Giornata Mondiale del Malato | Dalla paura alla condivisione

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11 Febbraio 2025

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In occasione della XXIII Giornata Mondiale del Malato, pratichiamo la quinta opera di misericordia. Trasformiamo la debolezza in forza

La malattia fa parte delle nostre esistenze. È una dimensione nella quale, prima o poi, siamo coinvolti tutti: o perché ci tocca personalmente o perché prima o poi arriva nella vita di un familiare, di un amico, ecc.

Eppure, la nostra prima reazione è sempre di non accettazione, di rifiuto, come se non volessimo riconoscere la nostra umanità e, quindi, fragilità.

La verità è che la malattia ci fa paura. Ecco perché spesso evitiamo di compiere la quinta opera di misericordia: visitare gli ammalati. Perché loro ci mostrano la parte più debole di noi, ci fanno scontrare con la nostra finitezza, ci obbligano ad ammettere che non siamo immortali e perfetti.

Nel Messaggio per la XXIII Giornata Mondiale del Malato, papa Francesco ci aiuta a riflettere su questo tema e incoraggia tutti attraverso san Paolo: «la speranza non delude» (Rm 5,5).

Afferma, inoltre che «i luoghi in cui si soffre sono spesso luoghi di condivisione, in cui ci si arricchisce a vicenda. Quante volte, al capezzale di un malato, si impara a sperare! Quante volte, stando vicino a chi soffre, si impara a credere! Quante volte, chinandosi su chi è nel bisogno, si scopre l’amore!».

Da soli, tuttavia, non sempre si riesce, sia da una parte che dall’altra. Perché, umanamente, è difficile portare su di sé il peso e le sofferenze di una malattia, così come è impegnativa e colma di sacrifici la quotidianità di chi è accanto a qualcuno che sta male. Ecco perché «in tutte queste circostanze sentiamo il bisogno di un sostegno più grande di noi: ci serve l’aiuto di Dio, della sua grazia, della sua Provvidenza, di quella forza che è dono del suo Spirito».

Il Papa ci ricorda che, per quanto lo stato della malattia sia difficile, invalidante, duro, doloroso, non siamo soli, Dio ci è vicino: «facciamo esperienza della vicinanza e della compassione di Dio, che in Gesù ha condiviso le nostre sofferenze. Egli non ci abbandona e spesso ci sorprende col dono di una tenacia che non avremmo mai pensato di avere, e che da soli non avremmo mai trovato».

Ed è così che la malattia, vissuta cristianamente, diventa «l’occasione di un incontro che ci cambia, la scoperta di una roccia incrollabile a cui scopriamo di poterci ancorare per affrontare le tempeste della vita: un’esperienza che, pur nel sacrificio, ci rende più forti» e si fa dono «da accogliere e da coltivare».

Gli “angeli della speranza”, oltre ai medici, gli infermieri, gli operatori sanitari, possiamo essere noi, nella misura in cui impariamo a stare accanto al malato, dandogli tempo, amore, energie.

Quindi, cominciamo da oggi, da questa Giornata del Malato: una visita, un sorriso, una parola di conforto. E poi, un bicchiere d’acqua, una chiacchierata, una preghiera insieme.

Piccoli passi, poco a poco, per scoprire di potere entrare in contatto con ciò che ci fa paura e trasformare la debolezza in forza.

Fonte

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In occasione della XXIII Giornata Mondiale del Malato, pratichiamo la quinta opera di misericordia. Trasformiamo la debolezza in forza

La malattia fa parte delle nostre esistenze. È una dimensione nella quale, prima o poi, siamo coinvolti tutti: o perché ci tocca personalmente o perché prima o poi arriva nella vita di un familiare, di un amico, ecc.

Eppure, la nostra prima reazione è sempre di non accettazione, di rifiuto, come se non volessimo riconoscere la nostra umanità e, quindi, fragilità.

La verità è che la malattia ci fa paura. Ecco perché spesso evitiamo di compiere la quinta opera di misericordia: visitare gli ammalati. Perché loro ci mostrano la parte più debole di noi, ci fanno scontrare con la nostra finitezza, ci obbligano ad ammettere che non siamo immortali e perfetti.

Nel Messaggio per la XXIII Giornata Mondiale del Malato, papa Francesco ci aiuta a riflettere su questo tema e incoraggia tutti attraverso san Paolo: «la speranza non delude» (Rm 5,5).

Afferma, inoltre che «i luoghi in cui si soffre sono spesso luoghi di condivisione, in cui ci si arricchisce a vicenda. Quante volte, al capezzale di un malato, si impara a sperare! Quante volte, stando vicino a chi soffre, si impara a credere! Quante volte, chinandosi su chi è nel bisogno, si scopre l’amore!».

Da soli, tuttavia, non sempre si riesce, sia da una parte che dall’altra. Perché, umanamente, è difficile portare su di sé il peso e le sofferenze di una malattia, così come è impegnativa e colma di sacrifici la quotidianità di chi è accanto a qualcuno che sta male. Ecco perché «in tutte queste circostanze sentiamo il bisogno di un sostegno più grande di noi: ci serve l’aiuto di Dio, della sua grazia, della sua Provvidenza, di quella forza che è dono del suo Spirito».

Il Papa ci ricorda che, per quanto lo stato della malattia sia difficile, invalidante, duro, doloroso, non siamo soli, Dio ci è vicino: «facciamo esperienza della vicinanza e della compassione di Dio, che in Gesù ha condiviso le nostre sofferenze. Egli non ci abbandona e spesso ci sorprende col dono di una tenacia che non avremmo mai pensato di avere, e che da soli non avremmo mai trovato».

Ed è così che la malattia, vissuta cristianamente, diventa «l’occasione di un incontro che ci cambia, la scoperta di una roccia incrollabile a cui scopriamo di poterci ancorare per affrontare le tempeste della vita: un’esperienza che, pur nel sacrificio, ci rende più forti» e si fa dono «da accogliere e da coltivare».

Gli “angeli della speranza”, oltre ai medici, gli infermieri, gli operatori sanitari, possiamo essere noi, nella misura in cui impariamo a stare accanto al malato, dandogli tempo, amore, energie.

Quindi, cominciamo da oggi, da questa Giornata del Malato: una visita, un sorriso, una parola di conforto. E poi, un bicchiere d’acqua, una chiacchierata, una preghiera insieme.

Piccoli passi, poco a poco, per scoprire di potere entrare in contatto con ciò che ci fa paura e trasformare la debolezza in forza.

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