Card. Pizzaballa: “Confido in tanti miti di cuore”

Card. Pizzaballa (Immagine creata digitalmente da spazio + spadoni)
Ieri, 22 settembre, a Roma, nella basilica di Santa Maria in Trastevere, si è tenuta la veglia “Pace per Gaza”, promossa dalla Comunità di Sant’Egidio insieme a numerose associazioni e movimenti cattolici
In collegamento video, il patriarca latino di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa ha rivolto parole che toccano il cuore, non soltanto dei credenti, ma di chiunque sia sensibile alla sofferenza umana.
La testimonianza di Pizzaballa rivela alcune verità dolorose, ma porta con sé anche una speranza radicale che merita di essere meditata con cura.
Il peso della ferita
Pizzaballa non nasconde la propria sofferenza: “Siamo affranti, profondamente feriti da quello che stiamo vivendo, dal clima di odio… un circolo vizioso che non si riesce a spezzare.”
Queste parole evidenziano quanto la violenza non sia un fatto astratto, ma un’esperienza vissuta, intima, capace di scavare dentro l’anima di chi la subisce, ma anche di chi ne è spettatore. La sofferenza non è solo fisica, non è solo perdita: è quella sensazione di impotenza davanti a un male che sembra non avere fine, che si nutre dell’odio e genera altro odio. È una ferita che si propaga nel tempo, nei cuori, nelle comunità.
“Abbiamo lasciato il campo agli estremisti”
Un’altra confessione forte da parte del patriarca: “Abbiamo lasciato il campo a tanti estremisti dall’una e dall’altra parte.”
Cosa significa questo? Significa che, in assenza di chi interpella con decisione la ragione, la compassione, il dialogo, lo spazio viene occupato da chi grida più forte, da chi esaspera la divisione, da chi si nutre di paura e risentimento. E significa che il bene, la pace, la giustizia, devono essere non solo proclamati – ma difesi attivamente, coltivati, protetti.
Non basta non essere estremisti: bisogna essere miti, secondo Pizzaballa, “miti di cuore”, persone che fanno la giustizia anche pagando un prezzo, che testimoniano la verità con amore verso tutti.
La speranza nella “mitezza”
Qui sta forse la parte più sorprendente e più feconda del suo messaggio: la proposta della “mitezza” non come debolezza, ma come forza che può trasformare. Pizzaballa invita a “fare la giustizia, fare la verità con amore verso tutti.”
La mitezza non è silenzio, non è resa: è scelta consapevole di non riprodurre la violenza con altra violenza, virtù che richiede coraggio, pazienza, sacrificio. In un’epoca in cui spesso domina il linguaggio della potenza, della vendetta, del “noi contro gli altri”, parlare di mitezza è quasi un contrappasso, una sfida radicale.
Quali riflessioni per noi oggi
La testimonianza di Pizzaballa, in questa veglia, non è una mera denuncia, né un messaggio consolatorio superficiale: è uno specchio che ci obbliga a chiederci:
- Dove stiamo lasciando “campo” agli estremisti, alle parole violente, all’indifferenza? Nei discorsi, nei media, nella vita quotidiana: in che modo contribuiamo noi a quel clima di odio che Pizzaballa denuncia?
- Quali sono le nostre vie concrete di giustizia e di verità con amore? Non bastano intenzioni generiche: serve coraggio concreto: nella solidarietà, nell’attenzione verso i più fragili, nel sostenere chi cerca pace, nell’impegno per il diritto internazionale, per la dignità di ogni persona.
- In che modo coltiviamo dentro di noi la mitezza, come virtù attiva? Saper ascoltare, saper rinunciare al desiderio di sopraffazione, alla logica del contro, alla rabbia che divora.
- Cosa possiamo imparare dal passato e dalle esperienze della Terra Santa, luogo in cui Pizzaballa vive e opera, e che porta dentro enormi tensioni, divisioni, ma anche una testimonianza storica potente di coabitazione, di dialogo, di fede che resiste?
Conclusione: la pace
- Pace non significa solo assenza di guerra, ma presenza concreta di giustizia, bellezza, riconoscimento reciproco.
- Pace richiede che ciascuno, nel proprio spazio, nel proprio quotidiano, diventi testimone di ciò che Pizzaballa chiama “mitezza”, non come rinuncia, ma come profonda responsabilità.
- Solo così, forse, potremo essere pronti quando “il linguaggio della forza” fallirà, per edificare un futuro in cui tutti – israeliani e palestinesi, ebrei, cristiani, musulmani – possano condividere non solo la terra, ma la speranza.
