“Solo alla fine arriva la Pasqua!” | Gli auguri di un missionario

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17 Aprile 2025

di: 

Ci scrive, per fare i suoi auguri pasquali, don Vito Vacca, sacerdote della diocesi di Roma e per anni fidei donum in Palestina, Giordania e Qatar

(di don Vito Vacca)

Cari amici,

sebbene non scriva più con la frequenza di un tempo, non volevo lasciar passare la Pasqua 2025 senza un pensiero per voi e gli auguri per la festa: “Χριστός ἀνέστη”, المسيح قام الحقًا قام! Cristo è risorto!

In questo periodo di Quaresima, mi colpisce profondamente la perseveranza e costanza di Gesù nel portare avanti la sua missione che pur appariva un fallimento. Egli non guardava al successo e non confidava nei miracoli che entusiasmavano la gente o negli osanna della Domenica delle Palme, ma solamente nel “Padre mio celeste”. Il suo era un amore totale a Dio e a noi, fino alla morte.

Oggi, nella Via Crucis, riflettevo su come le sofferenze di Cristo non si siano limitate al Venerdì Santo, ma abbiano segnato ogni momento della sua missione. Ha affrontato opposizioni, persecuzioni, accuse, offese, e insuccessi apparenti senza mai vacillare; non dubitò di Dio né si abbandonò a critiche, lamentele e vendette, ma pagò di persona lasciandosi crocifiggere per amore.

Al contrario, ripensando alla mia vita, mi accorgo di quanto spesso il timore del fallimento mi abbia paralizzato e l’euforia del successo mi abbia esaltato. È naturale per noi lasciarci scoraggiare quando le cose non vanno come vorremmo e sentirci colmi di entusiasmo quando arrivano i risultati sperati. Siamo canne sbattute dal vento. La fede vacilla di fronte alla prova della croce: di colpo dubitiamo di Dio e del Vangelo. Ci chiediamo perché Dio non risponda, perché permette certe cose. Chiediamo miracoli, pretendiamo manifestazioni o segni! Insomma, ci tiriamo indietro come se Dio non ci fosse! Non sono parole queste, ma la realtà di tanti che hanno perso la fede.

Il mondo di oggi, sempre più secolarizzato e ostile, mette alla prova la fede di molti cristiani: sembra quasi che l’agnosticismo e il relativismo stiano erodendo la certezza di tanti credenti, e così arrivano i dubbi e lo scoraggiamento. Se vince il male – pensiamo – Dio non c’è. E il male oggi sembra vincere …

Eppure, noi cristiani non dovremmo rincorrere il successo ma abbracciare la logica del fallimento, quella stessa logica che attraversa tutta la Scrittura. La Bibbia è costellata di prove e tentazioni per i giusti, di sconfitte e sofferenze. Ogni profeta è stato messo alla prova, ogni santo ha attraversato umiliazioni, e persino Gesù, il Figlio di Dio, ha sperimentato il rifiuto più radicale: deriso, perseguitato, condannato e inchiodato a una croce. Fallimento totale! In noi si insinua il dubbio che i buontemponi se la godano e vivano spensierati.

È proprio vero che Dio usa dei metodi strani! Si lascia deridere e perfino crocifiggere! È vero che ci libera sempre, ma “in extremis”, dopo che abbiamo sudato tre camicie. Era davvero necessario che il popolo eletto per essere liberato subisse la schiavitù e le piaghe d’Egitto? Che si trovasse incastrato tra l’esercito del faraone alle spalle e il mare davanti? Era indispensabile che percorresse un deserto aspro e incerto per entrare nella Terra Promessa?

Era inevitabile che Gesù conoscesse il rifiuto, l’umiliazione e la crocifissione per redimere l’umanità?

E noi, dobbiamo passare attraverso la croce per poter contemplare la salvezza di Dio? La storia della salvezza sembra passare per il deserto, la prova e l’apparente fallimento. Forse il nostro cuore cerca scorciatoie, vuole la vittoria senza battaglie, aspira al quieto vivere, ma Dio ci guida diversamente. Solo alla fine arriva la Pasqua!

Anche chi lotta per la pace e la giustizia sociale dev’essere capace di accettare rifiuti, critiche e scherno, deve attendersi raggiri e menzogne. Ma proprio in questo sta la beatitudine: nell’assomigliarci con Cristo.
La vittoria del cristiano non sta nel ripagare il male col male, ma nel continuare nel bene accettando di soffrire per amore dell’altro. Attraverso ogni prova Egli purifica, rafforza, e ci rende capaci di riconoscere la Sua presenza, anche nel buio, anche sulla croce. Non invidieremo i buontemponi: la nostra vita è molto più appagante e piena della loro!

Molti di voi hanno letto “Apocalisse, profezia per il presente”, che descrive il dramma della Chiesa immersa nella persecuzione, con il drago e le bestie che sembrano avere il sopravvento su di essa. La liturgia di lode che risuona nei cieli si contrappone alla furiosa lotta sulla terra, dove il drago si posta in agguato davanti alla donna vestita di sole per divorare il suo bambino appena nasce.

