Un’opera di misericordia a settimana con… Carlo Miglietta | 2. Insegnare agli ignoranti

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25 Luglio 2025

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Insegnare-agli-ignoranti

Il commento del biblista Carlo Miglietta della seconda opera di misericordia spirituale: Insegnare agli ignoranti

La situazione

I dati sull’analfabetismo nel mondo sono preoccupanti. Si stima che nel mondo ci siano circa 750 milioni di adulti e 617 milioni di bambini e adolescenti che non sanno né leggere né scrivere (The Sustainable Development Goals Report, UN). Le donne rappresentano i due terzi degli analfabeti adulti. L’Asia meridionale e occidentale, l’Africa sub-sahariana e gli stati arabi hanno i tassi di alfabetizzazione inferiori, con alcune regioni che mostrano tassi di alfabetizzazione solo intorno al 60%.

L’analfabetismo ha conseguenze significative sullo sviluppo economico, sociale e personale, limitando le opportunità di lavoro, l’accesso all’istruzione e alla partecipazione alla vita pubblica.

Da un punto di vista religioso, secondo le stime del noto centro statistico statunitense Pew Research, oggi tre abitanti della Terra su 10 sono cristiani, 2,5 sono musulmani, 1,6 non sono religiosi, 1,5 sono indù, 0,7 su 10 sono i buddisti e 0,02 su 10, cioè 2 persone su 1.000 nel mondo, sono ebree. In numero assoluto si contano oggi 2,3 miliardi di cristiani, 1,8 miliardi di musulmani, 1,2 miliardi di persone non religiose e 1,1 miliardi di induisti.

Possiamo cioè concludere che su circa 6,4 miliardi di persone presenti sulla terra, 4,1 miliardi non hanno mai conosciuto il Vangelo di Gesù, che non è mai stato loro annunciato o che è stato loro presentato in maniera distorta o non credibile.

I comandamenti di Dio sono la felicità dell’uomo

La Bibbia è piena di comandamenti, di leggi. Ma si badi bene: Dio non ci dà precetti per metterci alla prova, ma perché sa che essi sono la nostra beatitudine. Seguire la sua volontà significa essere felici, significa vivere in pienezza (Dt 28; 30). È come il grande costruttore che allega il libretto di istruzioni perché la sua opera non si guasti ma funzioni al meglio. Quando Mosè promulga la Legge di Dio, dice infatti: “Questi sono i comandi, le leggi e le norme che il Signore, vostro Dio, ha ordinato di insegnarvi… perché così si prolunghino i tuoi giorni…, tu sia felice e diventiate molto numerosi nella terra dove scorrono latte e miele” (Dt 6,1-6), per avere cioè un’esistenza bella e serena.

Il peccato non è trasgressione di una norma ma, secondo l’etimologia del greco amartìa, cui corrisponde l’ebraico chatà’, è “mancare il bersaglio” della nostra realizzazione, della nostra vita più umana e più appagante. Dice la Sapienza di Dio nel libro dei Proverbi: “Chi pecca contro di me, fa male a se stesso; quanti mi odiano amano la morte” (Pr 8,36).

Ben lo comprende il Salmista, quando canta: “Beato l’uomo… che si compiace della legge del Signore e la sua legge medita giorno e notte” (Sal 1,2); “Nel seguire i tuoi ordini è la mia gioia più che in ogni altro bene… Mia eredità per sempre i tuoi comandamenti, sono essi la gioia del mio cuore…; la tua legge è tutta la mia gioia” (Sl 119,14.111.162.174); “Degni di fede sono i tuoi insegnamenti” (Sl 92,5); “Sono più saggio di tutti i miei maestri, perché medito i tuoi insegnamenti… Mia eredità per sempre sono i tuoi insegnamenti, sono essi la gioia del mio cuore… Giusti sono i tuoi insegnamenti per sempre,” (Sl 118,99.111.144).