Fonte
Immagine
- Immagine creata digitalmente da spazio + spadoni
Ieri, 22 settembre, a Roma, nella basilica di Santa Maria in Trastevere, si è tenuta la veglia “Pace per Gaza”, promossa dalla Comunità di Sant’Egidio insieme a numerose associazioni e movimenti cattolici
In collegamento video, il patriarca latino di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa ha rivolto parole che toccano il cuore, non soltanto dei credenti, ma di chiunque sia sensibile alla sofferenza umana.
La testimonianza di Pizzaballa rivela alcune verità dolorose, ma porta con sé anche una speranza radicale che merita di essere meditata con cura.
Il peso della ferita
Pizzaballa non nasconde la propria sofferenza: “Siamo affranti, profondamente feriti da quello che stiamo vivendo, dal clima di odio… un circolo vizioso che non si riesce a spezzare.”
Queste parole evidenziano quanto la violenza non sia un fatto astratto, ma un’esperienza vissuta, intima, capace di scavare dentro l’anima di chi la subisce, ma anche di chi ne è spettatore. La sofferenza non è solo fisica, non è solo perdita: è quella sensazione di impotenza davanti a un male che sembra non avere fine, che si nutre dell’odio e genera altro odio. È una ferita che si propaga nel tempo, nei cuori, nelle comunità.
“Abbiamo lasciato il campo agli estremisti”
Un’altra confessione forte da parte del patriarca: “Abbiamo lasciato il campo a tanti estremisti dall’una e dall’altra parte.”
Cosa significa questo? Significa che, in assenza di chi interpella con decisione la ragione, la compassione, il dialogo, lo spazio viene occupato da chi grida più forte, da chi esaspera la divisione, da chi si nutre di paura e risentimento. E significa che il bene, la pace, la giustizia, devono essere non solo proclamati – ma difesi attivamente, coltivati, protetti.
Non basta non essere estremisti: bisogna essere miti, secondo Pizzaballa, “miti di cuore”, persone che fanno la giustizia anche pagando un prezzo, che testimoniano la verità con amore verso tutti.
La speranza nella “mitezza”
Qui sta forse la parte più sorprendente e più feconda del suo messaggio: la proposta della “mitezza” non come debolezza, ma come forza che può trasformare. Pizzaballa invita a “fare la giustizia, fare la verità con amore verso tutti.”
La mitezza non è silenzio, non è resa: è scelta consapevole di non riprodurre la violenza con altra violenza, virtù che richiede coraggio, pazienza, sacrificio. In un’epoca in cui spesso domina il linguaggio della potenza, della vendetta, del “noi contro gli altri”, parlare di mitezza è quasi un contrappasso, una sfida radicale.
Quali riflessioni per noi oggi
La testimonianza di Pizzaballa, in questa veglia, non è una mera denuncia, né un messaggio consolatorio superficiale: è uno specchio che ci obbliga a chiederci:
- Dove stiamo lasciando “campo” agli estremisti, alle parole violente, all’indifferenza? Nei discorsi, nei media, nella vita quotidiana: in che modo contribuiamo noi a quel clima di odio che Pizzaballa denuncia?
- Quali sono le nostre vie concrete di giustizia e di verità con amore? Non bastano intenzioni generiche: serve coraggio concreto: nella solidarietà, nell’attenzione verso i più fragili, nel sostenere chi cerca pace, nell’impegno per il diritto internazionale, per la dignità di ogni persona.
- In che modo coltiviamo dentro di noi la mitezza, come virtù attiva? Saper ascoltare, saper rinunciare al desiderio di sopraffazione, alla logica del contro, alla rabbia che divora.
- Cosa possiamo imparare dal passato e dalle esperienze della Terra Santa, luogo in cui Pizzaballa vive e opera, e che porta dentro enormi tensioni, divisioni, ma anche una testimonianza storica potente di coabitazione, di dialogo, di fede che resiste?
Conclusione: la pace
- Pace non significa solo assenza di guerra, ma presenza concreta di giustizia, bellezza, riconoscimento reciproco.
- Pace richiede che ciascuno, nel proprio spazio, nel proprio quotidiano, diventi testimone di ciò che Pizzaballa chiama “mitezza”, non come rinuncia, ma come profonda responsabilità.
- Solo così, forse, potremo essere pronti quando “il linguaggio della forza” fallirà, per edificare un futuro in cui tutti – israeliani e palestinesi, ebrei, cristiani, musulmani – possano condividere non solo la terra, ma la speranza.
Fonte
Immagine
- Immagine creata digitalmente da spazio + spadoni

Card. Pizzaballa (Immagine creata digitalmente da spazio + spadoni)