Domenica XIV del Tempo Ordinario – Anno C

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30 Giugno 2025

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XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Letture: Is 66,10-14c; Gal 6,14-18; Lc 10,1-12.17-20

Missione dei settantadue discepoli (10,1-12)

Accanto all’invio in missione dei dodici apostoli (Lc 9,1-6: episodio riportato anche da Marco e Matteo), Luca riporta anche un secondo episodio che invece gli è proprio: l’invio in missione dei settantadue discepoli. Parecchi manoscritti leggono al v. 1 il numero settanta (lo stesso al v. 17): l’una e l’altra lezione vogliono indicare il numero delle nazioni della terra, espresse in Gen 10, settanta secondo il testo ebraico, settantadue secondo quello greco, a cui probabilmente Luca si rifà. L’intenzione è di mostrare che la missione non è unicamente affidata allo stretto gruppo degli apostoli, ma anche alla cerchia più vasta dei discepoli. Il compito di annunciare Cristo rientra nella vocazione cristiana di ogni battezzato e deve estendersi a tutta la terra, portando a tutti la Gioia, la Pace divina, ogni consolazione, come proclama la Prima Lettura (Is 66,10-14). Probabilmente Luca scrive a una Chiesa che sperimenta, a causa della persecuzione, un calo della speranza e dello slancio missionario.

L’evangelista introduce l’episodio collegandolo ai detti sulla sequela.

“Li mandò”: la missione suppone un invio e di questo il missionario (in questo caso, ogni cristiano) deve essere consapevole di aver ricevuto un incarico che deve portare a compimento con fedeltà e nei termini stabiliti.

Nel concetto di inviare c’è anche l’idea del viaggio, della partenza, della dispersione: “Andate!”. Non sono i popoli che devono incamminarsi verso i discepoli, ma i discepoli che devono correre verso i popoli.

“A due a due…”: è la Chiesa come tale che è missionaria.

Ma quali sono i comportamenti e i sentimenti che Gesù pretende dai suoi missionari?

  1. Anzitutto, la consapevolezza dell’urgenza e della vastità del compito: “La messe è molta…”. Tali dimensioni sono sottolineate anche da un altro avvertimento: “Per via non salutate nessuno”. Non c’è tempo per conversazioni inutili, per cose secondarie. Il discepolo si concentra tutto sull’essenziale e non ha tempo da perdere.
  2. Da questa consapevolezza sgorga la necessità della preghiera: “Pregate il padrone della messe…”: il missionario deve conformare i suoi desideri, sentimenti, pensieri a quelli di Dio.
  3. Una missione povera: “Non portate né borsa né bisaccia…”. Si tratta di una libertà indispensabile perché la purezza del Vangelo sia salvata. È il modo di vivere che rende credibile il Vangelo stesso: mostra, infatti, davanti a tutti, la fiducia che il missionario ha nel Padre.
  4.  La consapevolezza e l’accettazione di una situazione di sproporzione: “Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”. Il cristiano deve avere Fede nella Parola che annuncia, anche se questa sembra inadeguata al compito
  5. Un’evangelizzazione libera e liberante: “In qualunque casa entriate, prima dite: «Pace a questa casa»” (10,5-6).
  6. L’inculturazione: “Non passate di casa in casa. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi” (10,7-8).
  7. Il Vangelo deve essere preceduto e accompagnato da azione di liberazione verso i più poveri, verso gli ultimi, che ne sono i primi destinatari: “Curate i malati che vi si trovano, e dite loro: «É vicino a voi il regno di Dio»” (10,9).

Il ritorno dei settantadue (10,17-24)

Gli inviati riferiscono al Signore il loro successo negli esorcismi. Partendo, i missionari avevano avuto l’incarico di guarire i malati (v. 9), ora tornano felici di aver cacciato i demoni (v. 17): “ciò fa pensare che per l’evangelista una cosa è uguale all’altra” (O. Da Spinetoli).

Ma il vero motivo della gioia dei rappresentanti di Gesù non va cercato però nel loro potere sulle forze infernali, ma nel fatto che Dio ha scritto i loro nomi nel libro della vita che non avrà fine.

L’unico vanto del discepolo, come afferma la Seconda Lettura (Gal 6,14-18), è la sequela di Gesù Crocifisso, che ci fa creature nuove.