Solo Dio “insegna all’uomo il sapere” (Sl 93,10); “insegna ai poveri le sue vie” (Sl 24,9). “Dio parla in un modo o in un altro, ma non si fa attenzione” (Gb 33,14). Dio parla per mezzo dei Profeti: Mosè: “Parla agli Israeliti e riferisci loro” (Es 31,13; Lv 1,2; 6,18…); Davide: “Lo Spirito del Signore parla in me, la sua parola è sulla mia lingua; il Dio di Giacobbe ha parlato, la rupe d’Israele mi ha detto” (2 Sam 23,2-3); Geremia (Ger 13,13.15; 23,38…); Ezechiele (Ez 3,1.11; 11,5; 14,4…); Aggeo (Ag 1,2; 2,2.21), Zaccaria (Zc 1,3; 7,5; 11,4)…
Gesù “insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi” (Mt 7,29); “Insegnava nelle loro sinagoghe” (Lc 4,15), “nel tempio” (Gv 18,20)” e “nelle piazze” (Lc 13,2), e “tutti ne facevano grandi lodi” (Lc 4,15).

Il dovere di insegnare

Ha detto Papa Francesco: “La Chiesa, nel corso dei secoli, ha sentito l’esigenza di impegnarsi nell’ambito dell’istruzione perché la sua missione di evangelizzazione comporta l’impegno di restituire dignità ai più poveri. Dal primo esempio di una «scuola» fondata proprio qui a Roma da san Giustino, nel secondo secolo, perché i cristiani conoscessero meglio la sacra Scrittura, fino a san Giuseppe Calasanzio, che aprì le prime scuole popolari gratuite d’Europa, abbiamo un lungo elenco di santi e sante che in varie epoche hanno portato istruzione ai più svantaggiati, sapendo che attraverso questa strada avrebbero potuto superare la miseria e le discriminazioni. Quanti cristiani, laici, fratelli e sorelle consacrate, sacerdoti hanno dato la propria vita nell’istruzione, nell’educazione dei bambini e dei giovani. Questo è grande… Questi pionieri dell’istruzione avevano compreso a fondo l’opera di misericordia e ne avevano fatto uno stile di vita tale da trasformare la stessa società. Attraverso un lavoro semplice e poche strutture hanno saputo restituire dignità a tante persone! E l’istruzione che davano era spesso orientata anche al lavoro. Ma pensiamo a san Giovanni Bosco che preparava al lavoro dei ragazzi di strada, con l’oratorio e poi con le scuole, gli uffici. È così che sono sorte molte e diverse scuole professionali, che abilitavano al lavoro mentre educavano ai valori umani e cristiani.

L’istruzione, pertanto, è davvero una peculiare forma di evangelizzazione”.
Qualcuno eserciterà il ministero dell’insegnamento in maniera specifica: “Alcuni Dio li ha posti nella Chiesa… come maestri” (1 Cor 12,28; Ef 4,11) o “insegnanti” (Rm 12,7). Ma tutti siamo chiamati ad insegnare agli uomini la Parola di Dio: “Se uno ama la giustizia… insegna la temperanza e la prudenza, la giustizia e la fortezza, delle quali nulla è più utile agli uomini nella vita” (Sap 8,7); “Tu insegna ciò che è secondo la sana dottrina” (Tt 2,1).

Già durante la sua vita Gesù aveva mandato i suoi innanzi a sé (Lc 10,1) a predicare il Vangelo e a guarire (Lc 9,1). I discepoli sono gli operai mandati dal padrone alla sua messe (Mt 9,38; Gv 4,38), i servi inviati dal re a condurre gli invitati alle nozze del Figlio (Mt 22,3). La missione dei discepoli si collega con quella del Figlio: “Come il Padre ha mandato me, così io mando voi” (Gv 20,21); “Non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi” (Mt 10,20). La missione dei cristiani è esplicitata dalla Parola di Gesù: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,18-20).

Finito il tempo di Gesù inizia il tempo della Chiesa. Il progetto missionario di Luca esprime la graduale espansione del Vangelo: “Voi mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra” (At 1,8). Gli Atti non sono tanto la storia della Chiesa, ma della progressione della Parola, che tutti gli uomini di tutte le culture possono accogliere, come simboleggiato dal miracolo delle lingue il giorno di Pentecoste (At 2,7-12).
Paolo, il grande missionario, è chiamato ad annunciare ai pagani (Gal 1,16): tutta la lettera ai Romani riflette sull’estensione del Vangelo da Israele alle nazioni (Rm 9-11).

