L’ultima Via Crucis del Papa: in un mondo di algoritmi, l’economia di Dio non scarta ma ripara
La meditazione sulle 14 «stazioni» della Via Crucis; il discorso prima della «benedizione urbi et orbi»; le parole di ringraziamento
Nelle meditazioni per la Via Crucis al Colosseo, papa Francesco spiega che la strada verso il Golgota è la discesa di Gesù «verso il mondo che Dio ama». La croce «fa cadere i muri e ristabilisce la riconciliazione». Le riflessioni invitano a uscire dai propri schemi, a comprendere «l’economia di Dio, che non uccide, non scarta, non schiaccia: è umile, fedele alla terra; è la di Gesù delle beatitudini, che coltiva, ripara, custodisce». La Via Crucis è la preghiera di chi si muove, che «ci costa, come quella di Gesù, in questo mondo che calcola tutto». La condanna a morte di Gesù è lo richiama «il drammatico gioco delle nostre libertà». Tuttavia, «siamo prigionieri di ruoli dai quali non vogliamo uscire, preoccupati dei fastidi di un cambio di direzione. Così lasciamo cadere la possibilità della via della croce. Ma Gesù non se ne lava le mani. «Non dimentica chi lo ha inchiodato al legno, chiede perdono per “chi non sa ciò che fa».
Diversi personaggi accompagnano Gesù sulla via della croce. Come Simone di Cirene. Come le figure femminili che si accostano a Gesù. Maria «che restituisce i tratti della sequela: non una rinuncia ma una scoperta continua, fino al Calvario. Lei, la prima discepola, aiuta a comprendere che per Cristo madre e fratelli sono quanti ascoltano e si lasciano cambiare, non parlano ma fanno perché in Dio le parole sono fatti, le promesse sono realtà». Poi la Veronica, che asciugando amorevolmente il viso di Gesù, invita a fissarlo quel volto in cui si legge chiaramente «la decisione di amarci sino all’ultimo respiro: e anche oltre, perché forte come la morte è l’amore». Infine «le figlie di Gerusalemme» ricordano la speciale intesa che Cristo ha stabilito con le donne. Ma di fronte alla loro compassione e alle loro lacrime Gesù raccomanda di piangere piuttosto per le nuove generazioni. Al termine della Via Crucis, il toccante ritratto di Gesù deposto dalla Croce e consegnato a Giuseppe d’Arimatea. La quattordicesima stazione introduce al silenzio del Sabato Santo. Di fronte alla morte di Cristo, Papa Francesco leva una forte preghiera: «Insegnaci a non fare niente, quando ci è chiesto solo di aspettare. Educaci ai tempi della terra, che non sono quelli dell’artificio. Gesù, deposto nel sepolcro, condivide la condizione che tutti ci accomuna e raggiunge gli abissi che tanto ci spaventano e sfuggiamo moltiplicando le nostre attività, girando a vuoto. Cristo sembra dormire nel mondo in tempesta, ma con la sua risurrezione sarà pace fra tutte le nazioni».
Domenica Pasqua di risurrezione per tutti i cristiani, dice no al riarmo – Dalla loggia delle benedizioni il maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, mons. Guido Giovanni Ravelli, legge l’appello per il cessate il fuoco a Gaza e per la pace in Ucraina e l’invito a sostenere la popolazione del Myanmar colpita dal sisma: «Nessuna pace è possibile senza disarmo». Non venga mai meno il principio di umanità come cardine del nostro agire quotidiano. Davanti alla crudeltà di conflitti che coinvolgono civili inermi, attaccano scuole e ospedali e operatori umanitari, non possiamo permetterci di dimenticare che non vengono colpiti bersagli, ma persone con un’anima e una dignità. Palestina, Israele, Ucraina, Yemen, Repubblica Democratica del Congo, Armenia e Azerbaigian, Sudan, Sud Sudan Myanmar, sono a
L’ultimo saluto alla folla in piazza San Pietro. La serena morte – Dopo la benedizione «al mondo e alla città» l’ultimo regalo alla folla. Si reca in piazza San Pietro per un giro in auto. «Credi che possa farlo?» chiede al suo infermiere Massimiliano Strappetti che lo rassicura. L’abbraccio alla folla e ai bambini: il primo giro dopo le dimissioni dal «Gemelli», l’ultimo della sua vita terrena. Stanco e contento, ringrazia l’assistente personale: «Grazie per avermi riportato in piazza». I media vaticani dicono che Francesco ha riposato nel pomeriggio e ha trascorso una cena tranquilla. Intorno alle 5:30 le prime avvisaglie del malore, con il pronto intervento di chi vegliava su di lui. Più di un’ora dopo, un gesto di saluto con la mano a Strappetti, sdraiato sul letto del suo appartamento al secondo piano di Casa Santa Marta, il Pontefice entra in coma. Racconta chi gli era accanto in quegli ultimi momenti: «Non ha sofferto, è avvenuto tutto rapidamente. Una morte discreta, quasi improvvisa, senza lunghe attese e troppi clamori per un Papa che sulle sue condizioni di salute ha avuto sempre grande riserbo. Una morte avvenuta il giorno dopo la Pasqua, il giorno dopo aver benedetto la città e il mondo, il giorno dopo aver di nuovo, dopo tanto tempo, abbracciato il popolo. Quello a cui sin dai primi istanti della sua elezione, il 13 marzo 2013, aveva promesso un cammino «insieme».
Fonte
- La Voce e il Tempo, 22 aprile 2025
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