Giovani e fede: “dire in maniera nuova le cose di sempre”
Uno stralcio di un’intervista di don Ferdinando Colombo a don Alberto Ravagnani, il prete che parla ai giovani anche attraverso i social
Don Alberto Ravagnani, classe 1993, ordinato nel 2018, oggi si trova alla parrocchia san Michele Arcangelo di Busto Arsizio (Varese).
Sui social conta numeri da capogiro: 150mila fedelissimi su Instagram, 150mila su YouTube e 93mila su Tik Tok. I suoi follower, per lo più giovani, li ha acquisiti condividendo fin dal periodo della pandemia video in cui parlava di fede e preghiera.
Lo ha sempre caratterizzato uno stile comunicativo schietto, chiaro, capace di andare dritto al punto e soprattutto al cuore dei giovani. “Dio è ciò che dà senso alla mia vita, è il motivo per cui mi sveglio la mattina. Il motivo per cui so cosa fare ogni giorno, il motivo per cui affronto le sfide, i fallimenti. Il motivo per cui sto davanti a un mondo che non mi piace, e continuo comunque a sperare. Il motivo per cui continuo ad amare, anche quando sembra non abbia senso”.
Nel 2022 don Alberto insieme a professionisti del mondo della comunicazione (Rosa Giuffrè, Silvia Tabasso, Giulio Gaudiano, Francesco Lorenzi, Paolo De Nadai, don Luigi Maria Epicoco, Luca Bernabei, fra Roberto Pasolini, Matteo Fiocco) ha fondato l’Associazione LabOratorium APS con il duplice obiettivo di:
1. comunicare il Vangelo con un linguaggio più adatto al mondo di oggi;
2. per riportare la Chiesa all’avanguardia nel campo della comunicazione (così come lo è stata in passato).
L’Associazione propone percorsi di formazione per i soci e non, eventi e attività a un target che va dai 14 ai 30 anni e si rivolge ad associazioni, diocesi o realtà che desiderano migliorare la propria comunicazione al servizio dei giovani.

Dal profilo Fb di don Alberto Ravagnani
Una prima domanda:
Adolescenti e giovani per molte realtà sembrano essere un target quasi impossibile da coinvolgere in un percorso profondo di fede eppure l’esperienza di fraternità ci dice il contrario: ce ne puoi parlare?
Il problema della Chiesa oggi è che fatica a entrare in contatto con le nuove generazioni. Questo è un problema della società tutta e della Chiesa in particolare.
Non ci sono più gli adulti di una volta, non ci sono più i giovani una volta, il mondo è veramente cambiato e sta correndo a una velocità che l’umanità non ha mai visto prima d’ora, per cui di anno in anno l’evoluzione a livello tecnologico e quindi anche sociale sono sempre di più ed è faticoso starci dietro.
Quindi mai come oggi la società e quindi anche la Chiesa deve correre dietro al mondo per rimanere dentro il mondo. E da parte della Chiesa, che è un’istituzione così istituzionale, questo è davvero difficile, perché il punto forte della Chiesa da secoli è sempre stata la solidità della tradizione. Oggi, la solidità della tradizione deve imparare ad andare di passo con la novità del linguaggio, quindi la Chiesa deve imparare a dire in maniera sempre nuova le cose di sempre, però in maniera anche piuttosto rapida.
In questo ritardo, chi si perde sono i giovani, i quali vivono dentro un contesto che è molto diverso rispetto a quello dei loro genitori o dei loro preti e quindi hanno un approccio alla realtà, alla vita che sicuramente è molto diverso. Parlano in maniera diversa, hanno categorie diverse, ragionano in maniera diversa, hanno un cervello che si attiva in maniera diversa rispetto a quello degli adulti e quindi la difficoltà di comunicazione coi giovani è dovuto a questo.
Ora “Fraternità” è il tentativo di essere Chiesa in maniera nuova, ossia la stessa Chiesa di sempre però con il linguaggio di oggi e questo lo facciamo a partire dal basso coinvolgendo i ragazzi come protagonisti di una proposta non come destinatari di un progetto che è calato dall’alto.
Sono i ragazzi che quando incontrano il Vangelo diventano missionari, vanno dai loro coetanei, parlano di Gesù e lo fanno a loro modo, che sarà impreciso, non sarà teologicamente sempre fondato, sarà un po’ approssimativo, però è il linguaggio che oggi riesce a toccare il cuore dei ragazzi.
E quindi questo sta avviando un processo che è il processo dell’evangelizzazione, che crea legami sociali, che crea appartenenza, che crea fraternità, appunto, che un po’ alla volta sta andando da tante parti e questa è anche un segno di tempi.
Oggi Fraternità raggiunge i cuori di tanti ragazzi, di tante parrocchie, di tante diocesi, in maniera trasversale un po’ come se fosse un social network della Chiesa; in realtà è un’esperienza ecclesiale, sono legami ecclesiali, sono l’amicizia in Cristo che però hanno la libertà di andare al di là dei confini canonici, non per eliminarli, non per boicottarli, ma semplicemente perché oggi oltre ai livelli istituzionali territoriali ci sono le dimensioni virtuali, ci sono delle appartenenze che sono più libere.
La società di oggi è liquida o gassosa e anche la Chiesa deve trovare una forma più liquida e più gassosa per poter penetrare dentro la società di oggi e toccare quindi la vita concretamente delle persone.
Quindi la difficoltà della Chiesa di oggi nel comunicare coi ragazzi sta nel linguaggio che deve aggiornarsi e sta nella forma con cui oggi la Chiesa vive. La forma della Chiesa di oggi e il linguaggio della Chiesa di oggi andavano bene fino a 30-40-50 anni fa adesso non più, non vuol dire che il contenuto della Chiesa non vada più bene, non vuol dire che l’identità della Chiesa non vada più bene, però forse occorre trovare una forma e un linguaggio diversi.
(Don F. Colombo, “Vivere la fraternità per essere Chiesa”, Vivere, maggio 2023, p. 8)
Fonte
Immagini
- Profilo fb di don Alberto Ravagnani