoscritti;
  3. b) (ho) monoghènes Hyiòs: l’unigenito Figlio;
  4. c) monoghènes: l’unigenito.

Esegesi

Il Prologo annuncia la teologia tridimensionale di Giovanni: la rivelazione – la fede – la salvezza.

In particolare

  1. Il Verbo rivelatore

La parola di Dio (Dabar IHWH) è vista come persona in Is 55,10-11 e Sap 18,15-16.

E’ potenza creatrice in Sl 33,6-9 e in Sl 147,15.18-19, in Sap 9,1 e Sir 42,15.

E’ identificata con la Torah (Legge) in Sl 119; 78,10; Is 1,10; 2,3…

E’ identificata con la Sapienza (Kokmah).

Tale Sapienza:

  1. a) è presso Dio prima della creazione (Sap 9,4.9; Prov 8,22-23.30; Sir 24,3s…);
  2. b) è mediatrice della creazione (Sap 9,1-2.9; 7,21.26; Prov 3, 19-20; 8,26-30):
  3. c) è venuta sulla terra (Prov 8,31; Sap 7,22.27; 9,10; Sir 24,8-11; Enoch 42,2);
  4. d) è portatrice di benefici agli uomini (Sir 24,20; Prov 8,35; 9; 5…).

Tali concetti sono ancora più evidenti nel Targum: la Memrà (= “Parola” in aramaico) ha funzione creatrice, ma soprattutto rivelatrice. Si legge nel Targum Neophiti su Es 12,42: “La prima notte… la Memrà di Dio era luce che brillava”; lo stesso nel Targum Jerushalaim.

Genesi Rabba 1,3 nota che in Gen 1,3-5 compare cinque volte “luce”, come cinque sono i libri della Torah.

È la Memrà di Dio che rivela e salva (cfr Targum Jerushalaim su Dt 32,39 e Targum Neophiti su Lv 22,23).

Così si sottolinea che la legge era prima del mondo (Genesi Rabba 1,4), era la vita (Targum Neophiti su Gen 3,2), era luce (Sifre su Nm 6,25; Testamento di Levi 14,4; Dt Rabba 7,3), è figlia unigenita di Dio (Esodo di Rabba 33,1), sta nel seno di Dio (Rabbi Elezer ben Jose, Midrash a Sl 90,3).

  1. L’incarnazione rivelatrice

Lo “scandalo” di Giovanni è che la Parola di Dio, la Torah, la Sapienza (già tra loro identificabili nell’Antico Testamento) è diventata un uomo storico, Gesù di Nazaret: la Shekinàh ha posto la sua tenda nel corpo visibile di Gesù.

Dio si è fatto storia: chi vede Gesù vede il Padre (12,45; 14,9)! È il messaggio più sconvolgente della storia, che ci interpella a risposta. Chi è Gesù per me? Lo accolgo? Credo in lui? È l’amico che dialoga con me?

È la mia via, verità, vita? Amo Gesù? Lo cerco? È il mio tutto, il mio unico pensiero, lo scopo della mia vita? So che solo lui “che è nel seno del Padre” (v. 18) può rivelarmi il Padre?

Avevamo bisogno di Giovanni! Il Dio che tanto abbiamo cercato nell’Antico Testamento, ora si è svelato in un uomo, che cammina con noi, il suo Figlio Gesù Cristo! La teologia diventa cristologia! Stupefatti adoriamo quest’uomo, questo nostro fratello, che abbiamo scoperto essere la Shekinah di Dio in mezzo a noi. In lui Dio abita con noi, noi diventiamo “le sue cose” (v. 11), la famiglia di Dio, addirittura i suoi figli (v. 12).

A noi non resta che accoglierlo, credendo del suo nome (v. 12).

  1. La salvezza

Alcuni teologi, come Gustave Martelet, sottolineano che l’Incarnazione, più che un senso redentivo – riparativo, ha significato di completamento del piano creazionale. Dio, Amore, volendo avere un partner nell’Amore, crea l’uomo e il cosmo, ma deve crearlo altro da sé. E se Dio è infinito l’uomo sarà finito, se Dio è eterno l’uomo sarà mortale, se Dio è immenso l’uomo sarà limitato.

Ed è per questo, nota Martelet, che la morte era già nel mondo prima della comparsa del primo uomo e quindi del peccato: basti pensare all’estinzione di talune specie, come i dinosauri.

Ma Dio vuole l’uomo immortale, senza limiti, divino. E perciò fin dal primo atto creativo è prevista l’Incarnazione, per la quale è Dio stesso assume su di sé il limite dell’uomo, e lo annienta nella Risurrezione. Il Verbo esce dal Padre, entra nel creato, e ritorna al Padre, ma portando con sé l’uomo, finalmente “divinizzato”, “figlio di Dio”, e con l’uomo la creazione tutta affrancata dal male. Genesi 1-2 è in realtà l’Apocalisse, è profezia di quell’uomo libero, immortale, che chiacchiera con Dio nella brezza della sera, l’uomo che si realizza solo dopo l’Incarnazione del Figlio, il vero Adam, “l’Uomo” per eccellenza, come profetizza Pilato in Gv 19,5, il primogenito tra morti fratelli (Rm 8,29), il primogenito di coloro che resuscitano dai morti (Col 1,18 e Ap 1,5), l’Archetipo di tutto il creato: “tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste” (Gv 1,3).

Buona Misericordia a tutti!

Carlo Miglietta

Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.