Operatori umanitari | Tutelare e ricordare chi porta soccorso nel mondo

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20 Agosto 2025

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Operazione.umanitaria-Siria

Ieri, 19 agosto, si è celebrata la Giornata mondiale dell’aiuto umanitario e Caritas Internationalis lancia un appello

La Giornata istituita dalle Nazioni Unite in memoria dell’attentato del 2003 contro la sede Onu di Baghdad, dove persero la vita 22 persone tra cui l’inviato speciale Sergio Vieira de Mello, assume ogni anno un significato profondo.

È un momento per riflettere sul coraggio e sul sacrificio degli operatori umanitari, spesso bersaglio di violenza solo perché portano aiuto nei luoghi più devastati del pianeta

Sempre più vittime tra gli operatori umanitari

Secondo Caritas Internationalis, nel 2024 più di 380 operatori umanitari hanno perso la vita in 20 Paesi diversi durante le loro missioni. E la situazione sembra peggiorare: nei primi cinque mesi del 2025, almeno 128 operatori sono stati uccisi in 17 contesti di crisi.

Alistair Dutton, Segretario Generale di Caritas Internationalis, sottolinea quanto sia radicata nel quotidiano la realtà della violenza in cui operano migliaia di operatori: “per il personale di Caritas che lavora in prima linea nei conflitti, questa è la realtà quotidiana del proprio lavoro”.

L’invito, quindi, è semplice e potente: fermiamoci un istante, chiediamoci cosa possiamo fare noi — e cosa possono fare i nostri governi — per proteggere chi rischia la vita per salvare gli altri.

Caritas chiede ai governi un impegno chiaro e concreto per porre fine all’impunità per gli attacchi a operatori e civili e per garantire l’effettiva applicazione del diritto internazionale umanitario. Citando il recente intervento di papa Leone XIV, l’organizzazione denuncia l’allarmante indebolimento di questi principi fondamentali, sostituiti da pretesi “diritti” esercitati con la forza.

Volti e nomi che restano: omaggio agli eroi caduti

Nel commemorare le vittime, un ricordo va a Viola Al Amash e Issam Abedrabbo, operatori di Caritas Gerusalemme, e ad altri colleghi caduti a Mariupol (Ucraina) e in Niger. Ricordare questi nomi significa “non solo onorarli, ma soprattutto agire”.

Fonte e immagine

Ieri, 19 agosto, si è celebrata la Giornata mondiale dell’aiuto umanitario e Caritas Internationalis lancia un appello

La Giornata istituita dalle Nazioni Unite in memoria dell’attentato del 2003 contro la sede Onu di Baghdad, dove persero la vita 22 persone tra cui l’inviato speciale Sergio Vieira de Mello, assume ogni anno un significato profondo.

È un momento per riflettere sul coraggio e sul sacrificio degli operatori umanitari, spesso bersaglio di violenza solo perché portano aiuto nei luoghi più devastati del pianeta

Sempre più vittime tra gli operatori umanitari

Secondo Caritas Internationalis, nel 2024 più di 380 operatori umanitari hanno perso la vita in 20 Paesi diversi durante le loro missioni. E la situazione sembra peggiorare: nei primi cinque mesi del 2025, almeno 128 operatori sono stati uccisi in 17 contesti di crisi.

Alistair Dutton, Segretario Generale di Caritas Internationalis, sottolinea quanto sia radicata nel quotidiano la realtà della violenza in cui operano migliaia di operatori: “per il personale di Caritas che lavora in prima linea nei conflitti, questa è la realtà quotidiana del proprio lavoro”.

L’invito, quindi, è semplice e potente: fermiamoci un istante, chiediamoci cosa possiamo fare noi — e cosa possono fare i nostri governi — per proteggere chi rischia la vita per salvare gli altri.

Caritas chiede ai governi un impegno chiaro e concreto per porre fine all’impunità per gli attacchi a operatori e civili e per garantire l’effettiva applicazione del diritto internazionale umanitario. Citando il recente intervento di papa Leone XIV, l’organizzazione denuncia l’allarmante indebolimento di questi principi fondamentali, sostituiti da pretesi “diritti” esercitati con la forza.

Volti e nomi che restano: omaggio agli eroi caduti

Nel commemorare le vittime, un ricordo va a Viola Al Amash e Issam Abedrabbo, operatori di Caritas Gerusalemme, e ad altri colleghi caduti a Mariupol (Ucraina) e in Niger. Ricordare questi nomi significa “non solo onorarli, ma soprattutto agire”.

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