Un’opera di misericordia a settimana con… Carlo Miglietta | 7. PREGARE DIO PER I VIVI E PER I MORTI

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Il commento del biblista Carlo Miglietta della settima opera di misericordia spirituale: Pregare Dio per i vivi e per i morti
Preghiera di lode, di ringraziamento, di domanda
Sicuramente ci viene facile capire la preghiera per i vivi e per i morti se questa è un ringraziamento per l’esempio e l’aiuto che ci danno o ci hanno dato questi fratelli, se è lode a Dio per averceli messi a fianco. Ma alla luce della rivelazione di Dio in Cristo, che senso ha la preghiera di domanda, se Dio è un Padre buono che a tutti provvede con un piano di infinita misericordia?
Chi di noi, di fronte alle richieste dei nostri figli o nipoti in ordine alla loro salute, alla loro realizzazione, alla loro felicità, si attende che questi vengano ad inginocchiarsi di fronte a noi, a mani giunte o a braccia spalancate, per implorarci con novene, promesse, voti o affini? Ma se quando un nostro caro starnutisce lo portiamo al volo da più Medici, e prenotiamo subito TAC, Risonanze ed esami specialistici… Allora siamo più buoni di Dio? Attenzione: perché, quando ci si scopre migliori di Dio nasce l’ateismo! Non so infatti che farmene di un Dio così…
Gesù ci dice: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, a chi bussa sarà aperto” (Lc 11,9-10).
Ma poi precisa: “Pregando, poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di essere ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate” (Mt 6,7-8).
Sì, a Dio posso dire tutto: Dio è colui che mi ascolta, è l’Amico con cui confidarmi, è il Papà buono a cui posso rivolgermi in ogni circostanza, certo di essere capito. Il nostro Dio non è colui che tace, ma è colui che per noi si è fatto Verbo, Parola incarnata (Gv 1,14), con cui posso avere dialogo. Posso sottoporre a lui ogni mio problema, ogni mia ansia, ogni mia angoscia, certo che saranno compresi nel suo Amore. È quindi giusto e gesto d’affetto che io gli parli, che gli sottoponga quelle che mi sembrano le mie necessità. Il credente può anche quindi chiedere a Dio il “miracolo”, di intervenire sospendendo per un attimo il limite creaturale, ma soprattutto sapendo che in ogni caso il vero “miracolo” che Dio sempre opera per tutti è il dono del Figlio che ci fa risorgere con lui.
Luca, il Maestro di preghiera, nel suo Vangelo afferma: “Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!” (Lc 11,11-13): la vera preghiera di domanda è richiedere lo Spirito Santo, cioè è la supplica di essere riempiti dall’Amore stesso di Dio, di comprendere che Dio è sempre con noi, che non ci abbandona mai, che soffre con noi, e che nella Resurrezione del Figlio vincerà ogni nostra malattia, sofferenza, e la stessa morte.
La preghiera di intercessione per i fratelli
Che senso ha allora la preghiera di intercessione, che tanto spazio ha sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento? Si pensi alle grandi figure di intercessori tra i patriarchi (Gen 18,23-32; 20,7), a Mosè (Es 32,11-14; 34,8-9), ai profeti (Am 7,1-6; 2 Re 19,4; Ger 42,2-4), ai martiri (2 Mc 7,37-38; At 7,60), a Paolo (Fil 1,3-4; Col 1,3; 2 Ts 1,11; 2 Cor 13,9): ma tutti i cristiani devono intercedere per i fratelli (1 Ts 5,25; 2 Cor 9,14; Ef 6,18-20; Col 4,3-4; Eb 13,18-19; At 12,5; 20,36; 21,5…), specialmente per la remissione dei peccati (Gc 5,16; 1 Gv 5,16) e per i malati, certi che “la preghiera fatta con fede salverà il malato” (Gc 5,13-15), cioè lo renderà partecipe del piano divino di salvezza in Cristo. Bisogna “che si facciano domande, suppliche, preghiere… per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere” (1 Tm 2,1-2), e anche per i nostri persecutori (Mt 5,44), come Gesù (Lc 23,34). “Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti. Molto potente è la preghiera fervorosa del giusto” (Gc 5,16).
Ma solo Dio sa qual è il supremo bene per noi. E la nostra preghiera non cambia il suo parere, nonostante alcuni antropomorfismi dell’Antico Testamento, come in occasione dell’episodio in cui Abramo parrebbe voler distogliere Dio dall’intenzione di distruggere Sodoma (Gn 18,18-32), o quando Mosè fa recedere Dio dal proposito di sopprimere il popolo idolatra (Es 32, 9-14): “Io sono il Signore, non cambio” (Ml 3,6). Inoltre se Dio cambiasse idea per la nostra preghiera, o avrebbe pensato qualcosa di non bene per noi prima della nostra supplica, o avrebbe deciso qualcosa che non è il massimo bene per noi dopo la nostra invocazione: è ciò è impossibile, perché l‘Amore non può che volere il massimo bene per l’amato. Ma, grazie a Dio, “lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili” (Rm 8,26).
