Quaresima | Fare un gesto d’amore in più

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16 Aprile 2025

di: 

Roberto e Gabriella ci scrivono da Ragusa. Prima, come fidei donum della diocesi di Firenze, sono stati per vent’anni in missione in Turchia

(di Roberto e Gabriella Ugolini)

Era strano sentir bussare alla finestra della nostra camera a quell’ora. Erano sì e no le sei del mattino e ancora più strano fu vedere Suat che con gesti concitati ci chiedeva di aprire.

“Baran è scomparsa”. Furono le sue prime parole. “Ieri pomeriggio è uscita con me, ad un certo momento però l’ho persa di vista e non è più tornata a casa. Non sappiamo cosa fare! Il babbo non c’è, è andato ad Istanbul e la mamma e tutti noi siamo disperati”.

Suat, 11 anni e Baran, 17, sono fratello e sorella. Ci sarebbe anche un altro fratello, Hamit, 20 anni, che però non è più qui, è morto qualche mese fa. Conosciamo questa famiglia curda da molti anni, vivono come noi a Van e siamo uniti anche dall’amicizia con alcuni loro parenti. Mehmet, il padre, e Meryem, la madre, sono ancora sotto shock per la perdita di Hamit avvenuta da circa un anno, dopo che si era unito ai partigiani curdi che da anni combattono l’esercito turco sulle montagne al confine irakeno. C’è un canale televisivo vietato in Turchia, che dall’estero trasmette ogni giorno notizie di politica e sulla situazione relativa al conflitto armato… ma solo la sera tardi viene trasmessa la parte più difficile e più seguita, perché mostra le foto di tutti i combattenti curdi caduti quel giorno.

Sedersi e aspettare davanti allo schermo è il tragico rito di ogni famiglia che abbia un proprio caro a combattere sulle montagne. Il cuore stretto dall’angoscia di scoprire se sarà proiettata la foto di un figlio, di una figlia, di un parente.

Combattenti, terroristi, partigiani, separatisti, martiri… questi termini si alternano l’uno con l’altro a seconda della parte in cui si sia deciso di stare: quella turca o quella curda.

Uomini e donne, ragazzi e ragazze che mettono in gioco le loro vite per la libertà del proprio popolo e della propria terra.

La sera in cui Meryem ha visto passare sullo schermo la foto del figlio Hamit, una parte di mondo le è crollata addosso perché sapeva che da quel momento non avrebbe mai più potuto sperare nel suo ritorno a casa, non lo avrebbe mai più riabbracciato. In quel momento, insieme al profondo dolore è nata e si è amplificata la paura che anche Baran, la loro giovane figlia, potesse fuggire di casa per andare a prendere il posto del fratello al quale era molto legata. Più volte, infatti, Baran aveva espresso questo desiderio che la famiglia era riuscita a contrastare non lasciandola mai da sola… fino a ieri.

 Ho scritto questo episodio vissuto insieme qualche anno fa, Gabri, Costanza ed io, mentre in questi giorni di Quaresima del 2025 sto pensando a te Maria, Madre di Gesù.

Ricordo con tristezza e affetto quel difficile momento. Giorni in cui siamo rimasti molto tempo insieme a Meryem cercando di trovare dentro di noi quella desiderata consolazione, così difficile da esprimere a parole, per un dolore tanto grande che in quella madre si univa alla paura di poterlo rivivere con la fuga di Baran. Abbiamo pregato con tutto il cuore insieme a Meryem: lei musulmana e noi cristiani pregavamo tutti il nostro Dio e Allah.

E’ venuto sempre molto naturale condividere i momenti importanti pregando insieme con questa o altre famiglie. La libertà di poter condividere fedi diverse è sempre stata una parte importante rispetto al senso della nostra presenza in Turchia.

Cara Maria, Madre di Gesù, cara Meryem, madre di Hamit, Baran, Suat,
dove si trova la differenza capace di distinguere dolore, timore, speranza, attesa di una madre rispetto a un’altra?

E’ col pensiero rivolto a queste due madri che vogliamo condividere con voi una piccola riflessione a me cara.

Sono diversi giorni che alcune domande mi ritornano spesso alla mente.

Prima fra tutte: che cosa significa per me quaresima?

Come avrà vissuto Maria questo tempo?

Chi, più di Maria, ci può dare l’idea del senso di “essere in quaresima?”.

Cosa sono state per te quelle settimane, o forse solo quei giorni, quel giorno, quelle ore, in cui hai capito che per tuo figlio era finita e che non ci sarebbero stati più… domani terreni?

Penso a te, Maria, sola di fronte a questa soffocante certezza-paura di madre.

Come si sono alternate nel tuo cuore: speranze, angosce, affidamento, ribellione, amore, preghiera?

Digiuno, preghiera, elemosina dovrebbero significare: Quaresima

Certamente, ma c’è in me un bisogno di preghiera diversa da vivere con l’altro, con l’altra.  Maria, cosa avrai pensato o fatto quando ti sei sentita sopraffatta dalla certezza che il cerchio intorno a Lui si stava inesorabilmente stringendo?

E quando hai sentito dire che tuo figlio, davanti a quei dodici compagni, aveva pronunciato delle parole inequivocabili? “Questo è il mio corpo, offerto in sacrificio per voi. Questo è il mio sangue, versato per voi e per tutti… fate questo in memoriale (memoria) di me”.

Memoria?

Ma allora… è finita?

E vedendolo davanti alle autorità legato come un criminale?

E ascoltando le parole della folla che gridava: “crocifiggilo”?

E osservando Pilato che: “volendo dare soddisfazione alla moltitudine, rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso”? (Mc 15, 15-16).

Maria, donna speciale, certo, ma sempre umana madre:

che cosa hai fatto? Quali pensieri e desideri l’amore ha fatto nascere nella tua mente, nel tuo cuore, nelle tue mani?

Quanto tempo ti restava per sentire ancora dentro di te la gioia di saperlo vivo?

E quanto poco tempo ti restava per

dirgli tutto quello che non gli avevi detto,

fare per lui tutto quello che non avevi fatto,

toccarlo per tutte le volte che non lo avevi toccato,

e vivere tutto quello che l’amore umano, davanti al limite, alla fine, sente il bisogno di inventare per riempire fino all’inverosimile, in una meravigliosa e creativa follia d’amore, lo spazio sempre troppo breve che lo separa da quel limite, da quella fine?

Maria, quali sono state le cose che hai sentito di voler fare davanti alla certezza della prossima morte di tuo figlio?

Se proprio questo tu hai desiderato, se questa è stata la tua ‘quaresima’, se hai vissuto un tempo di desiderio per

dire una parola d’amore in più,

fare un gesto d’amore in più,

toccare una mano altrui in più,

per quel figlio tuo donato a noi,

perché non privilegiare anche noi queste stesse cose e farle essere la nostra quaresima?

Dire una parola d’amore in più,

fare un gesto d’amore in più,

toccare una mano altrui in più.

Per questo desiderio-speranza da vivere, io ti prego:

Maria, aiutaci!

Amen.

Auguri a tutti noi per una Serena Pasqua.

Fonte e immagine

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