Guarda il video sul nostro canale YouTube

Fonte

Letture: Is 66,10-14c; Gal 6,14-18; Lc 10,1-12.17-20

Missione dei settantadue discepoli (10,1-12)

Accanto all’invio in missione dei dodici apostoli (Lc 9,1-6: episodio riportato anche da Marco e Matteo), Luca riporta anche un secondo episodio che invece gli è proprio: l’invio in missione dei settantadue discepoli. Parecchi manoscritti leggono al v. 1 il numero settanta (lo stesso al v. 17): l’una e l’altra lezione vogliono indicare il numero delle nazioni della terra, espresse in Gen 10, settanta secondo il testo ebraico, settantadue secondo quello greco, a cui probabilmente Luca si rifà. L’intenzione è di mostrare che la missione non è unicamente affidata allo stretto gruppo degli apostoli, ma anche alla cerchia più vasta dei discepoli. Il compito di annunciare Cristo rientra nella vocazione cristiana di ogni battezzato e deve estendersi a tutta la terra, portando a tutti la Gioia, la Pace divina, ogni consolazione, come proclama la Prima Lettura (Is 66,10-14). Probabilmente Luca scrive a una Chiesa che sperimenta, a causa della persecuzione, un calo della speranza e dello slancio missionario.

L’evangelista introduce l’episodio collegandolo ai detti sulla sequela.

“Li mandò”: la missione suppone un invio e di questo il missionario (in questo caso, ogni cristiano) deve essere consapevole di aver ricevuto un incarico che deve portare a compimento con fedeltà e nei termini stabiliti.

Nel concetto di inviare c’è anche l’idea del viaggio, della partenza, della dispersione: “Andate!”. Non sono i popoli che devono incamminarsi verso i discepoli, ma i discepoli che devono correre verso i popoli.

“A due a due…”: è la Chiesa come tale che è missionaria.

Ma quali sono i comportamenti e i sentimenti che Gesù pretende dai suoi missionari?

  1. Anzitutto, la consapevolezza dell’urgenza e della vastità del compito: “La messe è molta…”. Tali dimensioni sono sottolineate anche da un altro avvertimento: “Per via non salutate nessuno”. Non c’è tempo per conversazioni inutili, per cose secondarie. Il discepolo si concentra tutto sull’essenziale e non ha tempo da perdere.
  2. Da questa consapevolezza sgorga la necessità della preghiera: “Pregate il padrone della messe…”: il missionario deve conformare i suoi desideri, sentimenti, pensieri a quelli di Dio.
  3. Una missione povera: “Non portate né borsa né bisaccia…”. Si tratta di una libertà indispensabile perché la purezza del Vangelo sia salvata. È il modo di vivere che rende credibile il Vangelo stesso: mostra, infatti, davanti a tutti, la fiducia che il missionario ha nel Padre.
  4.  La consapevolezza e l’accettazione di una situazione di sproporzione: “Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”. Il cristiano deve avere Fede nella Parola che annuncia, anche se questa sembra inadeguata al compito
  5. Un’evangelizzazione libera e liberante: “In qualunque casa entriate, prima dite: «Pace a questa casa»” (10,5-6).
  6. L’inculturazione: “Non passate di casa in casa. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi” (10,7-8).
  7. Il Vangelo deve essere preceduto e accompagnato da azione di liberazione verso i più poveri, verso gli ultimi, che ne sono i primi destinatari: “Curate i malati che vi si trovano, e dite loro: «É vicino a voi il regno di Dio»” (10,9).

Il ritorno dei settantadue (10,17-24)

Gli inviati riferiscono al Signore il loro successo negli esorcismi. Partendo, i missionari avevano avuto l’incarico di guarire i malati (v. 9), ora tornano felici di aver cacciato i demoni (v. 17): “ciò fa pensare che per l’evangelista una cosa è uguale all’altra” (O. Da Spinetoli).

Ma il vero motivo della gioia dei rappresentanti di Gesù non va cercato però nel loro potere sulle forze infernali, ma nel fatto che Dio ha scritto i loro nomi nel libro della vita che non avrà fine.

L’unico vanto del discepolo, come afferma la Seconda Lettura (Gal 6,14-18), è la sequela di Gesù Crocifisso, che ci fa creature nuove.

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