Che senso ha allora questa intercessione reciproca, se Dio non cambia certo per le nostre preghiere il suo progetto d’amore su di noi?
Innanzitutto la preghiera di intercessione è dialogo con Dio sui nostri fratelli: è riconoscere che egli si prende cura di tutti si suoi figli, e che ascolta il grido di chi soffre: è quindi grande espressione di fede in lui.
Poi ci fa prendere coscienza del fratello, dei suoi problemi, delle sue sofferenze: è quindi grande momento di carità; e l’amore reciproco è il segno dell’appartenenza al regno di Dio (Gv 13,34-35), al punto che Gesù garantisce la sua presenza salvifica laddove c’è carità fraterna: “Se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18,19-20).
Pregare per l’altro è quindi un gesto di amore che affretta misteriosamente il compimento per l’altro del suo incontro con Gesù salvatore, che è la vera risposta ad ogni nostra preghiera.
Questo atto di amore però non è solo un ricordo verbale, ma è farci carico del fratello nell’amore: pregare per un altro è essenzialmente mettermi di fronte a Dio perché mi illumini su che cosa posso fare io per l’altro. E Gesù mi dà la forza di fare per il fratello nel bisogno ciò che chiedo per lui. Per questo in talune comunità ormai, nella preghiera comune, si preferisce sostituire la formula: “Preghiamo per…” con la dizione: “Davanti a Dio ci ricordiamo di…”: nella preghiera, davanti al Signore, mi assumo le mie responsabilità sulla situazione dei fratelli, e chiedo a Dio la forza di essere io stesso per essi segno concreto dell’amore di Dio.
L’intercessione di Maria e dei Santi
Che senso ha chiedere l’intercessione di Maria, di qualche santo o di qualche fratello particolarmente timorato di Dio? Chiedere la loro preghiera per noi innanzitutto accresce la carità nella Chiesa, rinsalda la comunione dei santi, vivi e defunti, ed è richiesta che la Vergine o i nostri fratelli più buoni ci siano vicini per farci accettare il progetto d’amore di Dio su di noi, aiutandoci con il loro esempio e il loro affetto ad essere uniti a Cristo e ripieni del suo Spirito. Inoltre invocare l’aiuto dei Santi significa al contempo riconoscerci peccatori e indegni della misericordia di Dio: e questo è il primo indispensabile passo per dilatare il nostro cuore ad accogliere la gratuità dell’Amore di Dio.
Se quindi chiedo a un fratello: “Prega per me!”, significa affermare: “Stammi vicino, vivi con me un rapporto di carità che mi renderà più presente il Signore nella mia vita, aiutami con il tuo esempio e la tua fraternità ad accettare la volontà di Dio su di me”. Se poi chiedo l’intercessione della Beata Vergine Maria o di qualche Santo, in realtà dico loro: “La comunione con voi mi aiuti a sperimentare l’amore di Dio, renda Gesù Signore realtà viva in me; siatemi di esempio e di aiuto per accettare il mistero di Dio, per sostenere sempre la mia fede nella sua bontà immensa; chiedo il vostro soccorso perché credo nella comunione dei santi, che misteriosamente aiuta la crescita della fede e della carità di tutti i credenti; e ponendomi di fronte a voi, che avete mirabilmente seguito il Signore nella vostra vita, mi riconosco ancor più peccatore, fragile, debole e bisognoso di quella salvezza piena che solo Dio può darci”.
Pregare è quindi sempre rispondere nell’amore a Colui che è Amore (1 Gv 4,8) e che altro non ci dona che Amore.
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Il commento del biblista Carlo Miglietta della settima opera di misericordia spirituale: Pregare Dio per i vivi e per i morti
Preghiera di lode, di ringraziamento, di domanda
Sicuramente ci viene facile capire la preghiera per i vivi e per i morti se questa è un ringraziamento per l’esempio e l’aiuto che ci danno o ci hanno dato questi fratelli, se è lode a Dio per averceli messi a fianco. Ma alla luce della rivelazione di Dio in Cristo, che senso ha la preghiera di domanda, se Dio è un Padre buono che a tutti provvede con un piano di infinita misericordia?
Chi di noi, di fronte alle richieste dei nostri figli o nipoti in ordine alla loro salute, alla loro realizzazione, alla loro felicità, si attende che questi vengano ad inginocchiarsi di fronte a noi, a mani giunte o a braccia spalancate, per implorarci con novene, promesse, voti o affini? Ma se quando un nostro caro starnutisce lo portiamo al volo da più Medici, e prenotiamo subito TAC, Risonanze ed esami specialistici… Allora siamo più buoni di Dio? Attenzione: perché, quando ci si scopre migliori di Dio nasce l’ateismo! Non so infatti che farmene di un Dio così…
Gesù ci dice: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, a chi bussa sarà aperto” (Lc 11,9-10).
Ma poi precisa: “Pregando, poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di essere ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate” (Mt 6,7-8).
