Brasile: “Una casa accogliente” per stare accanto a chi soffre

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1 Luglio 2025

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Opere di misericordia in Brasile. In costruzione l’hospice di Castanhal, unica struttura per malati terminali. Potrà ospitare fino a 50 pazienti

«Una casa accogliente per accompagnare ogni fratello e ogni sorella all’incontro col Padre». Monsignor Carlo Verzeletti, vescovo bresciano di Castanhal, nello stato del Pará (nord-est del Brasile), si affida alla Provvidenza per dare seguito al sogno da tempo coltivato con don Pierino Bodei, un sacerdote fidei donum bresciano come lui, morto il 27 maggio 2020 nel pieno dell’epidemia di Covid.
Proprio a dom Pedro sarà dedicata Casa Abbà (Assosiação beneficente bem acompanhar), l’hospice che sta sorgendo su un terreno messo a disposizione dalla diocesi e potrà accogliere 50 malati. Alla fine dei lavori, la struttura di 2.600 mq disporrà di quaranta stanze in tutto.

«Un servizio molto grande per il Brasile e soprattutto per la gente povera, perché chi non ha i soldi per pagarsi l’ospedale è costretto a tornare a casa, dove le famiglie non sanno come comportarsi di fronte a queste malattie terminali» spiega don Marco Marelli, missionario fidei donum nella stessa diocesi.
Si stanno ultimando in questo periodo gli impianti idraulici ed elettrici. Mancano i serramenti, i sanitari e gli arredi interni. Un progetto che procede speditamente, anche grazie alla generosità dei benefattori di Cuore Amico che ne hanno sostenuto la costruzione fin dagli inizi.

Spiega il vescovo di Castanhal, «le cure palliative sono l’espressione più autentica dell’azione umana e cristiana del prendersi cura, il simbolo tangibile del compassionevole “stare” accanto a chi soffre. Hanno come obiettivo alleviare le sofferenze nella fase finale della malattia e assicurare, al tempo stesso, al paziente un adeguato accompagnamento migliorandone, per quanto possibile, il benessere complessivo».
Casa Abbà si candida a essere «esempio di umanità, santuario di un dolore vissuto con pienezza di senso e luogo nel quale si pratichi con impegno la “terapia della dignità”, come l’ha chiamata papa Francesco, alimentando così l’amore e il rispetto per la vita».

Fonte e immagine

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Opere di misericordia in Brasile. In costruzione l’hospice di Castanhal, unica struttura per malati terminali. Potrà ospitare fino a 50 pazienti

«Una casa accogliente per accompagnare ogni fratello e ogni sorella all’incontro col Padre». Monsignor Carlo Verzeletti, vescovo bresciano di Castanhal, nello stato del Pará (nord-est del Brasile), si affida alla Provvidenza per dare seguito al sogno da tempo coltivato con don Pierino Bodei, un sacerdote fidei donum bresciano come lui, morto il 27 maggio 2020 nel pieno dell’epidemia di Covid.
Proprio a dom Pedro sarà dedicata Casa Abbà (Assosiação beneficente bem acompanhar), l’hospice che sta sorgendo su un terreno messo a disposizione dalla diocesi e potrà accogliere 50 malati. Alla fine dei lavori, la struttura di 2.600 mq disporrà di quaranta stanze in tutto.

«Un servizio molto grande per il Brasile e soprattutto per la gente povera, perché chi non ha i soldi per pagarsi l’ospedale è costretto a tornare a casa, dove le famiglie non sanno come comportarsi di fronte a queste malattie terminali» spiega don Marco Marelli, missionario fidei donum nella stessa diocesi.
Si stanno ultimando in questo periodo gli impianti idraulici ed elettrici. Mancano i serramenti, i sanitari e gli arredi interni. Un progetto che procede speditamente, anche grazie alla generosità dei benefattori di Cuore Amico che ne hanno sostenuto la costruzione fin dagli inizi.

Spiega il vescovo di Castanhal, «le cure palliative sono l’espressione più autentica dell’azione umana e cristiana del prendersi cura, il simbolo tangibile del compassionevole “stare” accanto a chi soffre. Hanno come obiettivo alleviare le sofferenze nella fase finale della malattia e assicurare, al tempo stesso, al paziente un adeguato accompagnamento migliorandone, per quanto possibile, il benessere complessivo».
Casa Abbà si candida a essere «esempio di umanità, santuario di un dolore vissuto con pienezza di senso e luogo nel quale si pratichi con impegno la “terapia della dignità”, come l’ha chiamata papa Francesco, alimentando così l’amore e il rispetto per la vita».

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