In attesa davanti a un comignolo
In tanti con il fiato sospeso per attendere la fumata nel primo giorno di Conclave. Ma che cosa aspettiamo davvero?
Fissare il comignolo della Sistina, come hanno fatto 45.000 persone in piazza san Pietro. Fissare il televisore acceso, sintonizzati sullo stesso canale più tempo del previsto… Per che cosa?
L’attesa della fumata, nera o bianca che sia, è il segno di qualcosa di più profondo della curiosità.
Il mondo, che di solito corre, non può infatti fermarsi soltanto perché vuole un nome né per apprendere una notizia, per quanto appetibile. C’è altro, ed è il bisogno di ogni essere umano di sentirsi meno solo, di sapere che arriverà qualcuno a guidarlo o, quantomeno, a guidare la Chiesa. E’ il desiderio di andare avanti, di darsi un progetto e una direzione.
In questa prima votazione, la fumata nera è arrivata alle 21.00 del 7 maggio, con ben due ore di ritardo rispetto alla “tabella di marcia”. Ora, si aspetta la votazione successiva e si prega e si spera ancora.
Quella “sede vacante” è, di fatto, qualcosa che manca; è qualcuno che non c’è più: è qualcuno che ancora non c’è. Per questa ragione, l’attesa si carica di senso e di trepidazione. Sappiamo tutti che, quando vedremo la fumata bianca, niente sarà come prima. Avremo un nome, un volto, avremo un Papa, al di là delle reazioni, delle aspettative, dei pronostici.
Un altro aspetto che colpisce, in quest’attesa, è il fatto che – almeno per una volta – tutti, indistintamente, debbano fare a meno della tecnologia. Nessuna foto che documenta ciò che succede dietro quella porta chiusa, nessun comunicato stampa che annunci ai giornalisti e al resto del mondo che cosa stia succedendo.
Una semplice colonna di fumo è il segnale, antico e democratico.
Una tradizione che è resistita nel tempo e che, ancora, ci terrà lì ad aspettare, con il fiato sospeso.