Quel consiglio che serviva…

Prosegue la riflessione della dottoressa Paola Geraci sulla prima opera di misericordia spirituale, con la condivisione di un’esperienza
(di Paola Geraci)
Condivido il racconto di una esperienza, quasi una parabola.
Si presenta al mio studio una coppia da poco sposata, Pietro e Paola, credenti e praticanti, che esprimono con entusiasmo la loro appartenenza ad un gruppo di preghiera, dalla cui frequentazione traggono motivo di forza per vivere il loro matrimonio, e che hanno messo, dicono, come centro della loro vita di coniugi “il progetto di fare la volontà di Dio”. Lui ha 43 anni, lei 39, età in cui la fecondità nell’uomo e nella donna è già abbassata. Lui è infermiere, lei casalinga. Dalla anamnesi sembra che non ci siano problemi; la visita e le altre indagini del caso non mostrano alcuna anomalia: l’unico problema sembra sial’età di entrambi. Ci salutiamo con l’impegno di incontrare una insegnante del MOB, che potrà aiutarla a riconoscere i giorni fertili, per favorire il concepimento.
Passa qualche mese e ritornano dicendomi «Noi non possiamo aspettare di più perché l’età passa; abbiamo deciso, anche se a malincuore, di cominciare tutta la procedura per la procreazione medicalmente assistita. Noi crediamo che lo dobbiamo proprio fare: sappiamo che la Chiesa non è d’accordo, ma lei pensa che Dio ci può castigare perché noi vogliamo un figlio? Non è una cosa normale e buona volere un figlio?» Rispondo: «Altroché se è una cosa buona volere un figlio, è intrinseca nella chiamata che già in principio Dio fece quando creò l’uomo e la donna e disse loro crescete e moltiplicatevi; li crea maschio e femmina perché possano essere aiuto una per l’altro e perché abbiano figli. La cosa che non è perfettamente in riga con il progetto di Dio è che avere un figlio non è un diritto, così come non è un diritto che domani mattina io possa ancora camminare o fare le cose che ordinariamente faccio. Dovremmo stare un po’ più attenti e cercare di capire quale è la volontà di Dio». Ci salutiamo con un “ci faremo sentire” ma sono certa che procederanno con la PMA.
Dopo qualche mese ricevo una telefonata del marito che mi espone un quesito: la moglie dovrebbe iniziare la terapia prescritta per la PMA ma la farmacia non gliel’ha fatta avere in tempo e quindi salterebbe il giorno prescritto per l’ inizio. Non trovano il ginecologo con cui sono in cura e, per una questione di fiducia, vogliono venire a trovarmi. Durante il colloquio io confermo la proposta fatta da un altro collega, già interpellato, dicendo loro, «rimandate la terapia al successivo ciclo».
Prima di salutarci, però, aggiungo: «quando avete rapporti non guardatevi dietro le spalle uno dell’altra, allungando lo sguardo dietro le spalle del coniuge per vedere se c’è il figlio; è necessario che vi guardiate negli occhi, perché il figlio nasce da un vostro rapporto d’amore non da una strumentalizzazione del vostro corpo e quindi da una strumentalizzazione dell’altro: il corpo è la persona e quindi strumentalizzare il corpo significa strumentalizzare la persona. La Vita di un figlio scaturisce dal vostro amore, espresso dallo sguardo che, insieme al rapporto sessuale che vi unisce in una sola carne, manifesta la vostra vera unione. Questo sguardo, nel momento in cui avete il rapporto, vi richiama al fatto che tu sei per me e io sono per te, vi conferma che rispondete a quella chiamata, a quella vocazione che voi avete avuto. Noi persone facciamo l’esperienza che la vita nasce da una relazione d’amore. La fonte di questa relazione è quel Dio Trinità in cui il rapporto tra Padre e Figlio, rapporto generante, viene ravvivato dallo Spirito. Voi sposi, con l’esperienza di coppia, incarnate questa esperienza».
Un altro saluto e ci lasciamo.
Dopo alcuni mesi, appena aperta la porta di un Reparto del Policlinico universitario, mi giunge immediatamente un richiamo «Dottoressa…» da un infermiere che è vicino al carrello della terapia. Questa persona, da lontano e a voce alta dice: «abbiamo fatto come ha detto lei: ci siamo guardati negli occhi e mia moglie ora è già al 6° mese!».
Era Pietro, infermiere in quel Reparto, che mi annunziava l’evento. Mi sentivo profondamente commossa. Le terapie della PMA non erano state necessarie; era arrivata prima, con il suo vero e profondo effetto e significato, la relazione di Amore che aveva fatto superare le difficoltà, certamente non fisiche, che non avevano necessità delle terapie farmacologiche che la PMA richiede, pesanti fisicamente per la donna, altamente stressanti per la coppia, e non secondo gli insegnamenti che la Chiesa, alla luce della Parola di Dio, propone.
Avevo la conferma che “il consiglio” non aveva indicato un’utopia ma l’espressione di una Verità, spesso volutamente e colpevolmente misconosciuta o rifiutata o ancora peggio beffeggiata.
