Costa d’Avorio | “Ubuntu: voglio aiutare la comunità che mi sta intorno a migliorare?”

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16 Agosto 2025

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Foto di padre Stefano Camerlengo

Dalla Costa d’Avorio, il nostro corrispondente p. Stefano Camerlengo, missionario della Consolata, sulla colonia di vacanze a Dianra e Sononzo

In questa settimana, dal 10 al 17 agosto, nella nostra parrocchia San Mukasa di Dianra Village, diocesi di Odienne, in Costa d’Avorio, stiamo celebrando la Colonia delle Vacanze con un buon gruppo di ragazzi e ragazze insieme a dei giovani animatori. Il tema che quest’anno abbiamo scelto è quello della Pace, considerando la situazione mondiale e anche le prossime elezioni presidenziali che sempre, purtroppo, oltre le minacce portano a delle violenze e complicazioni sociali.

Il gruppo dei ragazzi è proveniente in gran parte dalle famiglie della nostra parrocchia e anche da diversi nuclei di villaggi e comunità vicine. La giornata si svolge attorno ad un tema portante che viene spiegato nella preghiera iniziale e poi sviluppato lungo al giornata con incontri, lavori di gruppo, disegni, slogan, attività varie che aiutano a d entrare ed approfondire il tema.

Momento bello, oltre alla preghiera comunitaria e le diverse attività, è anche il mangiare insieme, che non fa parte della cultura tradizionale della nostra gente, di questa tribù dei Senufo.

In Africa, la parola che regna è il noi e tutto si svolge con la collaborazione di tutti, ma il mangiare è lasciato all’iniziativa personale e allo spirito creativo di ognuno. Non essendo abituati a mangiare insieme, il pasto è atteso con gioia e vissuto con molta solidarietà perché nessuno può lasciare affamato il suo fratellino o la sua sorellina più piccoli.

Un altro momento caratteristico è alla sera, dopo il saluto con tutti, dove la gioia della convivenza, dello stare assieme, si fa canto e danza ed allora tutte le qualità e la bellezza dei loro movimenti e della loro arte.

Certamente, la Colonia è un momento, non riesce a proporsi a tutti, ma chi ne fa parte cresce, impara e condivide. È l’UBUNTU, il NOI, che fa camminare e che, in alternativa a quanto la società propone, riesce a trovare un senso e a dare una direzione.

Ubuntu, se provassimo a tradurlo in italiano, potrebbe essere “io sono perché tu sei”, “una persona diventa umana attraverso altre persone”, “una persona è una persona a causa di altre persone”. Così si afferma la centralità della relazione umana dal punto di vista ontologico. Ma non v’è dubbio che chi è riuscito, forse meglio di altri, a spiegare il reale significato di questo concetto ancestrale, è stato l’ex presidente sudafricano e Nobel per la Pace, Nelson Mandela. “Una persona che viaggia attraverso il nostro Paese e si ferma in un villaggio non ha bisogno di chiedere cibo o acqua: subito la gente le offre del cibo, la intrattiene. Ecco, questo è un aspetto di Ubuntu, ma ce ne sono altri. Ubuntu non significa non pensare a sé stessi; significa piuttosto porsi la domanda: voglio aiutare la comunità che mi sta intorno a migliorare?”.

“Ubuntu!”. Una saggezza ancestrale che tutto comprende, dalla forte valenza evangelica e a cui il mondo globalizzato, quello degli affari e dello spread, dovrebbe guardare maggiormente con rispetto.

Credo che nel nostro piccolo stiamo ponendo dei mattoni per un mondo migliore, dove la pace sia vera e non parola vuota, dove i bambini e i ragazzi imparano a condividere senza problemi.

Grazie, padre Stefano alleluia!

Immagine

  • Foto di padre Stefano Camerlengo, IMC

Dalla Costa d’Avorio, il nostro corrispondente p. Stefano Camerlengo, missionario della Consolata, sulla colonia di vacanze a Dianra e Sononzo

In questa settimana, dal 10 al 17 agosto, nella nostra parrocchia San Mukasa di Dianra Village, diocesi di Odienne, in Costa d’Avorio, stiamo celebrando la Colonia delle Vacanze con un buon gruppo di ragazzi e ragazze insieme a dei giovani animatori. Il tema che quest’anno abbiamo scelto è quello della Pace, considerando la situazione mondiale e anche le prossime elezioni presidenziali che sempre, purtroppo, oltre le minacce portano a delle violenze e complicazioni sociali.

Il gruppo dei ragazzi è proveniente in gran parte dalle famiglie della nostra parrocchia e anche da diversi nuclei di villaggi e comunità vicine. La giornata si svolge attorno ad un tema portante che viene spiegato nella preghiera iniziale e poi sviluppato lungo al giornata con incontri, lavori di gruppo, disegni, slogan, attività varie che aiutano a d entrare ed approfondire il tema.

Momento bello, oltre alla preghiera comunitaria e le diverse attività, è anche il mangiare insieme, che non fa parte della cultura tradizionale della nostra gente, di questa tribù dei Senufo.

In Africa, la parola che regna è il noi e tutto si svolge con la collaborazione di tutti, ma il mangiare è lasciato all’iniziativa personale e allo spirito creativo di ognuno. Non essendo abituati a mangiare insieme, il pasto è atteso con gioia e vissuto con molta solidarietà perché nessuno può lasciare affamato il suo fratellino o la sua sorellina più piccoli.

Un altro momento caratteristico è alla sera, dopo il saluto con tutti, dove la gioia della convivenza, dello stare assieme, si fa canto e danza ed allora tutte le qualità e la bellezza dei loro movimenti e della loro arte.

Certamente, la Colonia è un momento, non riesce a proporsi a tutti, ma chi ne fa parte cresce, impara e condivide. È l’UBUNTU, il NOI, che fa camminare e che, in alternativa a quanto la società propone, riesce a trovare un senso e a dare una direzione.

Ubuntu, se provassimo a tradurlo in italiano, potrebbe essere “io sono perché tu sei”, “una persona diventa umana attraverso altre persone”, “una persona è una persona a causa di altre persone”. Così si afferma la centralità della relazione umana dal punto di vista ontologico. Ma non v’è dubbio che chi è riuscito, forse meglio di altri, a spiegare il reale significato di questo concetto ancestrale, è stato l’ex presidente sudafricano e Nobel per la Pace, Nelson Mandela. “Una persona che viaggia attraverso il nostro Paese e si ferma in un villaggio non ha bisogno di chiedere cibo o acqua: subito la gente le offre del cibo, la intrattiene. Ecco, questo è un aspetto di Ubuntu, ma ce ne sono altri. Ubuntu non significa non pensare a sé stessi; significa piuttosto porsi la domanda: voglio aiutare la comunità che mi sta intorno a migliorare?”.

“Ubuntu!”. Una saggezza ancestrale che tutto comprende, dalla forte valenza evangelica e a cui il mondo globalizzato, quello degli affari e dello spread, dovrebbe guardare maggiormente con rispetto.

Credo che nel nostro piccolo stiamo ponendo dei mattoni per un mondo migliore, dove la pace sia vera e non parola vuota, dove i bambini e i ragazzi imparano a condividere senza problemi.

Grazie, padre Stefano alleluia!

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