Santa Teresa di Lisieux, missionaria per sempre

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3 Ottobre 2025

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Santa Teresa di Lisieux

La memoria di santa Teresa di Gesù Bambino e del Santo Volto, nella forma extraordinaria del rito romano, si celebra il 3 ottobre

Thérèse Martin (Alencon 1873 – Lisieux 1897), oggi conosciuta come santa Teresa di Lisieux:

  • Monaca carmelitana
  • Patrona delle Missioni
  • Dottore della Chiesa

La vita di alcuni santi è come un tesoro inesauribile: vi possiamo tirar fuori cose antiche sempre nuove, che parlano alla nostra vita odierna con l’attualità dell’eterno presente.

Abbiamo visto brevemente che “unico scopo” della breve ed intensa vita di Teresa di Lisieux non era “accumulare meriti” (avere tanti “like” o followers, diremmo noi). Unicamente voleva “lavorare per amore di Dio”.
Suo scopo era sollevare il cuore di Dio da tanta umana ingratitudine ed indifferenza, e fare della sua vita una lode della misericordia di Dio.

Ma come mai una monaca di clausura, dedita alla contemplazione, votata al nascondimento, alla preghiera e alla vita fraterna in un monastero è diventata “Patrona delle Missioni”?
Come mai papa Pio XI, il 14 dicembre del 1927, l’ha voluta accostare ad un missionario infaticabile come san Francesco Saverio?
La piccola Teresa, il “piccolo fiore” come viene chiamata nei territori di lingua inglese, ha varcato la porta d’ingresso del Carmelo a 15 anni e non ne è più uscita… In che senso possiamo ritenerla missionaria e protettrice delle Missioni universali cattoliche?

Teresa ha ormai scoperto che ogni sforzo umano è imperfetto: il nostro agire mescola troppo facilmente finalità buone e finalità egoistiche.
Ma il desiderio evangelico di Gesù di coinvolgere i suoi nella salvezza delle anime, rendendoli “pescatori di uomini” è da sempre stato forte nel suo cuore da bambina.

E il Signore appaga presto questo desiderio che Egli stesso le ha messo in cuore. Teresa definisce il Natale del 1886 “la data della mia conversione”: esce dall’infanzia (13 anni) e sente un grande desiderio di lavorare alla conversione dei peccatori. Spiegherà nella sua autobiografia che “Gesù stesso aveva preso la rete, l’aveva gettata e tratta piena di pesci, facendo di me un pescatore di anime”.

È come se sentisse di essere già, a tutti gli effetti, un “apostolo” del Signore Gesù.
Ancora una volta, la conferma arriva qualche mese dopo. Una domenica di luglio, davanti ad un’immaginetta di Gesù in croce, coglie il grido di Gesù: “Ho sete!” come un invito a strappare le anime dei peccatori dalle fiamme eterne per consegnarli al cuore misericordioso del Cristo.
Da quel giorno, si propone di risanare la grande piaga del suo e del nostro tempo: l’indifferenza di molti verso la Redenzione compiuta dal Signore Gesù.

Il malfattore incallito Enrico Pranzini, condannato a morte per i suoi crimini, è il primo destinatario dell’ardore apostolico di Teresa.
“Tutto faceva pensare che sarebbe morto impenitente”. Allora ella si adopera “con tutti i mezzi possibili per convertirlo alla gloria” e ottiene la sua vittoria leggendo sul giornale che Pranzini ha baciato un crocifisso tre volte prima di “mettere la testa nel lugubre foro”.
Teresa lo chiamerà: “Il mio primo figlio”. Fanciulla che diventa donna e diventa “madre”, perché partorisce un figlio perduto alla luce e all’amore di Dio.
E non era che il primo di una lunga serie.

Ma subito dopo questo anelito per i grandi peccatori, sente il richiamo di quello che chiamerà “acquisto all’ingrosso” …
Si dedica, cioè, alla preghiera per i pastori della Chiesa, i sacerdoti: convertendo e santificando questi, anche tutte le persone oggetto del loro apostolato ne trarranno beneficio.
Anche a questo compito si dedica con normanna testardaggine e infinita pazienza.

La radice evangelica di tale convinzione è il brano lucano in cui Gesù si reca dalle sorelle Marta e Maria.
All’accusa di molti di essere fannullone perché monache chiuse in un monastero, lei risponde sottolineando che Gesù stesso ha preso le difese di Maria, che ha scelto “la parte migliore”, restando all’ascolto di Gesù e versando l’intenso profumo sul suo capo.
In questo modo, dice: “Gesù è consolato e il mondo è costretto suo malgrado a respirare il profumo che purifica l’aria avvelenata che non cessa di respirare”.

