Il cuore grande e misericordioso dei “piccoli”

il: 

2 Luglio 2025

di: 

generosità

Dal nostro padre Giovanni Piumatti, un ricordo sulla generosità dei poveri del Kivu. Gesti semplici, come le opere di misericordia

Giovedì, una mattina come tante altre, anzi come tutte le altre. Ho dato uno sguardo veloce a due giornali italiani, su internet; poi ho letto il brano di vangelo che ci viene proposto alla Messa. Scendo dalla nostra collina per risalire quella che va verso l’ospedaletto e il salone-chiesa.

Una bimbetta di 4-5 anni scende portando un cestino visibilmente pesante, è stata dalla mamma ricoverata.
Una donna anziana sale con me, con sulla schiena un fagotto: guardando la sagoma dell’involucro intuisco che dentro ci sono grosse pietre. Difatti me lo conferma lei: “porto le pietre al dispensario, poi vengo an ch’io a Messa”. Quella mamma la conosco, ma non so come si chiama.

Vogliamo costruire ancora un reparto, e stiamo cercando di organizzare il meglio possibile la gestione dell’ospedaletto, con le forze che abbiamo. Quando questa donna verrà a farsi curare, e le presenteranno la fattura da pagare, purtroppo molti altri non sapranno il suo nome, e molti di più non ricorderanno queste pietre bagnate di sudore e di preghiere. Capita anche in Africa…

Alla Messa condivido qualche commento sul Vangelo: – “perché parli in parabole…? Chiedono a Gesù. – “perché, … a voi è dato di conoscere, a loro, no.” E poi spiega chi sono i “voi”, e chi sono “loro”. “Voi, cioè i piccoli, la gente semplice, con cuore aperto, quelli che sono legati alla vita più che alle cattedre e ai canoni. “Loro”, cioè i grandi, quelli che si sentono intelligenti, che si sentono potenti, quelli che sanno sentenziare su tutto e fanno le leggi per tutti.

Dio parla con parabole, con esempi, con i gesti quotidiani… non con discorsi e ragionamenti complicati. E allora ho pensato a quella mamma con le pietre sulla schiena ed alla bimbetta di 5 anni che porta un po’ di cibo alla mamma ricoverata.
Mentre parlavo, io ero dritto in piedi e vedevo davanti a me proprio loro, “i piccoli”. Ed ho visto Sokoni, seduto lì sulla terza panca. Immediatamente mi è venuto un ricordo.

L’anno scorso, più di cento famiglie si erano riversate a Muhanga, perché i ribelli armati divenuti di nuovo insopportabili razziavano nei dintorni e nei campi; nessun centro di accoglienza, né centro di ascolto, ma si aprirono le capanne. Decidemmo allora di andare presto a Butembo (a 150 km) per comprare qualche coperta.
Marcelina disse che, se qualcuno intanto aveva qualcosa, poteva metterlo a disposizione. Ricordo bene proprio Sokoni, con la più grande semplicità disse: “a casa ho una coperta, la vado a prendere”. Ve l’assicuro, non si trattava di una coperta ben ripiegata, conservata dentro l’armadio con naftalina.

Dio parla in parabole, con fatti vivi: la coperta di Sokoni, una bimba che entra nella vita con serietà, una capanna aperta, una mamma che trasporta pietre e non rivendica diritti o sicurezze, né chiede altri fucili e altro sangue.

Benjamin Franklin, che inventò il parafulmine, conosceva il pericolo dei fulmini e si industriò per prevenirli e neutralizzarli, senza bisogno di sparare altri fulmini. Pensiamoci bene, prima di invocare catene, muri e fucili.

Fonte

  • P. Giovanni Piumatti, Muhanga. Parole e storie d’Africa, pp. 408-409.

Immagine

  • Foto di p. Giovanni Piumatti

Dal nostro padre Giovanni Piumatti, un ricordo sulla generosità dei poveri del Kivu. Gesti semplici, come le opere di misericordia

Giovedì, una mattina come tante altre, anzi come tutte le altre. Ho dato uno sguardo veloce a due giornali italiani, su internet; poi ho letto il brano di vangelo che ci viene proposto alla Messa. Scendo dalla nostra collina per risalire quella che va verso l’ospedaletto e il salone-chiesa.

Una bimbetta di 4-5 anni scende portando un cestino visibilmente pesante, è stata dalla mamma ricoverata.
Una donna anziana sale con me, con sulla schiena un fagotto: guardando la sagoma dell’involucro intuisco che dentro ci sono grosse pietre. Difatti me lo conferma lei: “porto le pietre al dispensario, poi vengo an ch’io a Messa”. Quella mamma la conosco, ma non so come si chiama.

Vogliamo costruire ancora un reparto, e stiamo cercando di organizzare il meglio possibile la gestione dell’ospedaletto, con le forze che abbiamo. Quando questa donna verrà a farsi curare, e le presenteranno la fattura da pagare, purtroppo molti altri non sapranno il suo nome, e molti di più non ricorderanno queste pietre bagnate di sudore e di preghiere. Capita anche in Africa…

Alla Messa condivido qualche commento sul Vangelo: – “perché parli in parabole…? Chiedono a Gesù. – “perché, … a voi è dato di conoscere, a loro, no.” E poi spiega chi sono i “voi”, e chi sono “loro”. “Voi, cioè i piccoli, la gente semplice, con cuore aperto, quelli che sono legati alla vita più che alle cattedre e ai canoni. “Loro”, cioè i grandi, quelli che si sentono intelligenti, che si sentono potenti, quelli che sanno sentenziare su tutto e fanno le leggi per tutti.

Dio parla con parabole, con esempi, con i gesti quotidiani… non con discorsi e ragionamenti complicati. E allora ho pensato a quella mamma con le pietre sulla schiena ed alla bimbetta di 5 anni che porta un po’ di cibo alla mamma ricoverata.
Mentre parlavo, io ero dritto in piedi e vedevo davanti a me proprio loro, “i piccoli”. Ed ho visto Sokoni, seduto lì sulla terza panca. Immediatamente mi è venuto un ricordo.

L’anno scorso, più di cento famiglie si erano riversate a Muhanga, perché i ribelli armati divenuti di nuovo insopportabili razziavano nei dintorni e nei campi; nessun centro di accoglienza, né centro di ascolto, ma si aprirono le capanne. Decidemmo allora di andare presto a Butembo (a 150 km) per comprare qualche coperta.
Marcelina disse che, se qualcuno intanto aveva qualcosa, poteva metterlo a disposizione. Ricordo bene proprio Sokoni, con la più grande semplicità disse: “a casa ho una coperta, la vado a prendere”. Ve l’assicuro, non si trattava di una coperta ben ripiegata, conservata dentro l’armadio con naftalina.

Dio parla in parabole, con fatti vivi: la coperta di Sokoni, una bimba che entra nella vita con serietà, una capanna aperta, una mamma che trasporta pietre e non rivendica diritti o sicurezze, né chiede altri fucili e altro sangue.

Benjamin Franklin, che inventò il parafulmine, conosceva il pericolo dei fulmini e si industriò per prevenirli e neutralizzarli, senza bisogno di sparare altri fulmini. Pensiamoci bene, prima di invocare catene, muri e fucili.

Fonte

  • P. Giovanni Piumatti, Muhanga. Parole e storie d’Africa, pp. 408-409.

Immagine

  • Foto di p. Giovanni Piumatti
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