Ecco il tema per la Giornata del Malato 2026: “La compassione del samaritano”

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26 Settembre 2025

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Fonte: Vatican News

Per la XXXIV Giornata Mondiale del Malato Papa Leone XIV richiama i cristiani a fermarsi accanto a chi soffre e a tradurre la fede nelle opere di misericordia

Papa Leone XIV, per la Giornata Mondiale del Malato, che si celebrerà l’11 febbraio 2026, lo slogan «La compassione del Samaritano: amare portando il dolore dell’altro».

È un messaggio che va oltre la semplice solidarietà e che invita ogni credente a riscoprire la forza rivoluzionaria dell’amore, incarnato nei gesti concreti della misericordia.

Il riferimento evangelico al buon Samaritano non è un dettaglio ma un segnale forte: davanti a un uomo ferito e abbandonato, egli non passa oltre, non si limita a compatire da lontano, ma si ferma, cura, fascia le ferite, accompagna, paga di persona.
È l’immagine del Cristo che si fa vicino all’umanità sofferente, versa l’olio della consolazione e il vino della speranza, e che chiede ai suoi discepoli di imitarlo nella concretezza della vita quotidiana.

Il Papa ha sottolineato che la malattia non riguarda solo il corpo, ma spesso si accompagna a povertà, solitudine, emarginazione, rendendo le persone ancora più vulnerabili e invisibili. Per questo, la compassione non può restare un sentimento astratto o una parola spirituale, ma deve tradursi in gesti di prossimità, di accompagnamento, di cura.

In questa prospettiva le opere di misericordia tornano ad avere tutta la loro forza profetica: visitare gli infermi, consolare gli afflitti, accogliere chi è solo, sostenere chi è privo del necessario. Non si tratta di un elenco pietistico ma di una vera e propria mappa del Vangelo messa nelle mani dei cristiani, che trovano nel malato e nel povero il volto di Cristo.

Papa Leone XIV ha insistito anche sul pericolo della fretta e della distrazione: troppo spesso, immersi nella logica dell’efficienza, passiamo oltre senza accorgerci di chi chiede aiuto.

La parabola del Samaritano ci insegna invece a rallentare, a lasciarci “contaminare” dal dolore dell’altro, a sporcarci le mani e a condividere il peso delle ferite. È in questa disponibilità che si riconosce il discepolo di Gesù.

La Giornata Mondiale del Malato 2026 diventa così non solo un’occasione di riflessione, ma un appello a un cambiamento reale dello stile di vita cristiano: non bastano le parole, occorre passare dalle intenzioni ai fatti, dalle preghiere alle azioni, dai programmi ai gesti di misericordia.

Le comunità ecclesiali sono chiamate a diventare ospedali da campo, luoghi dove chi soffre trova accoglienza, vicinanza e sostegno, e la società intera è invitata a non emarginare la fragilità ma a considerarla un tesoro che interpella e umanizza.

Il Papa ricorda che la compassione non è mai sterile: quando ci fermiamo accanto a chi soffre, non solo alleviamo il suo dolore ma scopriamo anche noi stessi, la nostra umanità più profonda, la presenza viva di Dio che agisce nelle pieghe della vita.

In questo senso, le opere di misericordia diventano il cuore pulsante di un cristianesimo che non passa oltre, che non teme le ferite. Visitare, consolare, accogliere, sostenere: sono i verbi che definiscono lo stile di una Chiesa chiamata a camminare accanto ai malati, a portare il peso dell’altro e a trasformare la sofferenza in luogo di incontro con l’amore di Dio.

Fonte e immagine

Per la XXXIV Giornata Mondiale del Malato Papa Leone XIV richiama i cristiani a fermarsi accanto a chi soffre e a tradurre la fede nelle opere di misericordia

Papa Leone XIV, per la Giornata Mondiale del Malato, che si celebrerà l’11 febbraio 2026, lo slogan «La compassione del Samaritano: amare portando il dolore dell’altro».

È un messaggio che va oltre la semplice solidarietà e che invita ogni credente a riscoprire la forza rivoluzionaria dell’amore, incarnato nei gesti concreti della misericordia.

Il riferimento evangelico al buon Samaritano non è un dettaglio ma un segnale forte: davanti a un uomo ferito e abbandonato, egli non passa oltre, non si limita a compatire da lontano, ma si ferma, cura, fascia le ferite, accompagna, paga di persona.
È l’immagine del Cristo che si fa vicino all’umanità sofferente, versa l’olio della consolazione e il vino della speranza, e che chiede ai suoi discepoli di imitarlo nella concretezza della vita quotidiana.

Il Papa ha sottolineato che la malattia non riguarda solo il corpo, ma spesso si accompagna a povertà, solitudine, emarginazione, rendendo le persone ancora più vulnerabili e invisibili. Per questo, la compassione non può restare un sentimento astratto o una parola spirituale, ma deve tradursi in gesti di prossimità, di accompagnamento, di cura.

In questa prospettiva le opere di misericordia tornano ad avere tutta la loro forza profetica: visitare gli infermi, consolare gli afflitti, accogliere chi è solo, sostenere chi è privo del necessario. Non si tratta di un elenco pietistico ma di una vera e propria mappa del Vangelo messa nelle mani dei cristiani, che trovano nel malato e nel povero il volto di Cristo.

Papa Leone XIV ha insistito anche sul pericolo della fretta e della distrazione: troppo spesso, immersi nella logica dell’efficienza, passiamo oltre senza accorgerci di chi chiede aiuto.

La parabola del Samaritano ci insegna invece a rallentare, a lasciarci “contaminare” dal dolore dell’altro, a sporcarci le mani e a condividere il peso delle ferite. È in questa disponibilità che si riconosce il discepolo di Gesù.

La Giornata Mondiale del Malato 2026 diventa così non solo un’occasione di riflessione, ma un appello a un cambiamento reale dello stile di vita cristiano: non bastano le parole, occorre passare dalle intenzioni ai fatti, dalle preghiere alle azioni, dai programmi ai gesti di misericordia.

Le comunità ecclesiali sono chiamate a diventare ospedali da campo, luoghi dove chi soffre trova accoglienza, vicinanza e sostegno, e la società intera è invitata a non emarginare la fragilità ma a considerarla un tesoro che interpella e umanizza.

Il Papa ricorda che la compassione non è mai sterile: quando ci fermiamo accanto a chi soffre, non solo alleviamo il suo dolore ma scopriamo anche noi stessi, la nostra umanità più profonda, la presenza viva di Dio che agisce nelle pieghe della vita.

In questo senso, le opere di misericordia diventano il cuore pulsante di un cristianesimo che non passa oltre, che non teme le ferite. Visitare, consolare, accogliere, sostenere: sono i verbi che definiscono lo stile di una Chiesa chiamata a camminare accanto ai malati, a portare il peso dell’altro e a trasformare la sofferenza in luogo di incontro con l’amore di Dio.

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Fonte: Vatican News

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