Dal Vangelo secondo Giovanni

Giovanni 10, 11-18

11 Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12 Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13 perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.14 Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15 così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16 E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. 17 Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18 Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio.

Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, ​sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it).
Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.

GESÙ, IL PASTORE DIVINO

L’Antico Testamento ci presenta IHWH come il “Pastore di Israele” (Gen 48,15): “Il Signore è il mio pastore…, su pascoli erbosi mi fa riposare” (Sl 23); “Tu, pastore di Israele,… guidi Giuseppe come un gregge” (Sl 80,2; cfr Is 40,11). Dio si serve di uomini (giudici, re, profeti) per pascere Israele: ma spesso questi sono indegni, mercenari, e lasciano perire il gregge loro affidato (Ger 23,1-3; Ez 34,1-10). Ma, alla fine dei tempi, IHWH stesso si prenderà cura del gregge (Ger 23,3), lo radunerà (Mi 4,6), lo ricondurrà (Ger 50,19), e infine lo custodirà (Ger 31,10; Ez 34,11-22). Per far ciò, dice IHWH: “Io susciterò per loro un pastore che pascerà le mie pecore, Davide mio servo. Egli le condurrà al pascolo, sarà il loro pastore” (Ez 34,23-24). Nasce l’attesa del pastore messianico, che “pascerà con la forza del Signore” (Mi 5,3): che però sarà colpito (Zac 13,7), trafitto (Zac 12,10), e la cui morte sarà salutare (Zac 13,1).

Gesù, durante la Festa della Dedicazione (Gv 10,22), in cui si leggeva, tra gli altri brani, proprio il capitolo 34 di Ezechiele, che canta IHWH come Pastore unico di Israele e mette in guardia dai falsi pastori, si presenta proprio come il pastore “kalòs” (Gv 10,11), letteralmente “bello”, in senso ideale di perfezione, cioè come il Pastore “ideale”, “modello”, “perfetto”: egli è colui che ha pietà delle pecore senza pastore ed è l’inviato alle pecore perdute della casa di Israele (Mc 6,34; Mt 10,6; 15,24). Egli è il “grande pastore delle pecore” (Eb 13,20), “il pastore ed il guardiano del gregge” (1 Pt 2,25), l’agnello-pastore che conduce alle fonti della vita (Ap 7,17).

Gesù applica a sè i caratteri del pastore messianico che dà la vita per le pecore (Gv 10,11.15.17.18: lo ripete cinque volte!). Anzi, si proclama Dio stesso (l’“Io sono” dei vv. 9 e 11 è il Nome stesso di Dio!): le pecore sono “sue” (v. 14), ascoltano la “sua” voce (v.16). Egli le “conosce” (v. 14: semitismo per “amare”), e le sue pecore lo “conoscono”. Egli è il Pastore non solo di Israele, ma di tutte le genti (v. 16), unica salvezza per tutti gli uomini (At 4,12). I Giudei capiscono l’enorme portata teologica di questo discorso, e concludono che è completamente pazzo, “indemoniato” (Gv 10,20).

Quale tenerezza nella definizione di Gesù come pastore: c’è tutta la sua agàpe, la sua provvidenza, il suo pensare a ciascuno di noi, preoccupandosi di noi, conoscendo i nostri ritmi, preparando per noi acque e pascoli tranquilli, conducendoci pian piano anche nelle tenebre e nei pericoli, difendendoci, recuperandoci se smarriti, dando la vita per noi! Quale sicurezza, quale serenità, quale pace quale gioia deve nascere per noi dalla contemplazione di questo mistero! Non siamo più noi a dover gestire, programmare la nostra vita. Non siamo più noi a dover cercare la nostra strada. Non siamo più soli nel pericolo e nelle difficoltà. C’è Dio che pensa a noi, provvede a noi, ci aiuta. Si scioglie la nostra ansia, la nostra angoscia. E cantiamo con il Sl 131,2: “Io sono tranquillo e sereno come un bimbo svezzato in braccio a sua madre!”.

Il Vangelo odierno è anche un monito ai pastori della Chiesa, che come Gesù devono “amare-conoscere” le loro pecore e dare la vita per esse. Guai se sono solo “mercenari” (v. 12)!

Ha detto Papa Francesco: “I peccati e i crimini delle persone consacrate si colorano di tinte ancora più fosche di infedeltà, di vergogna e deformano il volto della Chiesa minando la sua credibilità. Infatti, la Chiesa, insieme ai suoi figli fedeli, è anche vittima di queste infedeltà e di questi veri e propri «reati di peculato»”.

Scrive Pietro nella sua Prima Lettera: “Pascete il gregge di Dio che vi è affidato… non per forza, ma volentieri secondo Dio; non per vile interesse, ma di buon animo; non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. E quando apparirà il Pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce” (1 Pt 5,24).

Buona Misericordia a tutti!

Carlo Miglietta

Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.