Dal Vangelo secondo Marco

Marco 7, 31-37

Gesù guarisce un sordomuto (7,31-37)
31 Di ritorno dalla regione di Tiro, passò per Sidone, dirigendosi verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32 E gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano. 33 E portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34 guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: «Effatà» cioè: «Apriti!». 35 E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36 E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo raccomandava, più essi ne parlavano 37 e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, ​sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it).
Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.

Prima di entrare in profondità nel mistero del Pane, Gesù guarisce un sordomuto.

Gesù sospira, guardando verso il cielo (v. 34). Questo sospiro è l’espressione della sofferenza di Dio, ma è anche l’emissione dello Spirito Santo: “Emise lo Spirito”, dirà in Croce; qui comanda “Effatà”, cioè: “Apriti”: è Marco che ci traduce in italiano.

Alla fine della prima parte (6,6-7,37) della sezione del pane (6,6-8,26) c’è questo miracolo simbolico (7,31-37). Un uomo sordo e balbuziente viene guarito, cosi come alla fine della seconda parte (8,1-26) della sezione verrà guarito un cieco (8,22-26). Questo sordo e balbuziente è la Chiesa, siamo noi che non siamo stati capaci di accogliere il mistero del pane, che non siamo stati capaci di ascoltare la Parola e quindi non riusciamo ad annunciarla, e la balbettiamo: non sappiamo che cosa sia il Vero Pane. Siamo noi Chiesa il sordomuto che ha bisogno di essere guarito: è necessario l’intervento di Dio perché il nostro cuore di pietra diventi un cuore di carne. E’ necessario il battesimo, dove conversione è guarigione, per capire I’Eucaristia. Plinio il Vecchio documenta l’ampio uso terapeutico ed esorcistico della saliva nel mondo greco-romano. Si riteneva anche che la saliva contenesse lo spirito: toccate con la propria saliva significava quindi trasmettere la propria forza vitale. Qui la saliva ricorda il rito Battesimale, in cui c’è il rito dell’“Effatà”, dell’“Apriti”.

I primi a cui Gesù apre le orecchie e le scioglie la bocca sono i pagani, sono i lontani, sono coloro in disparte dal mondo, ma costoro diventano simbolo per noi. Anche noi abbiamo bisogno che vengano aperte le nostre orecchie, per tenderle all’ascolto, solo in seguito allora potremo annunciare correttamente il Vangelo.

“Si sciolse il nodo della sua lingua, e parlava correttamente”: è indispensabile ascoltare la Parola, è indispensabile leggere la Scrittura, è indispensabile ricevere il dono dello Spirito Santo, che ci rende capaci di ascoltare prima di annunciare.

Da questi brani del Vangelo di Marco nascono alcune riflessioni.

Ciascuno di noi impari a riconoscere il mistero del Pane per poter accogliere il Signore. Ciascuno di noi guardi il suo cuore per vedere se è un cuore individualistico, se è un cuore attaccato a tradizioni, o se è un cuore capace di bontà, di commozione, di amore, di condivisione (Mc 7,1-23).

Ciascuno di noi prenda i suoi cinque pani e due pesci, e li dia ai fratelli, li condivida festosamente con essi. Ciascuno di noi ami. E ciascuno di noi, quando avrà amato, potrà allora riconoscere il Signore e potrà riconoscere che il bene della nostra vita è il Pane che ci sfama (Mc 6,34-44).

E se ci riconosceremo incapaci di avere un cuore di carne allora accostiamoci umilmente al Signore come qui fa il sordomuto (e questo è il senso della Confessione, il sacramento della Penitenza), e chiediamo che egli ci riempia del suo Spirito, e apra le nostre orecchie, ripetendo su di noi questo miracoloso “Effatà”, perché diventiamo capaci di intendere la Parola, e quindi poi di annunciarla con gioia a tutte le genti (Mc 7,31-37).

Salomone è gradito a Dio perché invece di chiedergli potenza e ricchezza gli domanda: “Da’ al tuo servo un cuore docile (lev shomèa)” (1 Re 3,9). Le nostre Bibbie in genere traducono “docile”, o “intelligente”; ma letteralmente la preghiera del re è di avere “un cuore capace di ascolto”, “un cuore che ascolta” (shomèa è un participio presente che indica la continuità di un’azione).

È questa la migliore preghiera: perché “ascoltare è meglio dei sacrifici” (1 Sam 15,22). Il termine discepolo (limmud) è una forma passiva del verbo imparare, insegnare (lamad): il discepolo è colui che ha la Parola sigillata nel cuore: “Si sigilli questa rivelazione nel cuore dei miei discepoli” (Is 8,16).

Il vero discepolo è colui che si lascia “aprire l’orecchio” da Dio. Tante volte le nostre traduzioni parlano di “aprire l’orecchio”, nel senso di fare attenzione a chi parla; ma in realtà nel testo biblico il riferimento è ben più profondo e impegnativo. La foratura dell’orecchio era il gesto pubblico con cui un ebreo accettava di essere per sempre schiavo di un altro, rinunciando al diritto di essere liberato dopo sette anni (Es 21,6). Era la promessa solenne di servire per sempre un altro, anche rinunciando alla propria libertà. I testi biblici che parlano quindi di “aprire l’orecchio” non sono solo un invito all’ascolto, ma esprimono l’impegno di diventare per sempre fedeli servi del Signore, che a lui donano la propria vita, e quindi devono essere compresi in questo senso (Is 50,4-5; Sl 40,7-9). Non quindi solo ascolto, ma obbedienza, fedeltà, servizio perseverante.

Tante volte Gesù ha fatto udire i sordi (Mc 7,37; 9,25): e segno dell’avvento del Messia è proprio che “i sordi odono” (Lc 7,22). Che il Signore apra i nostri cuori all’ascolto della Parola. E in questo mondo confuso da tante parole vuote e spesso cattive, si realizzi presto la profezia del profeta Amos: “Ecco, verranno giorni, – dice il Signore Dio – in cui manderò la fame nel paese, non fame di pane, né sete di acqua, ma di ascoltare la Parola del Signore” (Am 8,11).

Buona Misericordia a tutti!

Carlo Miglietta

Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.