Festival della Missione | Il volto di… un fidei donum rientrato dal Congo

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12 Ottobre 2025

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Padre-Giovanni-Piumatti_Festival-missione-intervistato_spaziospadoni
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Padre Giovanni Piumatti, fd rientrato dal Congo

Direttamente da Torino, al Festival della Missione, una chiacchierata con padre Giovanni Piumatti, rientrato a Pinerolo dopo 50 anni nel Nord Kivu

Giovanni Piumatti è un sacerdote, un fidei donum della diocesi di Pinerolo rientrato dopo 50 anni in missione. Lì dov’era, a Muhanga, il villaggio che è cresciuto sotto i suoi occhi nel Nord Kivu, in Congo, tutti lo chiamavano padiri, cioè padre. Ecco perché anche noi di spazio + spadoni, che nel frattempo siamo diventati suoi amici, lo chiamiamo padre Giovanni e non “don”.

E’ oltretutto uno dei nostri autori, ha collaborato molto con il blog Mission offrendoci sempre preziosi contributi e nuovi punti di vista.

E anche questa volta non è da meno. La sua voce, fra le tante del Festival della Missione, non si confonde. Ma parla come sempre di un’Africa che vuole emergere, di un continente che ha il diritto di esserci.

1. Padre Giovanni, che cosa ti aspetti a conclusione di questo Festival?

Mi aspetto che, fra le tante notizie, si possa dare risalto anche all’Africa, che è la speranza di un mondo che invecchia sempre di più. Come potrebbe non esserlo un continente che al 50% è composto da giovani?
In realtà, l’Africa sarebbe anche nel presente se ci fosse il modo di incontrarla.

Come si incontra l’Africa?

Basterebbe essere meno disattenti e distratti, e  pronti ad informarsi, a documentarsi. Il fatto è che tanti fidei donum, rientrando, non hanno la possibilità di raccontare e raccontarsi, come se due mondi diversi non riuscissero a sintonizzarsi. In più, c’è bisogno che le parrocchie e le comunità diocesane recuperino l’energia e la vitalità missionaria; chi deve animare gli altri, a volte, va rianimato.

Il fatto è che l a stessa parola “missione” dice tutto e niente; è come se si fosse persa quella spinta alla missio ad gentes. Anche il fatto che ci si concentri tanto sull’Ucraina, Israele e Palestina, ecc. ignorando il più delle volte i conflitti dimenticati del Kivu, de Sudan, ecc. è un segnale. Dell’Africa, invece, si deve continuare a dire, a parlare: non solo rispetto ai conflitti e ai problemi sociali, ma anche per i suoi grandi valori. Come l’accoglienza, per esempio.

In questi giorni, in svariate forme, si è parlato molto di accoglienza, di prossimità con il fratello. Che cosa ha da insegnarci l’Africa riguardo a questo?

Moltissimo. Lì, la gente vive di poco ma condivide tutto quello che ha. Se qualcuno bussa alla porta, colui che è nel bisogno diventa subito l’ospite e la tavola, pur nella semplicità, si riempie. Il popolo africano riesce a mettere in pratica, senza sovrastrutture, ciò che dice Gesù: “Ero forestiero e mi avete accolto”, “Avevo fame e mi avete dato da mangiare”… Perché il Vangelo è immediatezza, a volte anche improvvisazione.

E le opere di misericordia in Africa, quindi?

Le opere di misericordia sono spontaneità e creatività. Sono espressione della generosità e della fede di un essere umano, di un popolo. Sono gesti che partono dal cuore e al cuore parlano.
Il rischio, invece, è che qui in Occidente le opere vengano troppo strutturate; la nostra Società e la nostra Chiesa dovrebbero forzare meno le cose. C’è troppa organizzazione e questa, alle volte, è a scapito della vita semplice di scambio, vicinanza, fraternità.

 

Un invito aperto

A Torino, dal 9 al 12 ottobre, ci troveremo dove la Missione accende il cuore.
Ti aspettiamo allo stand di spazio + spadoni, per incontrarci, conoscerci e continuare insieme a costruire un mondo di opere di misericordia che non conosce confini.

Festival della Missione – Piazza Castello, Torino
www.spaziospadoni.org
Segui il racconto su MISSION, tradotto in oltre 30 lingue.