Dobbiamo liberarci da un senso di miracolismo che rischia di distorcere la vita cristiana, per vivere l’ordinarietà della vita nel cammino costellato dai nostri peccati. Solo attraversando la Via Crucis, con tutto ciò che comporta – lotte, sofferenze e apparenti sconfitte – giungiamo alla luce della Pasqua, dove la vittoria di Dio si rivela nella resurrezione. Ogni cristiano sperimenta che Dio è buono e non lascia nessuno in balia del male: ci dona gioia e tenerezza, salvezza nel momento giusto, ma non elimina la croce. Posso solo dire che la fede trasforma la morte in vita. Ti ritrovi sulla via del Calvario ed è lì che incontri l’amore di Cristo!

Gesù ha affrontato il male annunciando un Regno che appariva improbabile agli occhi umani e totalmente contrario ai poteri e alle logiche del mondo. La dura opposizione dei capi religiosi non lo ha distolto dal proclamare il regno di Dio. Durante l’Ultima Cena, pur consapevole della sua imminente morte, parlava di evangelizzazione, come se un popolo rinato dal sepolcro fosse destinato a inaugurare un mondo nuovo. Ha profetizzato le persecuzioni che avrebbero colpito i suoi discepoli, ma li ha incoraggiati a rimanere saldi nel suo amore e nell’amore reciproco, come se la vittoria fosse già compiuta. Perfino sulla croce, nel momento più drammatico, ha offerto speranza: ha promesso il paradiso al ladrone e ha affidato Giovanni a Maria, esprimendo infine con un grido la sua sete di anime.

Quando impareremo a perseverare nel momento in cui tutti sembrano mettersi contro di noi?

Ci lasceremo trascinare dalla massa, seguendo “la maggioranza”, sentendoci sconfitti mentre vediamo i nostri sforzi dissolversi nel nulla? Oppure troveremo la forza di resistere, anche quando ogni certezza sembra vacillare? Ci nasconderemo osservando un mondo indifferente, quasi dimentico della luce che la Pasqua ormai vicina porta? O saremo capaci di riscoprire la forza di una fede che non dipende dai numeri, ma dalla verità che arde nel cuore? È il Giubileo della speranza, e il miglior motto del Giubileo mi pare debba essere: “abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!” e “la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”.

Penso a quei vescovi, sacerdoti e cristiani laici che hanno passato anni e decine di anni nelle carceri della Cina o nei gulag della Russia. Penso a tanti missionari che tutta la vita hanno seminato in terre lontane prive di ogni comfort, e sono morti senza vedere i frutti del loro lavoro! Penso a tanti genitori che vedono dei figli travolti da ideali materialisti effimeri e perseverano sofferenti ma fiduciosi nella preghiera.  Quanta fede e perseveranza in tante persone a somiglianza di Gesù e degli apostoli! Quanti martiri hanno seguito Gesù fino alla croce!

Siamo chiamati anche noi a credere, ancora di più nei momenti di apparente sconfitta e nella tentazione dello scoraggiamento. Perché la croce arriva per tutti e, anche se il mondo sembra ignorarlo, la Pasqua arriva comunque, portando con sé la certezza di una vittoria che nessuna oscurità può cancellare.

Pensavo, in questi giorni di guerre e distruzioni in Medio Oriente, a tanti sforzi di evangelizzazione che ho avuto la gioia di vedere e che sembrano “andati in fumo”: la guerra nei paesi dove ho avuto la grazia di collaborare nella missione sembrerebbe aver cancellato tutto. Non tutto però è distrutto! C’è sempre la consolazione di vedere cristiani sempre fedeli pur nella tribolazione.

Pensiamo a Gaza, dove i cristiani sono sempre uniti e fedeli e danno esempio di amore e dedizione. La città di Genin, dove sono stato parroco, è allo stremo, tuttavia le persone perseverano nella fede. Abuna George, il ragazzo divenuto francescano lasciando un’attività commerciale di prestigio nella città, continua a dirigere la grande scuola di Betlemme che unisce tanti cristiani e musulmani.

A Smakieh tutte le attività parrocchiali si svolgono regolarmente e i cristiani continuano la loro missione di essere luce: molti ci ricordano con gioia come “pellegrini e fratelli nella fede”.

La settimana scorsa, ho avuto la gioia di incontrare un gruppo di circa cento Tamil indiani dal Qatar e di attraversare con loro la porta santa di San Paolo. Abbiamo gioito e fatto festa ricordando i nostri incontri in Qatar dove lavorano e quel pellegrinaggio meraviglioso in Terra Santa che avevo organizzato e guidato cinque anni fa.

Sapete già che, subito dopo Pasqua ,andrò in Terra Santa con alcuni tra i pellegrini più assidui. Alcuni di voi sono perplessi chiedendosi se questo sia il momento migliore. Rispondo che per i cristiani di Betlemme il fatto di ricevere alcuni gruppi di pellegrini è già un grande aiuto. Come pellegrini noi possiamo aiutare senza correre pericoli, e tra l’altro noi, secondo le nostre disponibilità, porteremo anche un piccolo aiuto materiale per i più bisognosi.

Da parte mia non organizzo più tanti pellegrinaggi come un tempo, non perché sia venuto meno il mio desiderio, ma perché il mio impegno a Roma è ancora intenso, e inoltre sento il bisogno di lasciare spazio a persone più giovani e capaci per organizzare i pellegrinaggi.

Auguro a tutti di celebrare la Settimana Santa e la Pasqua vivendo con intensità il mistero della nostra salvezza. Cristo è risorto! Don Vito

(Pasqua 2025, Parrocchia San Francesco Saverio – Roma)

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