“Come missionario, ascolto in silenzio queste storie”
Da Casablanca (Marocco), il missionario scalabriniano padre Renato Zilio in ascolto delle storie dei giovani migranti
(di p. Renato Zilio)
Il telefono riprendeva continuamente a squillare, ma inutili le sue rassicurazioni. Alla fine, in pieno deserto, lo spense del tutto. Dall’altro lato, la mamma continuava a implorarlo: “il deserto non è buono, figlio mio!” Thierno, 15 anni, partito di notte dal suo villaggio in Guinea con un amico, solo passata la frontiera aveva avvertito la mamma della fuga. Il suo coraggio superava l’affetto. Gli farà attraversare tutto il Mali, poi l’ Algeria, tra deserti e frontiere. Ora in Marocco, la frontiera è quella tremenda e insuperabile con la Spagna.
Voilà, i combattenti di oggi, mi dico. Lottano non per la morte, ma per la vita. Sono centinaia e centinaia di giovani subsahariani, a volte adolescenti, bloccati in Marocco, come in guerra per il loro futuro.
Ed è una vera odissea. Sì, un “parcours de combattent”, dove morte e vita si intrecciano, si confondono, si annullano. Questi ragazzi subiscono violenze, umiliazioni, stress, fame e sete. E resistono.
Nonostante tutto, il loro sogno rimane intatto: l’Europa, inchallah. Mamadou, quante volte hai tentato di assaltare in questi due anni la barriera di sette metri a Ceuta? “Quarantasette!”, vi risponderà, immediato.
Moussa, 17enne senegalese, mi racconta il suo calvario. “In pieno deserto tra Mali e Algeria, rottasi la jeep, siamo rimasti due settimane senza cibo, senza acqua, e c’erano anche bambini di 10 anni.” “Deux se-mai-nes”, mi ripete, sillabando. E riprende: “Tra l’Algeria e Marocco, invece, siamo rimasti una settimana e due giorni senza mangiare, senza scarpe, con il gran freddo alla notte e al telefono sentivo il pianto dei miei genitori”. Esperienze tremende, incancellabili dalla memoria.
Come missionario, ascolto in silenzio queste storie. Mi piange il cuore. Storie di sofferenze più grandi di loro.
Li accogliamo in parrocchia, più di duecento alla settimana, questi giovani, per dei semplici momenti di umanità: del cibo, delle medicazioni, qualche soldo per il trasporto, dei vestiti.
Sono musulmani, la strada del loro esodo è come segnata da Dio: una fede cieca, incrollabile li sostiene. E la loro famiglia, laggiù, in ansia e in preghiera. Sì, una resilienza a tutta prova. Proprio ieri, Ibrahim mi chiedeva aiuto con il braccio che penzolava inerte, spezzato alla frontiera, dopo una caduta. L’ ospedale di Tangeri glielo aveva semplicemente fasciato con una garza e niente più.
In questi mesi di Giubileo vorremmo poter offrire loro un migliaio di scatole di sardine alla settimana, in modo che il loro unico pasto al giorno sia assicurato. Non potete immaginate la loro gioia per un regalo così provvidenziale, che adorano.
Aiutateci a realizzarlo. Inutilmente, con insistenza ci chiedono un lavoro da fare. Lontani da casa, dal loro nido, dai loro affetti, la loro vita è dura, per davvero.
Sì, gioventù coraggiosa: solo Dio li tiene per mano. Per noi l’ occasione di una solidarietà semplice, umana con questo pezzo di umanità, carico di speranza e di disperazione, allo stesso tempo. È questo il sapore autentico di un Giubileo.
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Se desiderate partecipare a questo progetto di solidarietà:
IBAN FR76 3000 4025 0300 0100 8585 387 EGLISE CATHOLIQUE AU MAROC Causale: “SARDINES DU JUBILÉ”.
Grazie di cuore. DIO vi ricompensi!
Fonte e immagine
- Testo e foto di p. Renato Zilio