Immagine

  • Immagine creata digitalmente da spazio + spadoni

Direttamente da Torino, al Festival della Missione, una chiacchierata con padre Giovanni Piumatti, rientrato a Pinerolo dopo 50 anni nel Nord Kivu

Giovanni Piumatti è un sacerdote, un fidei donum della diocesi di Pinerolo rientrato dopo 50 anni in missione. Lì dov’era, a Muhanga, il villaggio che è cresciuto sotto i suoi occhi nel Nord Kivu, in Congo, tutti lo chiamavano padiri, cioè padre. Ecco perché anche noi di spazio + spadoni, che nel frattempo siamo diventati suoi amici, lo chiamiamo padre Giovanni e non “don”.

E’ oltretutto uno dei nostri autori, ha collaborato molto con il blog Mission offrendoci sempre preziosi contributi e nuovi punti di vista.

E anche questa volta non è da meno. La sua voce, fra le tante del Festival della Missione, non si confonde. Ma parla come sempre di un’Africa che vuole emergere, di un continente che ha il diritto di esserci.

1. Padre Giovanni, che cosa ti aspetti a conclusione di questo Festival?

Mi aspetto che, fra le tante notizie, si possa dare risalto anche all’Africa, che è la speranza di un mondo che invecchia sempre di più. Come potrebbe non esserlo un continente che al 50% è composto da giovani?
In realtà, l’Africa sarebbe anche nel presente se ci fosse il modo di incontrarla.

Come si incontra l’Africa?

Basterebbe essere meno disattenti e distratti, e  pronti ad informarsi, a documentarsi. Il fatto è che tanti fidei donum, rientrando, non hanno la possibilità di raccontare e raccontarsi, come se due mondi diversi non riuscissero a sintonizzarsi. In più, c’è bisogno che le parrocchie e le comunità diocesane recuperino l’energia e la vitalità missionaria; chi deve animare gli altri, a volte, va rianimato.

Il fatto è che l a stessa parola “missione” dice tutto e niente; è come se si fosse persa quella spinta alla missio ad gentes. Anche il fatto che ci si concentri tanto sull’Ucraina, Israele e Palestina, ecc. ignorando il più delle volte i conflitti dimenticati del Kivu, de Sudan, ecc. è un segnale. Dell’Africa, invece, si deve continuare a dire, a parlare: non solo rispetto ai conflitti e ai problemi sociali, ma anche per i suoi grandi valori. Come l’accoglienza, per esempio.

In questi giorni, in svariate forme, si è parlato molto di accoglienza, di prossimità con il fratello. Che cosa ha da insegnarci l’Africa riguardo a questo?

Moltissimo. Lì, la gente vive di poco ma condivide tutto quello che ha. Se qualcuno bussa alla porta, colui che è nel bisogno diventa subito l’ospite e la tavola, pur nella semplicità, si riempie. Il popolo africano riesce a mettere in pratica, senza sovrastrutture, ciò che dice Gesù: “Ero forestiero e mi avete accolto”, “Avevo fame e mi avete dato da mangiare”… Perché il Vangelo è immediatezza, a volte anche improvvisazione.

E le opere di misericordia in Africa, quindi?

Le opere di misericordia sono spontaneità e creatività. Sono espressione della generosità e della fede di un essere umano, di un popolo. Sono gesti che partono dal cuore e al cuore parlano.
Il rischio, invece, è che qui in Occidente le opere vengano troppo strutturate; la nostra Società e la nostra Chiesa dovrebbero forzare meno le cose. C’è troppa organizzazione e questa, alle volte, è a scapito della vita semplice di scambio, vicinanza, fraternità.

 

Un invito aperto

A Torino, dal 9 al 12 ottobre, ci troveremo dove la Missione accende il cuore.
Ti aspettiamo allo stand di spazio + spadoni, per incontrarci, conoscerci e continuare insieme a costruire un mondo di opere di misericordia che non conosce confini.

Festival della Missione – Piazza Castello, Torino
www.spaziospadoni.org
Segui il racconto su MISSION, tradotto in oltre 30 lingue.

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  • Immagine creata digitalmente da spazio + spadoni
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Padre Giovanni Piumatti, fd rientrato dal Congo

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