(Testo del 2016)
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Prosegue la riflessione della dottoressa Paola Geraci sulla prima opera di misericordia spirituale, con la condivisione di un’esperienza
(di Paola Geraci)
Condivido il racconto di una esperienza, quasi una parabola.
Si presenta al mio studio una coppia da poco sposata, Pietro e Paola, credenti e praticanti, che esprimono con entusiasmo la loro appartenenza ad un gruppo di preghiera, dalla cui frequentazione traggono motivo di forza per vivere il loro matrimonio, e che hanno messo, dicono, come centro della loro vita di coniugi “il progetto di fare la volontà di Dio”. Lui ha 43 anni, lei 39, età in cui la fecondità nell’uomo e nella donna è già abbassata. Lui è infermiere, lei casalinga. Dalla anamnesi sembra che non ci siano problemi; la visita e le altre indagini del caso non mostrano alcuna anomalia: l’unico problema sembra sial’età di entrambi. Ci salutiamo con l’impegno di incontrare una insegnante del MOB, che potrà aiutarla a riconoscere i giorni fertili, per favorire il concepimento.
Passa qualche mese e ritornano dicendomi «Noi non possiamo aspettare di più perché l’età passa; abbiamo deciso, anche se a malincuore, di cominciare tutta la procedura per la procreazione medicalmente assistita. Noi crediamo che lo dobbiamo proprio fare: sappiamo che la Chiesa non è d’accordo, ma lei pensa che Dio ci può castigare perché noi vogliamo un figlio? Non è una cosa normale e buona volere un figlio?» Rispondo: «Altroché se è una cosa buona volere un figlio, è intrinseca nella chiamata che già in principio Dio fece quando creò l’uomo e la donna e disse loro crescete e moltiplicatevi; li crea maschio e femmina perché possano essere aiuto una per l’altro e perché abbiano figli. La cosa che non è perfettamente in riga con il progetto di Dio è che avere un figlio non è un diritto, così come non è un diritto che domani mattina io possa ancora camminare o fare le cose che ordinariamente faccio. Dovremmo stare un po’ più attenti e cercare di capire quale è la volontà di Dio». Ci salutiamo con un “ci faremo sentire” ma sono certa che procederanno con la PMA.
Dopo qualche mese ricevo una telefonata del marito che mi espone un quesito: la moglie dovrebbe iniziare la terapia prescritta per la PMA ma la farmacia non gliel’ha fatta avere in tempo e quindi salterebbe il giorno prescritto per l’ inizio. Non trovano il ginecologo con cui sono in cura e, per una questione di fiducia, vogliono venire a trovarmi. Durante il colloquio io confermo la proposta fatta da un altro collega, già interpellato, dicendo loro, «rimandate la terapia al successivo ciclo».
Prima di salutarci, però, aggiungo: «quando avete rapporti non guardatevi dietro le spalle uno dell’altra, allungando lo sguardo dietro le spalle del coniuge per vedere se c’è il figlio; è necessario che vi guardiate negli occhi, perché il figlio nasce da un vostro rapporto d’amore non da una strumentalizzazione del vostro corpo e quindi da una strumentalizzazione dell’altro: il corpo è la persona e quindi strumentalizzare il corpo significa strumentalizzare la persona. La Vita di un figlio scaturisce dal vostro amore, espresso dallo sguardo che, insieme al rapporto sessuale che vi unisce in una sola carne, manifesta la vostra vera unione. Questo sguardo, nel momento in cui avete il rapporto, vi richiama al fatto che tu sei per me e io sono per te, vi conferma che rispondete a quella chiamata, a quella vocazione che voi avete avuto. Noi persone facciamo l’esperienza che la vita nasce da una relazione d’amore. La fonte di questa relazione è quel Dio Trinità in cui il rapporto tra Padre e Figlio, rapporto generante, viene ravvivato dallo Spirito. Voi sposi, con l’esperienza di coppia, incarnate questa esperienza».
Un altro saluto e ci lasciamo.
Dopo alcuni mesi, appena aperta la porta di un Reparto del Policlinico universitario, mi giunge immediatamente un richiamo «Dottoressa…» da un infermiere che è vicino al carrello della terapia. Questa persona, da lontano e a voce alta dice: «abbiamo fatto come ha detto lei: ci siamo guardati negli occhi e mia moglie ora è già al 6° mese!».
Era Pietro, infermiere in quel Reparto, che mi annunziava l’evento. Mi sentivo profondamente commossa. Le terapie della PMA non erano state necessarie; era arrivata prima, con il suo vero e profondo effetto e significato, la relazione di Amore che aveva fatto superare le difficoltà, certamente non fisiche, che non avevano necessità delle terapie farmacologiche che la PMA richiede, pesanti fisicamente per la donna, altamente stressanti per la coppia, e non secondo gli insegnamenti che la Chiesa, alla luce della Parola di Dio, propone.
Avevo la conferma che “il consiglio” non aveva indicato un’utopia ma l’espressione di una Verità, spesso volutamente e colpevolmente misconosciuta o rifiutata o ancora peggio beffeggiata.
(Testo del 2016)
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