Seppellire i morti in tempi di guerra

Missioni Consolata pubblica l’appello al disarmo di Luca Lorusso: «Fratelli, dico a voi, alzatevi!». Solidarietà alle madri che piangono i figli
Eravamo vicini alla città di Nain, non distanti da Nazareth, nel Nord della terra di Israele. Gerusalemme distava 130 chilometri a Sud, Gaza 170. Camminavamo con lui e una grande folla.
Quando arrivammo alla porta della città, ecco, «veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei» (Lc 7,11-15).
Il Signore vide la donna e si fermò per domandare di lei alla gente. Saputo quello che le accadeva, fu preso da grande compassione, le si accostò «e le disse: “Non piangere!”. Si avvicinò e toccò la bara,
mentre i portatori si fermarono. Poi disse: “Ragazzo, dico a te, àlzati!”. Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre».
Poi Gesù si girò verso di noi, e ci guardò con la stessa compassione.
Anche noi piangevamo, e lui sapeva che avremmo pianto ancora, per causa della morte, e per le cause delle morti.
Avremmo vissuto il lutto quando la morte sarebbe arrivata, accompagnata, volta per volta, dai nomi e cognomi dei carnefici, sferrata tramite le armi, la fame e la sete, la sottrazione di cure e del minimo per conservare la vita.
Si avvicinò e ci toccò, uno per uno, mentre la nostra angoscia si fermava, la nostra corsa verso l’odio si arrestava.
E ci disse: «Fratelli, dico a voi, alzatevi!».
Poi ci indicò con il dito il Sud dove altre donne e uomini piangevano sui corpi dei loro figli.
Guardò la folla intorno, e aggiunse: «Fate questo in memoria di me».
Fonte
Immagine
Missioni Consolata pubblica l’appello al disarmo di Luca Lorusso: «Fratelli, dico a voi, alzatevi!». Solidarietà alle madri che piangono i figli
Eravamo vicini alla città di Nain, non distanti da Nazareth, nel Nord della terra di Israele. Gerusalemme distava 130 chilometri a Sud, Gaza 170. Camminavamo con lui e una grande folla.
Quando arrivammo alla porta della città, ecco, «veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei» (Lc 7,11-15).
Il Signore vide la donna e si fermò per domandare di lei alla gente. Saputo quello che le accadeva, fu preso da grande compassione, le si accostò «e le disse: “Non piangere!”. Si avvicinò e toccò la bara,
mentre i portatori si fermarono. Poi disse: “Ragazzo, dico a te, àlzati!”. Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre».
Poi Gesù si girò verso di noi, e ci guardò con la stessa compassione.
Anche noi piangevamo, e lui sapeva che avremmo pianto ancora, per causa della morte, e per le cause delle morti.
Avremmo vissuto il lutto quando la morte sarebbe arrivata, accompagnata, volta per volta, dai nomi e cognomi dei carnefici, sferrata tramite le armi, la fame e la sete, la sottrazione di cure e del minimo per conservare la vita.
Si avvicinò e ci toccò, uno per uno, mentre la nostra angoscia si fermava, la nostra corsa verso l’odio si arrestava.
E ci disse: «Fratelli, dico a voi, alzatevi!».
Poi ci indicò con il dito il Sud dove altre donne e uomini piangevano sui corpi dei loro figli.
Guardò la folla intorno, e aggiunse: «Fate questo in memoria di me».
Fonte
Immagine
