Il Fuoco del Morrone | Chiedere perdono per perdonare

Sito web Il cammino del perdono
La quinta opera di misericordia spirituale – perdonare le offese ricevute – richiede anche la capacità e l’umiltà di saper chiedere perdono
Ogni anno, alla fine di agosto, si accende sulle montagne abruzzesi il Fuoco del Morrone: una fiamma che percorre le vallate, alimentata dal cammino di giovani portatori, custodi di un simbolo antico e attualissimo che risale al XIII secolo, quando Pietro Angelerio – divenuto Papa Celestino V – partì dall’eremo di Sant’Onofrio al Morrone, nel comune di Sulmona, camminò da eremita e raggiunse L’Aquila, portando con sé un messaggio rivoluzionario: il perdono.
È la scintilla che annuncia l’apertura della Perdonanza Celestiniana, l’indulgenza concessa da Celestino V nel 1294 a chi, con cuore pentito e sincero, si reca nella Basilica di Collemaggio.
Una celebrazione che può essere considerata un precursore del Giubileo della Chiesa cattolica e che, dal 2011, è “Patrimonio d’Italia per la tradizione” e nel 2019 è stata iscritta nella “Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità” dell’UNESCO.
Ma cosa c’entra questo rito millenario con le opere di misericordia? In particolare, con quella forse più difficile e trascurata: perdonare le offese?
Celestino V, l’eremita diventato Papa, ha incarnato questa logica con scelte che ancora oggi ci provocano. Ha perdonato prima ancora di essere Papa: ha perdonato gli uomini, la Chiesa, le ingiustizie, le lotte di potere. Ha scelto la via dell’umiltà, non per debolezza ma per forza. Perché solo chi è libero dentro può perdonare.
La sua Perdonanza non è solo un rito liturgico: è una rivoluzione spirituale. È l’invito a rompere le catene dell’odio, dell’inimicizia, dei rancori personali e collettivi. È l’opera di misericordia incarnata in una città, in una fiamma, in una storia che continua a camminare imparando a chiedere perdono.
Un’opera di misericordia per il nostro tempo
Nel nostro tempo, in cui siamo veloci a giudicare e lenti a comprendere, perdonare le offese è un atto profondamente controcorrente. È un’opera che richiede coraggio, discernimento, e soprattutto libertà interiore.
Ma è anche un’opera concreta, quotidiana. Perdonare è decidere ogni giorno di non restare prigionieri. Di spezzare la catena della vendetta, di non restituire male per male. È scegliere di tenere accesa la luce, anche quando tutto intorno sembra buio.
Per perdonare gli altri e il male ricevuto, tuttavia, è fondamentale riscoprire la misericordia e la tenerezza di Dio, sentire l’abbraccio del Padre, ricevere prima di tutto la grazia del Perdono.
Chi oggi porta il Fuoco del Morrone non è solo un partecipante a una tradizione. È un testimone. Un simbolo vivente del fatto che la misericordia è ancora possibile. Che si può camminare per le strade del mondo con una fiaccola accesa, senza bruciare nessuno ma illuminando tutti.
E tu? Da quale offesa puoi iniziare per accendere un fuoco di perdono?
Fonte e immagine
La quinta opera di misericordia spirituale – perdonare le offese ricevute – richiede anche la capacità e l’umiltà di saper chiedere perdono
Ogni anno, alla fine di agosto, si accende sulle montagne abruzzesi il Fuoco del Morrone: una fiamma che percorre le vallate, alimentata dal cammino di giovani portatori, custodi di un simbolo antico e attualissimo che risale al XIII secolo, quando Pietro Angelerio – divenuto Papa Celestino V – partì dall’eremo di Sant’Onofrio al Morrone, nel comune di Sulmona, camminò da eremita e raggiunse L’Aquila, portando con sé un messaggio rivoluzionario: il perdono.
È la scintilla che annuncia l’apertura della Perdonanza Celestiniana, l’indulgenza concessa da Celestino V nel 1294 a chi, con cuore pentito e sincero, si reca nella Basilica di Collemaggio.
Una celebrazione che può essere considerata un precursore del Giubileo della Chiesa cattolica e che, dal 2011, è “Patrimonio d’Italia per la tradizione” e nel 2019 è stata iscritta nella “Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità” dell’UNESCO.
Ma cosa c’entra questo rito millenario con le opere di misericordia? In particolare, con quella forse più difficile e trascurata: perdonare le offese?
Celestino V, l’eremita diventato Papa, ha incarnato questa logica con scelte che ancora oggi ci provocano. Ha perdonato prima ancora di essere Papa: ha perdonato gli uomini, la Chiesa, le ingiustizie, le lotte di potere. Ha scelto la via dell’umiltà, non per debolezza ma per forza. Perché solo chi è libero dentro può perdonare.
La sua Perdonanza non è solo un rito liturgico: è una rivoluzione spirituale. È l’invito a rompere le catene dell’odio, dell’inimicizia, dei rancori personali e collettivi. È l’opera di misericordia incarnata in una città, in una fiamma, in una storia che continua a camminare imparando a chiedere perdono.
Un’opera di misericordia per il nostro tempo
Nel nostro tempo, in cui siamo veloci a giudicare e lenti a comprendere, perdonare le offese è un atto profondamente controcorrente. È un’opera che richiede coraggio, discernimento, e soprattutto libertà interiore.
Ma è anche un’opera concreta, quotidiana. Perdonare è decidere ogni giorno di non restare prigionieri. Di spezzare la catena della vendetta, di non restituire male per male. È scegliere di tenere accesa la luce, anche quando tutto intorno sembra buio.
Per perdonare gli altri e il male ricevuto, tuttavia, è fondamentale riscoprire la misericordia e la tenerezza di Dio, sentire l’abbraccio del Padre, ricevere prima di tutto la grazia del Perdono.
Chi oggi porta il Fuoco del Morrone non è solo un partecipante a una tradizione. È un testimone. Un simbolo vivente del fatto che la misericordia è ancora possibile. Che si può camminare per le strade del mondo con una fiaccola accesa, senza bruciare nessuno ma illuminando tutti.
E tu? Da quale offesa puoi iniziare per accendere un fuoco di perdono?
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