Come era abitudine, la priora le affida un seminarista che aveva chiesto una monaca come sorella spirituale, per essere aiutato nella sua vocazione e missione.
Maurizio Bellière è il primo che le viene affidato e l’anno seguente il missionario padre Adolfo Roulland.
Con entrambi inizia uno scambio epistolare profondo, perché – dice – “certamente si possono aiutare i missionari con la preghiera e il sacrificio; pure, talvolta, Gesù permette che di quando in quando possano comunicarsi i loro pensieri e incitarsi a vicenda ad amare Dio maggiormente”.
Certo, il tutto seguendo la volontà espressa dell’autorità, altrimenti “tale corrispondenza farebbe più male che bene”.

Teresa si sente coinvolta, pertanto, nella missione di salvare anime, in tutto il mondo: “Io posso fare assolutamente nulla da sola, ma mi conforta il pensiero che, al fianco di Gesù, la mia vita possa servire a qualcosa”.
In questo si sente figlia di Teresa d’Avila che “desiderava dare mille volte la vita pur di salvare anche una sola anima”.

Therese sente crescere questo desiderio e trova pace solo nei testi di san Paolo (1Corinti 12-13) dove parla dei carismi. Non si dava pace perché, pur essendo contenta in monastero, avrebbe voluto percorrere il mondo intero per far conoscere ed amare Gesù, avrebbe voluto avere tutte le vocazioni. Ma il capitolo 13 le fornisce la chiave di lettura della sua vita: capisce che l’amore racchiude tutte le vocazioni. Capisce che Gesù le ha indicato il suo posto nella Chiesa: essere un cuore pulsante di amore!

Il monastero carmelitano di Lisieux aveva da poco fondato un monastero a Saigon, in terra di missione.
Negli ultimi anni della sua vita, le monache erano state interpellate per aiutare una nuova fondazione missionaria ad Hanoi, sempre in Vietnam.
Lei si era sempre offerta per queste missioni, ma l’obbedienza e forse anche la scarsa salute la obbligano a rinunciare al progetto di recarsi di persona in missione.
Ma anche se non si realizza il desiderio di essere “come la colomba di Noè, uscita dall’arca, volando verso terre infedeli con un ramoscello di olivo nel becco”, aumenta i suoi ardori.

Acquisisce la netta sensazione che morirà presto ma la sua eternità non sarà un riposo nella beatitudine, ma un darsi da fare fino alla consumazione dei secoli fino a quando ci saranno anime che hanno bisogno di vita, di conversione, di amore.
“Trascorrerò il mio cielo sulla terra per amare, essere amata e far amare Gesù”.

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La memoria di santa Teresa di Gesù Bambino e del Santo Volto, nella forma extraordinaria del rito romano, si celebra il 3 ottobre

Thérèse Martin (Alencon 1873 – Lisieux 1897), oggi conosciuta come santa Teresa di Lisieux:

  • Monaca carmelitana
  • Patrona delle Missioni
  • Dottore della Chiesa

La vita di alcuni santi è come un tesoro inesauribile: vi possiamo tirar fuori cose antiche sempre nuove, che parlano alla nostra vita odierna con l’attualità dell’eterno presente.

Abbiamo visto brevemente che “unico scopo” della breve ed intensa vita di Teresa di Lisieux non era “accumulare meriti” (avere tanti “like” o followers, diremmo noi). Unicamente voleva “lavorare per amore di Dio”.
Suo scopo era sollevare il cuore di Dio da tanta umana ingratitudine ed indifferenza, e fare della sua vita una lode della misericordia di Dio.

Ma come mai una monaca di clausura, dedita alla contemplazione, votata al nascondimento, alla preghiera e alla vita fraterna in un monastero è diventata “Patrona delle Missioni”?
Come mai papa Pio XI, il 14 dicembre del 1927, l’ha voluta accostare ad un missionario infaticabile come san Francesco Saverio?
La piccola Teresa, il “piccolo fiore” come viene chiamata nei territori di lingua inglese, ha varcato la porta d’ingresso del Carmelo a 15 anni e non ne è più uscita… In che senso possiamo ritenerla missionaria e protettrice delle Missioni universali cattoliche?

Teresa ha ormai scoperto che ogni sforzo umano è imperfetto: il nostro agire mescola troppo facilmente finalità buone e finalità egoistiche.
Ma il desiderio evangelico di Gesù di coinvolgere i suoi nella salvezza delle anime, rendendoli “pescatori di uomini” è da sempre stato forte nel suo cuore da bambina.

E il Signore appaga presto questo desiderio che Egli stesso le ha messo in cuore. Teresa definisce il Natale del 1886 “la data della mia conversione”: esce dall’infanzia (13 anni) e sente un grande desiderio di lavorare alla conversione dei peccatori. Spiegherà nella sua autobiografia che “Gesù stesso aveva preso la rete, l’aveva gettata e tratta piena di pesci, facendo di me un pescatore di anime”.

