Un Appello alla Pace in un mondo frammentato

il: 

28 Giugno 2025

di: 

humphrey-scritta pace

Intervento dell’Arcivescovo Gallagher al Forum Globsec 2025 di Praga

Si è svolto a Praga dal 12 al 14 giugno il Forum Globsec 2025 sulla costruzione della pace globale. Globsec è un’organizzazione  indipendente, non governativa con sede a Bratislava in Slovacchia che, dal 2005  organizza annualmente una delle più importanti conferenze sulla sicurezza, il Forum Globsec. In chiusura della seconda giornata dei lavori l’Arcivescovo  Paul Richard Gallagher, segretario della Santa Sede per i rapporti con gli Stati e le organizzazioni internazionali, è intervenuto con un discorso “Appello per la pace in un mondo frammentato” dove ha riproposto il concetto della “guerra, come fallimento della politica e dell’umanità”.  Ecco il potente discorso dell’Arcivescovo, che racchiude l’intera visione della Chiesa sulla Pace.

Illustri delegati, Signore e Signori,

La pace sia con voi

Queste furono le prime parole pronunciate dal Cristo risorto ai suoi discepoli. Parole che Papa Leone XIV ha ripreso dalla loggia centrale della Basilica di San Pietro, la sera della sua elezione, appena un mese fa, l’8 maggio 2025: “È la pace del Cristo risorto, una pace disarmata e disarmante, umile e perseverante; una pace che viene da Dio, il Dio che ci ama tutti, incondizionatamente… Andiamo avanti senza paura, insieme, mano nella mano, con Dio e gli uni con gli altri!”.

Questo saluto, semplice ma profondo, racchiude il cuore stesso della visione della Santa Sede: una pace non forgiata dalle armi, né assicurata dalla minaccia o dalla deterrenza, ma nata dall’amore, sostenuta dalla giustizia e radicata nella dignità di ogni essere umano.

Una pace veramente Cattolica, nel senso originale della parola “Catholicos”, che significa “universale”.

La fragilità e l’urgenza della pace

Il nostro mondo si trova a un bivio. La guerra in Ucraina ha infranto l’illusione che la pace in Europa sia permanente. La Terra Santa sanguina, Siria, Yemen, troppi luoghi rimangono intrappolati in cicli di violenza e disperazione. Questi conflitti sono la prova che la diplomazia, la politica internazionale, gli accordi economici e persino i quadri istituzionali, per quanto necessari, non sono di per sé sufficienti.

La pace richiede più della governance

Richiede visione morale e trasformazione dei cuori. Il mondo non desidera solo la cessazione della violenza ma la guarigione della memoria, la ricucitura delle relazioni e il ripristino della speranza. Ed è proprio qui che la religione deve intervenire, non come concorrente della diplomazia, della politica o delle strutture della società, ma come la loro anima.

La visione cattolica della pace

La Chiesa comprende la pace non semplicemente come assenza di guerra, ma come presenza di relazioni giuste, che essa chiama un’“impresa di giustizia”. Dal tempo della Grande Guerra ad oggi, l’insegnamento papale ha costantemente fatto appello a una pace basata non sulla conquista, ma sulla giustizia, fondata sulla verità, sulla carità, sulla libertà e sulla dignità vitale della persona umana, come sua pietra angolare.

La vera pace percorre il cammino dello sviluppo umano integrale, poiché la guerra è in ultima analisi un fallimento della politica e dell’umanità.

Durante la preghiera del “Regina Coeli”, l’11 maggio, Papa Leone XIV ha ripreso il potente appello di Papa Paolo VI, alle Nazioni Unite nel 1965, dicendo “mai più la guerra”. Fin dall’inizio del suo Pontificato le sue prime parole al mondo ci hanno chiamato a una “pace umile, disarmata e disarmante e aperta all’incontro”. Questo è il compito che ci attende.

La religione, una forza per il dialogo e l’unità

Alcuni potrebbero sostenere che la religione abbia causato divisioni e la storia lo conferma. Ma, come ci ha ricordato Papa Francesco, non è la religione in sé, ma la sua distorsione che porta alla violenza. Intesa correttamente, la religione lega (dal latino religare – legare), unendo l’uomo a Dio e gli individui tra loro. Essa si appella non alla coercizione, ma alla coscienza, non alla vendetta ma al perdono.

Il cuore umano” – come scrisse Sant’Agostino – “è inquieto finché non riposa in Dio” e quell’inquietudine diventa conflitto quando la dimensione morale viene trascurata. Infatti, molti conflitti contemporanei, sia in Medio Oriente, nel Caucaso, in Africa o altrove, non possono essere compresi senza riconoscere le identità religiose e le aspirazioni spirituali dei popoli coinvolti. La presenza diplomatica della Santa Sede, radicata nella credibilità morale piuttosto che nella forza militare, le permette di parlare a tutte le parti. Non con la logica del dominio ma del dialogo.

Quattro pilastri dell’approccio della Santa Sede alla pace

L’approccio della Santa Sede alla pace si fonda su quattro convinzioni radicate.