Anche noi oggi siamo chiamati da Gesù ad essere testimoni della sua resurrezione: tutti abbiamo questa vocazione, preti, suore e laici. Per tutti vale l’ammonimento di Paolo: “É un dovere per me predicare il Vangelo: guai a me se non predicassi il Vangelo!” (1 Cor 9,16); tutti dobbiamo annunziare la Parola “in ogni occasione, opportuna e non opportuna” (2 Tm 4,2); “Noi non possiamo tacere!” (At 4,20); a noi “è stata concessa la grazia di annunciare ai pagani le imperscrutabili ricchezze di Cristo” (Ef 3,8). E se preti e consacrati lo fanno “istituzionalmente”, ai laici che dice il Concilio: “Ogni laico deve essere un testimone della resurrezione e della vita del Signore Gesù e un segno del Dio vivo al cospetto del mondo” (LG 38); “I laici sono soprattutto chiamati a rendere presente e operosa la Chiesa in quei luoghi e in quelle circostanze in cui essa non può diventare sale della terra se non per mezzo loro… Grava quindi su tutti i laici il glorioso peso di lavorare affinché il divino disegno di salvezza raggiunga ogni giorno più tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutta la terra. Sia perciò loro aperta qualunque via (ndr: !!!) affinché… anch’essi attivamente partecipino all’opera salvifica della Chiesa” (LG 33); “Cristo… adempie il suo ufficio profetico… anche per mezzo dei laici, che perciò costituisce suoi testimoni e provvede del senso della fede e della grazia della parola (cfr At 2,17-18; Ap 19,10)… In questo ufficio appare di grande valore quello stato di vita che è santificato da uno speciale sacramento, cioè la vita matrimoniale a familiare. Là si ha l’esercizio ed una eccellente scuola di apostolato dei laici… La famiglia cristiana proclama ad alta voce e le virtù presenti del Regno di Dio e la speranza della vita beata… I laici quindi, anche quando sono occupati in cure temporali, possono e devono esercitare una preziosa azione per l’evangelizzazione del mondo…; bisogna che tutti cooperino alla dilatazione e all’incremento del Regno di Cristo nel mondo” (LG 35).

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Il commento del biblista Carlo Miglietta della seconda opera di misericordia spirituale: Insegnare agli ignoranti

La situazione

I dati sull’analfabetismo nel mondo sono preoccupanti. Si stima che nel mondo ci siano circa 750 milioni di adulti e 617 milioni di bambini e adolescenti che non sanno né leggere né scrivere (The Sustainable Development Goals Report, UN). Le donne rappresentano i due terzi degli analfabeti adulti. L’Asia meridionale e occidentale, l’Africa sub-sahariana e gli stati arabi hanno i tassi di alfabetizzazione inferiori, con alcune regioni che mostrano tassi di alfabetizzazione solo intorno al 60%.

L’analfabetismo ha conseguenze significative sullo sviluppo economico, sociale e personale, limitando le opportunità di lavoro, l’accesso all’istruzione e alla partecipazione alla vita pubblica.

Da un punto di vista religioso, secondo le stime del noto centro statistico statunitense Pew Research, oggi tre abitanti della Terra su 10 sono cristiani, 2,5 sono musulmani, 1,6 non sono religiosi, 1,5 sono indù, 0,7 su 10 sono i buddisti e 0,02 su 10, cioè 2 persone su 1.000 nel mondo, sono ebree. In numero assoluto si contano oggi 2,3 miliardi di cristiani, 1,8 miliardi di musulmani, 1,2 miliardi di persone non religiose e 1,1 miliardi di induisti.

Possiamo cioè concludere che su circa 6,4 miliardi di persone presenti sulla terra, 4,1 miliardi non hanno mai conosciuto il Vangelo di Gesù, che non è mai stato loro annunciato o che è stato loro presentato in maniera distorta o non credibile.