È come se sentisse di essere già, a tutti gli effetti, un “apostolo” del Signore Gesù.
Ancora una volta, la conferma arriva qualche mese dopo. Una domenica di luglio, davanti ad un’immaginetta di Gesù in croce, coglie il grido di Gesù: “Ho sete!” come un invito a strappare le anime dei peccatori dalle fiamme eterne per consegnarli al cuore misericordioso del Cristo.
Da quel giorno, si propone di risanare la grande piaga del suo e del nostro tempo: l’indifferenza di molti verso la Redenzione compiuta dal Signore Gesù.

Il malfattore incallito Enrico Pranzini, condannato a morte per i suoi crimini, è il primo destinatario dell’ardore apostolico di Teresa.
“Tutto faceva pensare che sarebbe morto impenitente”. Allora ella si adopera “con tutti i mezzi possibili per convertirlo alla gloria” e ottiene la sua vittoria leggendo sul giornale che Pranzini ha baciato un crocifisso tre volte prima di “mettere la testa nel lugubre foro”.
Teresa lo chiamerà: “Il mio primo figlio”. Fanciulla che diventa donna e diventa “madre”, perché partorisce un figlio perduto alla luce e all’amore di Dio.
E non era che il primo di una lunga serie.

Ma subito dopo questo anelito per i grandi peccatori, sente il richiamo di quello che chiamerà “acquisto all’ingrosso” …
Si dedica, cioè, alla preghiera per i pastori della Chiesa, i sacerdoti: convertendo e santificando questi, anche tutte le persone oggetto del loro apostolato ne trarranno beneficio.
Anche a questo compito si dedica con normanna testardaggine e infinita pazienza.

La radice evangelica di tale convinzione è il brano lucano in cui Gesù si reca dalle sorelle Marta e Maria.
All’accusa di molti di essere fannullone perché monache chiuse in un monastero, lei risponde sottolineando che Gesù stesso ha preso le difese di Maria, che ha scelto “la parte migliore”, restando all’ascolto di Gesù e versando l’intenso profumo sul suo capo.
In questo modo, dice: “Gesù è consolato e il mondo è costretto suo malgrado a respirare il profumo che purifica l’aria avvelenata che non cessa di respirare”.

Come era abitudine, la priora le affida un seminarista che aveva chiesto una monaca come sorella spirituale, per essere aiutato nella sua vocazione e missione.
Maurizio Bellière è il primo che le viene affidato e l’anno seguente il missionario padre Adolfo Roulland.
Con entrambi inizia uno scambio epistolare profondo, perché – dice – “certamente si possono aiutare i missionari con la preghiera e il sacrificio; pure, talvolta, Gesù permette che di quando in quando possano comunicarsi i loro pensieri e incitarsi a vicenda ad amare Dio maggiormente”.
Certo, il tutto seguendo la volontà espressa dell’autorità, altrimenti “tale corrispondenza farebbe più male che bene”.

Teresa si sente coinvolta, pertanto, nella missione di salvare anime, in tutto il mondo: “Io posso fare assolutamente nulla da sola, ma mi conforta il pensiero che, al fianco di Gesù, la mia vita possa servire a qualcosa”.
In questo si sente figlia di Teresa d’Avila che “desiderava dare mille volte la vita pur di salvare anche una sola anima”.

Therese sente crescere questo desiderio e trova pace solo nei testi di san Paolo (1Corinti 12-13) dove parla dei carismi. Non si dava pace perché, pur essendo contenta in monastero, avrebbe voluto percorrere il mondo intero per far conoscere ed amare Gesù, avrebbe voluto avere tutte le vocazioni. Ma il capitolo 13 le fornisce la chiave di lettura della sua vita: capisce che l’amore racchiude tutte le vocazioni. Capisce che Gesù le ha indicato il suo posto nella Chiesa: essere un cuore pulsante di amore!

Il monastero carmelitano di Lisieux aveva da poco fondato un monastero a Saigon, in terra di missione.
Negli ultimi anni della sua vita, le monache erano state interpellate per aiutare una nuova fondazione missionaria ad Hanoi, sempre in Vietnam.
Lei si era sempre offerta per queste missioni, ma l’obbedienza e forse anche la scarsa salute la obbligano a rinunciare al progetto di recarsi di persona in missione.
Ma anche se non si realizza il desiderio di essere “come la colomba di Noè, uscita dall’arca, volando verso terre infedeli con un ramoscello di olivo nel becco”, aumenta i suoi ardori.

Acquisisce la netta sensazione che morirà presto ma la sua eternità non sarà un riposo nella beatitudine, ma un darsi da fare fino alla consumazione dei secoli fino a quando ci saranno anime che hanno bisogno di vita, di conversione, di amore.
“Trascorrerò il mio cielo sulla terra per amare, essere amata e far amare Gesù”.

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