Primo: la dignità umana. Ogni vita umana è sacra, nessuna pace è possibile se anche una sola vita è ritenuta sacrificabile.

Secondo: il bene comune. La pace deve servire tutti, non solo i forti, specialmente i poveri, gli sfollati, i dimenticati.

Terzo: la solidarietà. Non siamo individui isolati ma un’unica famiglia umana. La pace cresce attraverso l’interdipendenza.

Quarto: lo sviluppo umano integrale. Come ha affermato Papa Paolo VI, lo sviluppo è il nuovo nome della pace, ma non un qualsiasi sviluppo: deve essere integrale, affrontando ogni dimensione della persona umana e di tutti i popoli sulla terra.

Il dialogo interreligioso, una responsabilità condivisa

La pace non può mai essere costruita da un solo popolo, una sola nazione o una sola religione, né nel passato, né nel presente, né nei giorni a venire.

Deve essere sempre uno sforzo collaborativo. Da “Nostra Aetate” la Chiesa ha percorso un nuovo cammino di incontro con le altre religioni, riconoscendo i semi di verità e il desiderio di pace, presenti in tutti.

La Santa Sede si impegna nel dialogo interreligioso non come cortesia diplomatica ma come necessità morale: Ebrei, Cristiani, Musulmani, Indù, Buddisti abbiamo tutti un ruolo da svolgere nella guarigione del nostro mondo.

La religione, non un ostacolo ma un fondamento

In un mondo che spesso relega la religione alla sfera privata, la Santa Sede osa affermare che la religione, vissuta correttamente, non è un ostacolo alla pace, ma un fondamento necessario per essa. La pace richiede più della politica: richiede guarigione, perdono e chiarezza morale, quella che Papa Francesco ha chiamato una “diplomazia della speranza”, non un ottimismo ingenuo, ma la convinzione che il cambiamento è possibile, che nessun conflitto è irredimibile.

Per concludere, Costruire ponti non muri

Permettetemi di riferirmi,  in chiusura,  alla voce del nuovo Papa, Leone XIV: “Siamo seguaci di Cristo. Cristo ci precede. Il mondo ha bisogno della sua luce… Aiutateci, tutti quanti, a costruire ponti attraverso il dialogo e l’incontro, unendoci come un solo popolo, sempre in pace”. Questa missione appartiene a tutti noi, siano essi diplomatici, leader, educatori o cittadini. Possiamo essere costruttori di ponti, non di barriere. Ricordiamo che la pace non è solo un obiettivo politico. È una vocazione umana, un dono di Dio e un compito affidato ad ogni generazione.

Immagine

Fonte dell’articolo

Intervento dell’Arcivescovo Gallagher al Forum Globsec 2025 di Praga

Si è svolto a Praga dal 12 al 14 giugno il Forum Globsec 2025 sulla costruzione della pace globale. Globsec è un’organizzazione  indipendente, non governativa con sede a Bratislava in Slovacchia che, dal 2005  organizza annualmente una delle più importanti conferenze sulla sicurezza, il Forum Globsec. In chiusura della seconda giornata dei lavori l’Arcivescovo  Paul Richard Gallagher, segretario della Santa Sede per i rapporti con gli Stati e le organizzazioni internazionali, è intervenuto con un discorso “Appello per la pace in un mondo frammentato” dove ha riproposto il concetto della “guerra, come fallimento della politica e dell’umanità”.  Ecco il potente discorso dell’Arcivescovo, che racchiude l’intera visione della Chiesa sulla Pace.

Illustri delegati, Signore e Signori,

La pace sia con voi

Queste furono le prime parole pronunciate dal Cristo risorto ai suoi discepoli. Parole che Papa Leone XIV ha ripreso dalla loggia centrale della Basilica di San Pietro, la sera della sua elezione, appena un mese fa, l’8 maggio 2025: “È la pace del Cristo risorto, una pace disarmata e disarmante, umile e perseverante; una pace che viene da Dio, il Dio che ci ama tutti, incondizionatamente… Andiamo avanti senza paura, insieme, mano nella mano, con Dio e gli uni con gli altri!”.

Questo saluto, semplice ma profondo, racchiude il cuore stesso della visione della Santa Sede: una pace non forgiata dalle armi, né assicurata dalla minaccia o dalla deterrenza, ma nata dall’amore, sostenuta dalla giustizia e radicata nella dignità di ogni essere umano.

Una pace veramente Cattolica, nel senso originale della parola “Catholicos”, che significa “universale”.

La fragilità e l’urgenza della pace

Il nostro mondo si trova a un bivio. La guerra in Ucraina ha infranto l’illusione che la pace in Europa sia permanente. La Terra Santa sanguina, Siria, Yemen, troppi luoghi rimangono intrappolati in cicli di violenza e disperazione. Questi conflitti sono la prova che la diplomazia, la politica internazionale, gli accordi economici e persino i quadri istituzionali, per quanto necessari, non sono di per sé sufficienti.

La pace richiede più della governance

Richiede visione morale e trasformazione dei cuori. Il mondo non desidera solo la cessazione della violenza ma la guarigione della memoria, la ricucitura delle relazioni e il ripristino della speranza. Ed è proprio qui che la religione deve intervenire, non come concorrente della diplomazia, della politica o delle strutture della società, ma come la loro anima.

