Le opere di misericordia non sono compiti, ma grazie

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7 Giugno 2025

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Pensieri sparsi di don Vito Vacca, fidei donum (rientrato) della diocesi di Roma, sulle opere di misericordia. Seconda parte

 Non sto ad elencare le opere di misericordia, ma vedo come le posso vivere nella mia vita.

Anch’io nel mio piccolo sto pensando a come e dove posso incontrare Gesù.

Passati gli 80 anni, un sacerdote della diocesi di Roma non può più essere parroco o avere degli incarichi ufficiali, a meno che non venga eletto papa. Non mi lamento per essere escluso da tali incarichi, anzi sono contento di poter fare tanti altri servizi. Tra questi ho il compito di visitare malati o anziani.

 “Compito”? Così pensavo, ma oggi dovrei cambiare vocabolo e parlare non di compiti ma di grazia! Visito circa 40 anziani praticamente inchiodati in casa: non è sempre facile prendere l’appuntamento con loro tra gli orari delle visite mediche e i momenti di riposo. Non è facile fermarmi con calma e con amore, e se è il caso, accettare l’invito al loro parco pranzo. Sarebbe più facile limitarmi al dovere di portargli la comunione, ma a volte devo pormi la domanda” “gli sta più a cuore la comunione o essere ascoltato?”. In ogni caso sto imparando, forse tardi, che ogni mese ho 40 occasioni d’oro per visitare Cristo stesso. Pensa: 40 visite al Signore! che onore! Oggi nelle nostre città abbiamo tanti anziani: quanti figli e nipoti avrebbero la grazia di farsi “prossimo” oltre che familiari!

Le opere di misericordia sono sempre delle grazie sia che le riceva sia che le faccia!

Nei paesi dove avevo una casa mia ho sempre amato invitare a pranzo persone sole. Qualche volta si trattava di un povero che si vergognava di essere servito a pranzo in tale luogo. Certamente è stata sempre una gioia più grande per me che non per l’ospite.

E’ stata invece una sofferenza per me quella di non poter ospitare. Non potendolo fare, alcune volte ho dovuto accompagnare, comprare il panino o pagare bollette.

Alcune notti, scesi in strada per fare qualche passo con un senzatetto che dopo aver bevuto cantava a squarciagola a notte fonda: nonostante lo schiamazzo ammiravo la sua allegria e libertà. Quale pena quando seppi che Antonio era stato bruciato sul suo giaciglio! Non lo posso dimenticare!

Ricordo anche le visite mensili alle prigioni nei miei tre anni in Qatar: i controlli e i disagi per operai o imprenditori travolti da debiti e tenuti prigionieri lontano dalle loro patrie. Qualcuno di loro mi confidava di ringraziare il Signore perché proprio lì in prigione lo aveva conosciuto.

Quante volte invece ho perso occasioni d’oro! Quante volte mi sono girato dall’altra parte perché avevo fretta! Me lo sento già dire: “ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”.

Spesso ho pensato a “sopportare pazientemente le persone moleste” quando queste arrivano nelle ore meno indicate e danno fastidio non rispettando gli orari. “Essere petulanti, arrivare a tutte le ore, pretendere” sono categorie non posso più tollerare quando mi sono programmato quella vita ordinata di chi ha tutti i comfort!

Sarebbe forse il caso di richiamare che esiste una virtù che una volta chiamavano “pazienza”.

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