Vi racconto la mia vita missionaria (III parte)

Immagine creata digitalmente da spazio + spadoni
Pubblichiamo la terza parte della testimonianza missionaria di p. Stefano Camerlengo, della Consolata, che ora ci scrive dalla Costa d’Avorio
3/3
L’esodo e il pastore
Dopo tre giorni, è arrivata la notizia che i soldati di Kabila avrebbero bombardato la nostra zona; allora, la gente ha cominciato a fuggire all’impazzata verso il fondovalle.
Il tutto è avvenuto in maniera precipitosa, senza avere la possibilità di pianificare niente. Ho preso uno zainetto con quattro documenti dentro e niente altro, né cibo, né biancheria e siamo andati con la gente. C’era una fiumana di persone che scendeva la collina, ciascuno si tirava dietro i bambini, una pentola, due stracci… altro che esodo!
Dovevamo attraversare i posti di blocco militari e ogni volta mi hanno minacciato e molestato più degli altri. Poi non so cosa sia successo, ma mi sono ritrovato in ginocchio sulla strada con un mitra puntato alla testa. Ce l’avevano coi i bianchi (i soldati regolari): «Voi preti avete aperto le chiese, avete accolto i ribelli …». In effetti erano entrati anche nelle nostre chiese, ma quando ti trovi tremila soldati armati, cosa fai? A quel punto rimasi muto d’incredulità, di stordimento, di paura. E poi mi è entrata una grande pace. Non so quanto sono rimasto in quella posizione, un minuto o un’eternità. So solo che quando ho riaperto gli occhi non ho visto più nessuno e allora ho rincorso la gente e ho continuato il mio esodo, sentendomi… risorto!
Tre giorni dopo, era domenica, quando il bombardamento è cessato, c’è stato un momento molto toccante. La gente mi si avvicinava per dirmi: «Grazie padre, perché sei rimasto con noi» e tante altre parole di amicizia e solidarietà. E poi i confratelli che mi cercavano, insomma è stato un bellissimo re incontrarci.
Lunedì mattina, ho preso il coraggio a due mani e ho deciso di tornare alla casa. Mi sono messo in cammino con i tre seminaristi e alcuni amici e, come per miracolo, la gente in massa si è accodata camminando dietro di noi. Più salivamo la collina e più la processione si ingrossava. Se il venerdì la nostra è stato una discesa drammatica, il lunedì è stato un rientro glorioso, pieno di speranza.
Il missionario oggi
Non è facile oggi, nel mondo attuale, guidare un istituto internazionale come il nostro. Saper leggere il segno dei tempi a livello mondiale ed essere profetici per il futuro. Più che certezze, in effetti, mi porto dietro dei desideri:
1. Che tutto sia fatto in nome della missione, in altre parole, che si possa mettere la missione sempre e comunque al primo posto.
2. Che ogni decisione, anche se dolorosa, sia presa nel rispetto delle persone, sia dei missionari, sia della gente locale.
3. Che coloro che camminano con più fatica siano i nostri «preferiti».
4. Che si impari a essere più positivi che negativi, sempre e comunque portatori di speranza in mezzo a tanta disperazione.
Il ruolo del missionario oggi è cambiato, perché la società, la chiesa, il mondo sono cambiati e stanno vivendo un profondo processo di trasformazione.
Il missionario deve essere un «ponte» tra le culture e, soprattutto, tra chiesa e società in mutazione. Una società con la quale la nostra azione deve confrontarsi, che non deve essere vista come la «bestia» da combattere, ma come realtà da capire e luogo «dello spirito», dove Dio parla ancora a uomini e donne.
Un altro servizio che vedo per il missionario oggi è quello di richiamare l’attenzione sulla presenza, spesso volutamente dimenticata, di coloro che rimangono ai margini della società e, talvolta, anche della nostra chiesa. Il missionario deve mantenere viva l’attenzione all’altro.
Infine, un aspetto che mi sembra importante per il missionario moderno è il suo impegno a proporre cammini di speranza, lavorando in rete con tutti quelli che cercano di costruire un mondo migliore.
Grazie per la pazienza nel leggermi, grazie per il dono grande della missione e della gente.
Mi auguro che con questo scritto possa aiutare a guardare all’altro come un fratello, una sorella, in cammino con me, con te sulle strade della vita!
A tutti e ad ognuno: coraggio e avanti in Domino!
