UISG | Intervista alla Madre Generale Grace L. Kyomugisha (Uganda)

il: 

3 Maggio 2025

di: 

Intervista a suor Grace L. Kyomugisha, Madre Generale della Congregazione “Sisters of our Lady of Good Counsel” (Sorelle di Nostra Signora del Buon Consiglio) – Uganda

*In attesa dell’Assemblea plenaria UISG delle Superiore Generali, che si terrà a Roma dal 5 al 9 maggio, spazio + spadoni intervista alcune Madri Generali delle Congregazioni religiose

1.Madre, questa intervista cade in un momento particolarmente doloroso per tutta la Chiesa in cui si è spenta la voce profetica di Papa Francesco. Come ha accolto la vostra Congregazione questa notizia?

La notizia è arrivata come un colpo improvviso, lasciando un grande silenzio carico di emozione e preghiera. La nostra comunità si è raccolta immediatamente nell’adorazione eucaristica, in un clima di profonda comunione con tutta la Chiesa. Papa Francesco è stato per noi più di un pastore: è stato un padre attento, un ispiratore instancabile, un punto di riferimento che ha illuminato la nostra missione nelle periferie del mondo. La sua voce ha dato dignità, visibilità e fiducia alle religiose, soprattutto a quelle che operano in contesti difficili come il nostro. La sua attenzione concreta, la sua prossimità evangelica e il suo appello costante a una Chiesa che “esce” sono incisi nel nostro cuore.

2. Come state vivendo, nella vostra comunità, questi giorni segnati dal lutto e dalla gratitudine?

Li viviamo come un tempo di raccoglimento e discernimento. Abbiamo intensificato la preghiera silenziosa, la meditazione comunitaria e la memoria grata. Ogni sorella porta dentro di sé parole, gesti e immagini legati a Papa Francesco: la sua semplicità disarmante, la sua forza profetica, la sua misericordia concreta verso i più piccoli e vulnerabili.

In questi giorni avvertiamo la responsabilità di custodire e trasmettere la sua eredità spirituale, lasciandoci trasformare da essa. È un dolore fecondo, che ci spinge a una nuova fedeltà al Vangelo.

3. Partecipare all’Assemblea UISG, in questo momento così particolare, che significato assume per voi?

Un significato nuovo, più profondo. Non sarà solo un momento di confronto e di condivisione, ma anche una sorta di pellegrinaggio spirituale. Sentiamo che il nostro andare a Roma è parte di un cammino più grande, ecclesiale e storico, che ci interpella. L’Assemblea sarà per noi un tempo di ascolto, discernimento e comunione, in cui sentiremo forte il desiderio di portare avanti quanto Papa Francesco ha seminato: una Chiesa in uscita, sinodale, umile, missionaria. Una Chiesa che si inginocchia per servire, non per dominare. E speriamo che il prossimo Pontefice custodisca e rinnovi questa visione ad gentes, che ha dato nuovo slancio alle nostre Congregazioni e alle periferie del mondo.

3. Le opere di misericordia fanno parte integrante della vostra missione quotidiana. In che modo le vivete nella vostra realtà ugandese?

Sono il cuore pulsante del nostro carisma e della nostra azione quotidiana. In Uganda, dove la povertà, la guerra e l’esclusione lasciano segni profondi nelle persone, la misericordia non è solo un principio spirituale, ma una necessità vitale. Ogni giorno, con umiltà e determinazione, cerchiamo di visitare gli ammalati, accompagnare gli anziani, sostenere le famiglie, accogliere i bambini abbandonati. Le opere di misericordia diventano per noi linguaggio incarnato del Vangelo, strumento concreto di giustizia e fraternità.

4. La riEvoluzione delle opere di misericordiae la collaborazione con spazio + spadoni hanno portato un cambiamento visibile nella vostra Congregazione?

Assolutamente sì. La proposta di spazio + spadoni ci ha permesso di reinterpretare il nostro carisma alla luce del presente, di renderlo più incisivo e generativo. La riEvoluzione ci ha insegnato che le opere di misericordia non sono solo da “fare”, ma da vivere come dinamiche trasformative, che coinvolgono la comunità e aprono nuove strade di evangelizzazione. Abbiamo trovato un linguaggio nuovo, concreto e profondo, capace di parlare alle giovani generazioni e di dialogare con il mondo senza perdere la nostra identità consacrata.

5. Uno dei frutti concreti di questa collaborazione è il progetto Hic Sum con il panificio. Qual è l’esperienza che ne avete fatto finora?

È un’esperienza straordinaria, che ha cambiato il volto della nostra presenza nel quartiere. Il panificio non è solo una fonte di reddito, ma un centro di incontro, di formazione, di inclusione. Le sorelle che vi lavorano sentono di partecipare attivamente alla missione, non solo come religiose, ma come donne che costruiscono comunità. I clienti non vengono solo per il pane, ma per respirare uno spirito di accoglienza e fraternità che si è diffuso con naturalezza. È diventato uno spazio evangelico.

6. Questo progetto vi sta portando verso una reale autonomia della comunità?

Sì, ed è una strada che ci sta educando a molte cose. L’autonomia non è solo una questione economica, ma anche organizzativa e spirituale. Abbiamo imparato a pianificare con lungimiranza, a collaborare con laici qualificati, a pensare in modo sostenibile. Stiamo maturando una coscienza nuova: non siamo solo beneficiarie di aiuti, ma protagoniste attive della nostra missione. La vera autonomia nasce dalla capacità di generare vita e speranza, con creatività e responsabilità.

7. Accogliete anche rifugiati nella vostra comunità. Il modello Hic Sum si è dimostrato flessibile anche per questa realtà complessa?

Assolutamente sì. Alcuni rifugiati lavorano con noi nel panificio, altri partecipano a momenti di formazione o spiritualità. Hic Sumci ha offerto un metodo aperto, adattabile, capace di rispondere alle situazioni più varie senza snaturarsi. È una struttura che si modella sui bisogni reali delle persone, che mette al centro la dignità di ciascuno. Abbiamo visto con gioia nascere nuove relazioni, nuove opportunità, e anche piccoli segni di riconciliazione tra culture diverse.

8. Cosa vi sta insegnando oggi il popolo ugandese sulla speranza e sulla misericordia?

Il popolo ugandese ci insegna ogni giorno la forza della resilienza e la bellezza della solidarietà. Anche nelle condizioni più dure, le persone trovano la forza di sorridere, di condividere, di aiutarsi a vicenda. Questa capacità di trasformare il dolore in dono, la scarsità in condivisione, è per noi una lezione di Vangelo vissuto. Insegna anche a noi religiose a rimanere radicate nel reale, ad essere segno credibile della speranza cristiana.

9. Come Madre Generale, quale messaggio porterà all’Assemblea UISG, in rappresentanza della sua Congregazione e dell’Africa, in questo momento di passaggio per la Chiesa universale?

Porterò un messaggio di vita, di gratitudine e di impegno. La nostra terra, l’Africa, ha sete di giustizia, di pace e di ascolto. Papa Francesco ci ha indicato la via della misericordia come strada per rigenerare la Chiesa: una Chiesa dal volto umano, aperta, missionaria, ad gentes. Desideriamo che questo cammino non si interrompa, che anche il prossimo Pontefice abbia il coraggio di continuare su questa via evangelica. Come donne consacrate, vogliamo offrire la nostra fedeltà creativa, la nostra presenza orante e operosa, per essere – oggi più che mai – la carezza viva della Chiesa nel mondo.

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