Dal Vangelo secondo Matteo
Matteo 2, 1-12
[1] Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: [2] «Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». [3] All’udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. [4] Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. [5] Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: [6] E tu, Betlemme, terra di Giuda,non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda:da te uscirà infatti un capoche pascerà il mio popolo, Israele». [7] Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella [8] e li inviò a Betlemme esortandoli: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». [9] Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. [10] Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. [11] Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. [12] Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it).
Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
La seconda profezia di Matteo
La prima delle cinque citazioni bibliche che Matteo richiama nei Vangeli dell’infanzia di Gesù è posta a conclusione dell’annunciazione angelica a Giuseppe, invitato a “non temere di prendere con sé Maria, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo” (1, 20): “Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio” (1,23; cfr Is 7,14).
La seconda profezia citata da Matteo nel suo “Vangelo dell’infanzia di Gesù” (capp. 1-2) è messa in bocca questa volta agli stessi “sommi sacerdoti e scribi del popolo”: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele” (Mt 2,6; Mi 5,1-2). Questa profezia risuona nei palazzi di Erode, davanti ai Magi venuti da Oriente a Gerusalemme con la domanda: “Dov’è il re dei Giudei che è nato?”. La risposta è attinta dal libro profetico di un contemporaneo e forse discepolo di Isaia, il contadino Michea del villaggio di Moreset, 35 chilometri a sud-ovest di Gerusalemme. Predicatore appassionato e durissimo contro la corruzione dei politici e dell’alto clero del suo tempo (“Divorano la carne del mio popolo e gli strappano la pelle di dosso, ne rompono le ossa e lo fanno a pezzi come carne in una pentola, come lesso in una caldaia” Mi 3,3), Michea apre nel finale l’orizzonte a una luce di tonalità messianica. Da Betlemme, piccolo villaggio ma patria di Davide, una partoriente darà alla luce un nuovo Davide, re di pace e di gioia, fonte di un’armonia cosmica. Ecco il passo che offre numerose varianti, microscopiche rispetto alla citazione di Matteo, pur coincidendo nella sostanza: “E tu, Betlemme di Efrata, così piccola per stare in mezzo ai clan di Giuda, da te mi uscirà una guida di Israele… Dio li metterà in potere altrui fino a quando colei che deve partorire partorirà” (5,1-2). Matteo rappresenta il Cristo come il “figlio di Davide” perfetto, che, nascendo nello stesso villaggio del grande re d’Israele, si rivela al popolo di Dio come il Messia atteso. Anche nel Vangelo di Giovanni la folla osserva che “la Scrittura dice che il Cristo (Messia) verrà dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide” (Gv 7,42).
Ponendo in bocca ai diretti avversari di Cristo l’annunzio di Michea, Matteo sottolinea che essi sono in grado di comprendere le Scritture ma non si decidono a credere in esse, le conoscono ma non le “riconoscono” come messaggio aperto alla pienezza che ora si sta attuando. D’altra parte, tutto il racconto dei Magi è un ricamo di allusioni all’Antico Testamento: dalla luce che sorge su Gerusalemme, e che fa “camminare i popoli e i re allo splendore del suo sorgere”, all’“oro e incenso” offerti da quelli che giungono da Saba (Isaia, 60, 3.6), al passo del Salmo 72 sui “re di Tarsis e delle isole, degli Arabi e di Saba che portano offerte e tributi” al re messianico…
L’adorazione dei Magi
“E’ interessante scoprire quale sia la presenza che Matteo (Mt 2,1-12) colloca attorno al bambino Gesù. Prima di tutto è necessario sottolineare che la scenografia è completamente differente da quella di Luca e anche questo attesta la diversità delle tradizioni che stanno alla base dei due racconti e la loro qualità spesso più teologica che storica. Ora la sacra famiglia è rappresentata in una specie di sala del trono a cui accede quasi una delegazione estera in visita di cortesia. Per Matteo si agitano, infatti, le cancellerie, il clero di Gerusalemme, l’intera città. Un evento “internazionale” sta per compiersi e ha per protagonisti alcuni misteriosi Magi “venuti dall’Oriente”” (Ravasi). Questi “màgoi” sono degli astrologi, che scrutano i segni del cielo. Erodoto, un antico scrittore, afferma che i “Magi” costituivano una della sei tribù dei Medi in Iran, una casta sacerdotale.
L’arrivo dei Magi, guidati dalla stella, che li conduce a Betlemme, è il segno che Gesù compie le promesse antiche (Mi 5,1): “la nascita nella borgata della Giudea più che un fatto storico, in sé secondario, è un dato teologico” (O. da Spinetoli). Gli antichi credevano che alla nascita di un uomo si accendesse una stella. Israele attendeva il Messia come un astro: “Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele” (Nm 24,17).
Il compimento è delle Scritture è accompagnato dal giudizio su Israele: i lontani accolgono il Messia e i vicini lo rifiutano. Il racconto della discussione tra i magi ed Erode “e con lui tutta Gerusalemme…, tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo” (Mt 2,3-4) è prefigurazione del processo a Gesù. Il racconto dei Magi illustra il tema del Cristo cercato e rifiutato: il Messia è il segno di contraddizione.
Tutto il Vangelo di Matteo è segnato da questa sorpresa: basti pensare alla parabola dei vignaioli omicidi (Mt 21,33ss.) o alla parabola della grande cena (Mt 22, 1-14): ambedue mostrano che il Regno passa da Israele ai pagani, e che questo passaggio rientra nel disegno di Dio. Abbiamo parlato di sorpresa, ma questo non significa novità nel comportamento di Dio, tanto meno rottura nel suo modo di condurre la storia. Al contrario: Dio non fa che applicare anche in questo caso, come sempre, il principio dell’accoglienza della Parola, che è un criterio decisivo: è l’accoglienza della Parola (con la disponibilità alla conversione), che distingue chi appartiene al Regno e chi no.
Ma in questo episodio non c’è solo il significato di Cristo, ma anche quello della Chiesa. La pagina dei Magi è una solenne dichiarazione di missionarietà e di universalismo. Questo episodio richiama la conclusione dell’intero Vangelo: “Andate e fate mie discepole tutte le genti…” (Mt 28,18). Due pagine missionarie che aprono e chiudono la storia di Cristo, con una differenza: nell’episodio dei Magi sono le genti che arrivano a Gerusalemme, alla fine del vangelo è la Chiesa inviata al mondo. Questo seconda annotazione esprime più profondamente la concezione della missione come servizio, come un uscire da sé per andare alla ricerca degli altri.
Matteo non dice che i Magi fossero re, né che siano tre. Portano oro, incenso e mirra: Giovenco, il primo poeta latino cristiano. dirà: “al re, al Dio, all’uomo”. Sono i doni per il Messia: “Che egli viva, e gli sia dato oro di Saba” (Sl 72,15); “Tutti verranno da Saba, portando oro e incenso” (Is 60,6).
“Due coordinate consentono di individuare il Messia: la stella e la Scrittura. La stella che rappresenta i segni dei tempi, le occasioni della storia e anche, più banalmente, i casi della vita… Ma occorre anche la verifica della Scrittura” (A. Mello).
Buona Misericordia a tutti!
Carlo Miglietta
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.