(Fine terza parte)
Immagini
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Pubblichiamo la terza parte della testimonianza missionaria di p. Stefano Camerlengo, della Consolata, che ora ci scrive dalla Costa d’Avorio
3/3
L’esodo e il pastore
Dopo tre giorni, è arrivata la notizia che i soldati di Kabila avrebbero bombardato la nostra zona; allora, la gente ha cominciato a fuggire all’impazzata verso il fondovalle.
Il tutto è avvenuto in maniera precipitosa, senza avere la possibilità di pianificare niente. Ho preso uno zainetto con quattro documenti dentro e niente altro, né cibo, né biancheria e siamo andati con la gente. C’era una fiumana di persone che scendeva la collina, ciascuno si tirava dietro i bambini, una pentola, due stracci… altro che esodo!
Dovevamo attraversare i posti di blocco militari e ogni volta mi hanno minacciato e molestato più degli altri. Poi non so cosa sia successo, ma mi sono ritrovato in ginocchio sulla strada con un mitra puntato alla testa. Ce l’avevano coi i bianchi (i soldati regolari): «Voi preti avete aperto le chiese, avete accolto i ribelli …». In effetti erano entrati anche nelle nostre chiese, ma quando ti trovi tremila soldati armati, cosa fai? A quel punto rimasi muto d’incredulità, di stordimento, di paura. E poi mi è entrata una grande pace. Non so quanto sono rimasto in quella posizione, un minuto o un’eternità. So solo che quando ho riaperto gli occhi non ho visto più nessuno e allora ho rincorso la gente e ho continuato il mio esodo, sentendomi… risorto!
Tre giorni dopo, era domenica, quando il bombardamento è cessato, c’è stato un momento molto toccante. La gente mi si avvicinava per dirmi: «Grazie padre, perché sei rimasto con noi» e tante altre parole di amicizia e solidarietà. E poi i confratelli che mi cercavano, insomma è stato un bellissimo re incontrarci.
Lunedì mattina, ho preso il coraggio a due mani e ho deciso di tornare alla casa. Mi sono messo in cammino con i tre seminaristi e alcuni amici e, come per miracolo, la gente in massa si è accodata camminando dietro di noi. Più salivamo la collina e più la processione si ingrossava. Se il venerdì la nostra è stato una discesa drammatica, il lunedì è stato un rientro glorioso, pieno di speranza.
Il missionario oggi
Non è facile oggi, nel mondo attuale, guidare un istituto internazionale come il nostro. Saper leggere il segno dei tempi a livello mondiale ed essere profetici per il futuro. Più che certezze, in effetti, mi porto dietro dei desideri:
1. Che tutto sia fatto in nome della missione, in altre parole, che si possa mettere la missione sempre e comunque al primo posto.
2. Che ogni decisione, anche se dolorosa, sia presa nel rispetto delle persone, sia dei missionari, sia della gente locale.
3. Che coloro che camminano con più fatica siano i nostri «preferiti».
4. Che si impari a essere più positivi che negativi, sempre e comunque portatori di speranza in mezzo a tanta disperazione.
Il ruolo del missionario oggi è cambiato, perché la società, la chiesa, il mondo sono cambiati e stanno vivendo un profondo processo di trasformazione.
Il missionario deve essere un «ponte» tra le culture e, soprattutto, tra chiesa e società in mutazione. Una società con la quale la nostra azione deve confrontarsi, che non deve essere vista come la «bestia» da combattere, ma come realtà da capire e luogo «dello spirito», dove Dio parla ancora a uomini e donne.
Un altro servizio che vedo per il missionario oggi è quello di richiamare l’attenzione sulla presenza, spesso volutamente dimenticata, di coloro che rimangono ai margini della società e, talvolta, anche della nostra chiesa. Il missionario deve mantenere viva l’attenzione all’altro.
Infine, un aspetto che mi sembra importante per il missionario moderno è il suo impegno a proporre cammini di speranza, lavorando in rete con tutti quelli che cercano di costruire un mondo migliore.
Grazie per la pazienza nel leggermi, grazie per il dono grande della missione e della gente.
Mi auguro che con questo scritto possa aiutare a guardare all’altro come un fratello, una sorella, in cammino con me, con te sulle strade della vita!
A tutti e ad ognuno: coraggio e avanti in Domino!
(Fine terza parte)
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