I comandamenti di Dio sono la felicità dell’uomo

La Bibbia è piena di comandamenti, di leggi. Ma si badi bene: Dio non ci dà precetti per metterci alla prova, ma perché sa che essi sono la nostra beatitudine. Seguire la sua volontà significa essere felici, significa vivere in pienezza (Dt 28; 30). È come il grande costruttore che allega il libretto di istruzioni perché la sua opera non si guasti ma funzioni al meglio. Quando Mosè promulga la Legge di Dio, dice infatti: “Questi sono i comandi, le leggi e le norme che il Signore, vostro Dio, ha ordinato di insegnarvi… perché così si prolunghino i tuoi giorni…, tu sia felice e diventiate molto numerosi nella terra dove scorrono latte e miele” (Dt 6,1-6), per avere cioè un’esistenza bella e serena.

Il peccato non è trasgressione di una norma ma, secondo l’etimologia del greco amartìa, cui corrisponde l’ebraico chatà’, è “mancare il bersaglio” della nostra realizzazione, della nostra vita più umana e più appagante. Dice la Sapienza di Dio nel libro dei Proverbi: “Chi pecca contro di me, fa male a se stesso; quanti mi odiano amano la morte” (Pr 8,36).

Ben lo comprende il Salmista, quando canta: “Beato l’uomo… che si compiace della legge del Signore e la sua legge medita giorno e notte” (Sal 1,2); “Nel seguire i tuoi ordini è la mia gioia più che in ogni altro bene… Mia eredità per sempre i tuoi comandamenti, sono essi la gioia del mio cuore…; la tua legge è tutta la mia gioia” (Sl 119,14.111.162.174); “Degni di fede sono i tuoi insegnamenti” (Sl 92,5); “Sono più saggio di tutti i miei maestri, perché medito i tuoi insegnamenti… Mia eredità per sempre sono i tuoi insegnamenti, sono essi la gioia del mio cuore… Giusti sono i tuoi insegnamenti per sempre,” (Sl 118,99.111.144).

Solo Dio “insegna all’uomo il sapere” (Sl 93,10); “insegna ai poveri le sue vie” (Sl 24,9). “Dio parla in un modo o in un altro, ma non si fa attenzione” (Gb 33,14). Dio parla per mezzo dei Profeti: Mosè: “Parla agli Israeliti e riferisci loro” (Es 31,13; Lv 1,2; 6,18…); Davide: “Lo Spirito del Signore parla in me, la sua parola è sulla mia lingua; il Dio di Giacobbe ha parlato, la rupe d’Israele mi ha detto” (2 Sam 23,2-3); Geremia (Ger 13,13.15; 23,38…); Ezechiele (Ez 3,1.11; 11,5; 14,4…); Aggeo (Ag 1,2; 2,2.21), Zaccaria (Zc 1,3; 7,5; 11,4)…
Gesù “insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi” (Mt 7,29); “Insegnava nelle loro sinagoghe” (Lc 4,15), “nel tempio” (Gv 18,20)” e “nelle piazze” (Lc 13,2), e “tutti ne facevano grandi lodi” (Lc 4,15).

Il dovere di insegnare

Ha detto Papa Francesco: “La Chiesa, nel corso dei secoli, ha sentito l’esigenza di impegnarsi nell’ambito dell’istruzione perché la sua missione di evangelizzazione comporta l’impegno di restituire dignità ai più poveri. Dal primo esempio di una «scuola» fondata proprio qui a Roma da san Giustino, nel secondo secolo, perché i cristiani conoscessero meglio la sacra Scrittura, fino a san Giuseppe Calasanzio, che aprì le prime scuole popolari gratuite d’Europa, abbiamo un lungo elenco di santi e sante che in varie epoche hanno portato istruzione ai più svantaggiati, sapendo che attraverso questa strada avrebbero potuto superare la miseria e le discriminazioni. Quanti cristiani, laici, fratelli e sorelle consacrate, sacerdoti hanno dato la propria vita nell’istruzione, nell’educazione dei bambini e dei giovani. Questo è grande… Questi pionieri dell’istruzione avevano compreso a fondo l’opera di misericordia e ne avevano fatto uno stile di vita tale da trasformare la stessa società. Attraverso un lavoro semplice e poche strutture hanno saputo restituire dignità a tante persone! E l’istruzione che davano era spesso orientata anche al lavoro. Ma pensiamo a san Giovanni Bosco che preparava al lavoro dei ragazzi di strada, con l’oratorio e poi con le scuole, gli uffici. È così che sono sorte molte e diverse scuole professionali, che abilitavano al lavoro mentre educavano ai valori umani e cristiani.