La visione cattolica della pace

La Chiesa comprende la pace non semplicemente come assenza di guerra, ma come presenza di relazioni giuste, che essa chiama un’“impresa di giustizia”. Dal tempo della Grande Guerra ad oggi, l’insegnamento papale ha costantemente fatto appello a una pace basata non sulla conquista, ma sulla giustizia, fondata sulla verità, sulla carità, sulla libertà e sulla dignità vitale della persona umana, come sua pietra angolare.

La vera pace percorre il cammino dello sviluppo umano integrale, poiché la guerra è in ultima analisi un fallimento della politica e dell’umanità.

Durante la preghiera del “Regina Coeli”, l’11 maggio, Papa Leone XIV ha ripreso il potente appello di Papa Paolo VI, alle Nazioni Unite nel 1965, dicendo “mai più la guerra”. Fin dall’inizio del suo Pontificato le sue prime parole al mondo ci hanno chiamato a una “pace umile, disarmata e disarmante e aperta all’incontro”. Questo è il compito che ci attende.

La religione, una forza per il dialogo e l’unità

Alcuni potrebbero sostenere che la religione abbia causato divisioni e la storia lo conferma. Ma, come ci ha ricordato Papa Francesco, non è la religione in sé, ma la sua distorsione che porta alla violenza. Intesa correttamente, la religione lega (dal latino religare – legare), unendo l’uomo a Dio e gli individui tra loro. Essa si appella non alla coercizione, ma alla coscienza, non alla vendetta ma al perdono.

Il cuore umano” – come scrisse Sant’Agostino – “è inquieto finché non riposa in Dio” e quell’inquietudine diventa conflitto quando la dimensione morale viene trascurata. Infatti, molti conflitti contemporanei, sia in Medio Oriente, nel Caucaso, in Africa o altrove, non possono essere compresi senza riconoscere le identità religiose e le aspirazioni spirituali dei popoli coinvolti. La presenza diplomatica della Santa Sede, radicata nella credibilità morale piuttosto che nella forza militare, le permette di parlare a tutte le parti. Non con la logica del dominio ma del dialogo.

Quattro pilastri dell’approccio della Santa Sede alla pace

L’approccio della Santa Sede alla pace si fonda su quattro convinzioni radicate.

Primo: la dignità umana. Ogni vita umana è sacra, nessuna pace è possibile se anche una sola vita è ritenuta sacrificabile.

Secondo: il bene comune. La pace deve servire tutti, non solo i forti, specialmente i poveri, gli sfollati, i dimenticati.

Terzo: la solidarietà. Non siamo individui isolati ma un’unica famiglia umana. La pace cresce attraverso l’interdipendenza.

Quarto: lo sviluppo umano integrale. Come ha affermato Papa Paolo VI, lo sviluppo è il nuovo nome della pace, ma non un qualsiasi sviluppo: deve essere integrale, affrontando ogni dimensione della persona umana e di tutti i popoli sulla terra.

Il dialogo interreligioso, una responsabilità condivisa

La pace non può mai essere costruita da un solo popolo, una sola nazione o una sola religione, né nel passato, né nel presente, né nei giorni a venire.

Deve essere sempre uno sforzo collaborativo. Da “Nostra Aetate” la Chiesa ha percorso un nuovo cammino di incontro con le altre religioni, riconoscendo i semi di verità e il desiderio di pace, presenti in tutti.

La Santa Sede si impegna nel dialogo interreligioso non come cortesia diplomatica ma come necessità morale: Ebrei, Cristiani, Musulmani, Indù, Buddisti abbiamo tutti un ruolo da svolgere nella guarigione del nostro mondo.

La religione, non un ostacolo ma un fondamento

In un mondo che spesso relega la religione alla sfera privata, la Santa Sede osa affermare che la religione, vissuta correttamente, non è un ostacolo alla pace, ma un fondamento necessario per essa. La pace richiede più della politica: richiede guarigione, perdono e chiarezza morale, quella che Papa Francesco ha chiamato una “diplomazia della speranza”, non un ottimismo ingenuo, ma la convinzione che il cambiamento è possibile, che nessun conflitto è irredimibile.

Per concludere, Costruire ponti non muri

Permettetemi di riferirmi,  in chiusura,  alla voce del nuovo Papa, Leone XIV: “Siamo seguaci di Cristo. Cristo ci precede. Il mondo ha bisogno della sua luce… Aiutateci, tutti quanti, a costruire ponti attraverso il dialogo e l’incontro, unendoci come un solo popolo, sempre in pace”. Questa missione appartiene a tutti noi, siano essi diplomatici, leader, educatori o cittadini. Possiamo essere costruttori di ponti, non di barriere. Ricordiamo che la pace non è solo un obiettivo politico. È una vocazione umana, un dono di Dio e un compito affidato ad ogni generazione.

Immagine

Fonte dell’articolo

humphrey-scritta pace

CONDIVIDI

Potrebbe piacerti anche