L’istruzione, pertanto, è davvero una peculiare forma di evangelizzazione”.
Qualcuno eserciterà il ministero dell’insegnamento in maniera specifica: “Alcuni Dio li ha posti nella Chiesa… come maestri” (1 Cor 12,28; Ef 4,11) o “insegnanti” (Rm 12,7). Ma tutti siamo chiamati ad insegnare agli uomini la Parola di Dio: “Se uno ama la giustizia… insegna la temperanza e la prudenza, la giustizia e la fortezza, delle quali nulla è più utile agli uomini nella vita” (Sap 8,7); “Tu insegna ciò che è secondo la sana dottrina” (Tt 2,1).

Già durante la sua vita Gesù aveva mandato i suoi innanzi a sé (Lc 10,1) a predicare il Vangelo e a guarire (Lc 9,1). I discepoli sono gli operai mandati dal padrone alla sua messe (Mt 9,38; Gv 4,38), i servi inviati dal re a condurre gli invitati alle nozze del Figlio (Mt 22,3). La missione dei discepoli si collega con quella del Figlio: “Come il Padre ha mandato me, così io mando voi” (Gv 20,21); “Non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi” (Mt 10,20). La missione dei cristiani è esplicitata dalla Parola di Gesù: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,18-20).

Finito il tempo di Gesù inizia il tempo della Chiesa. Il progetto missionario di Luca esprime la graduale espansione del Vangelo: “Voi mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra” (At 1,8). Gli Atti non sono tanto la storia della Chiesa, ma della progressione della Parola, che tutti gli uomini di tutte le culture possono accogliere, come simboleggiato dal miracolo delle lingue il giorno di Pentecoste (At 2,7-12).
Paolo, il grande missionario, è chiamato ad annunciare ai pagani (Gal 1,16): tutta la lettera ai Romani riflette sull’estensione del Vangelo da Israele alle nazioni (Rm 9-11).

Anche noi oggi siamo chiamati da Gesù ad essere testimoni della sua resurrezione: tutti abbiamo questa vocazione, preti, suore e laici. Per tutti vale l’ammonimento di Paolo: “É un dovere per me predicare il Vangelo: guai a me se non predicassi il Vangelo!” (1 Cor 9,16); tutti dobbiamo annunziare la Parola “in ogni occasione, opportuna e non opportuna” (2 Tm 4,2); “Noi non possiamo tacere!” (At 4,20); a noi “è stata concessa la grazia di annunciare ai pagani le imperscrutabili ricchezze di Cristo” (Ef 3,8). E se preti e consacrati lo fanno “istituzionalmente”, ai laici che dice il Concilio: “Ogni laico deve essere un testimone della resurrezione e della vita del Signore Gesù e un segno del Dio vivo al cospetto del mondo” (LG 38); “I laici sono soprattutto chiamati a rendere presente e operosa la Chiesa in quei luoghi e in quelle circostanze in cui essa non può diventare sale della terra se non per mezzo loro… Grava quindi su tutti i laici il glorioso peso di lavorare affinché il divino disegno di salvezza raggiunga ogni giorno più tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutta la terra. Sia perciò loro aperta qualunque via (ndr: !!!) affinché… anch’essi attivamente partecipino all’opera salvifica della Chiesa” (LG 33); “Cristo… adempie il suo ufficio profetico… anche per mezzo dei laici, che perciò costituisce suoi testimoni e provvede del senso della fede e della grazia della parola (cfr At 2,17-18; Ap 19,10)… In questo ufficio appare di grande valore quello stato di vita che è santificato da uno speciale sacramento, cioè la vita matrimoniale a familiare. Là si ha l’esercizio ed una eccellente scuola di apostolato dei laici… La famiglia cristiana proclama ad alta voce e le virtù presenti del Regno di Dio e la speranza della vita beata… I laici quindi, anche quando sono occupati in cure temporali, possono e devono esercitare una preziosa azione per l’evangelizzazione del mondo…; bisogna che tutti cooperino alla dilatazione e all’incremento del Regno di Cristo nel mondo” (LG 35).

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