Sì, a Dio posso dire tutto: Dio è colui che mi ascolta, è l’Amico con cui confidarmi, è il Papà buono a cui posso rivolgermi in ogni circostanza, certo di essere capito. Il nostro Dio non è colui che tace, ma è colui che per noi si è fatto Verbo, Parola incarnata (Gv 1,14), con cui posso avere dialogo. Posso sottoporre a lui ogni mio problema, ogni mia ansia, ogni mia angoscia, certo che saranno compresi nel suo Amore. È quindi giusto e gesto d’affetto che io gli parli, che gli sottoponga quelle che mi sembrano le mie necessità. Il credente può anche quindi chiedere a Dio il “miracolo”, di intervenire sospendendo per un attimo il limite creaturale, ma soprattutto sapendo che in ogni caso il vero “miracolo” che Dio sempre opera per tutti è il dono del Figlio che ci fa risorgere con lui.
Luca, il Maestro di preghiera, nel suo Vangelo afferma: “Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!” (Lc 11,11-13): la vera preghiera di domanda è richiedere lo Spirito Santo, cioè è la supplica di essere riempiti dall’Amore stesso di Dio, di comprendere che Dio è sempre con noi, che non ci abbandona mai, che soffre con noi, e che nella Resurrezione del Figlio vincerà ogni nostra malattia, sofferenza, e la stessa morte.
La preghiera di intercessione per i fratelli
Che senso ha allora la preghiera di intercessione, che tanto spazio ha sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento? Si pensi alle grandi figure di intercessori tra i patriarchi (Gen 18,23-32; 20,7), a Mosè (Es 32,11-14; 34,8-9), ai profeti (Am 7,1-6; 2 Re 19,4; Ger 42,2-4), ai martiri (2 Mc 7,37-38; At 7,60), a Paolo (Fil 1,3-4; Col 1,3; 2 Ts 1,11; 2 Cor 13,9): ma tutti i cristiani devono intercedere per i fratelli (1 Ts 5,25; 2 Cor 9,14; Ef 6,18-20; Col 4,3-4; Eb 13,18-19; At 12,5; 20,36; 21,5…), specialmente per la remissione dei peccati (Gc 5,16; 1 Gv 5,16) e per i malati, certi che “la preghiera fatta con fede salverà il malato” (Gc 5,13-15), cioè lo renderà partecipe del piano divino di salvezza in Cristo. Bisogna “che si facciano domande, suppliche, preghiere… per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere” (1 Tm 2,1-2), e anche per i nostri persecutori (Mt 5,44), come Gesù (Lc 23,34). “Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti. Molto potente è la preghiera fervorosa del giusto” (Gc 5,16).
Ma solo Dio sa qual è il supremo bene per noi. E la nostra preghiera non cambia il suo parere, nonostante alcuni antropomorfismi dell’Antico Testamento, come in occasione dell’episodio in cui Abramo parrebbe voler distogliere Dio dall’intenzione di distruggere Sodoma (Gn 18,18-32), o quando Mosè fa recedere Dio dal proposito di sopprimere il popolo idolatra (Es 32, 9-14): “Io sono il Signore, non cambio” (Ml 3,6). Inoltre se Dio cambiasse idea per la nostra preghiera, o avrebbe pensato qualcosa di non bene per noi prima della nostra supplica, o avrebbe deciso qualcosa che non è il massimo bene per noi dopo la nostra invocazione: è ciò è impossibile, perché l‘Amore non può che volere il massimo bene per l’amato. Ma, grazie a Dio, “lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili” (Rm 8,26).
Che senso ha allora questa intercessione reciproca, se Dio non cambia certo per le nostre preghiere il suo progetto d’amore su di noi?
Innanzitutto la preghiera di intercessione è dialogo con Dio sui nostri fratelli: è riconoscere che egli si prende cura di tutti si suoi figli, e che ascolta il grido di chi soffre: è quindi grande espressione di fede in lui.
Poi ci fa prendere coscienza del fratello, dei suoi problemi, delle sue sofferenze: è quindi grande momento di carità; e l’amore reciproco è il segno dell’appartenenza al regno di Dio (Gv 13,34-35), al punto che Gesù garantisce la sua presenza salvifica laddove c’è carità fraterna: “Se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18,19-20).
Pregare per l’altro è quindi un gesto di amore che affretta misteriosamente il compimento per l’altro del suo incontro con Gesù salvatore, che è la vera risposta ad ogni nostra preghiera.
Questo atto di amore però non è solo un ricordo verbale, ma è farci carico del fratello nell’amore: pregare per un altro è essenzialmente mettermi di fronte a Dio perché mi illumini su che cosa posso fare io per l’altro. E Gesù mi dà la forza di fare per il fratello nel bisogno ciò che chiedo per lui. Per questo in talune comunità ormai, nella preghiera comune, si preferisce sostituire la formula: “Preghiamo per…” con la dizione: “Davanti a Dio ci ricordiamo di…”: nella preghiera, davanti al Signore, mi assumo le mie responsabilità sulla situazione dei fratelli, e chiedo a Dio la forza di essere io stesso per essi segno concreto dell’amore di Dio.
L’intercessione di Maria e dei Santi
Che senso ha chiedere l’intercessione di Maria, di qualche santo o di qualche fratello particolarmente timorato di Dio? Chiedere la loro preghiera per noi innanzitutto accresce la carità nella Chiesa, rinsalda la comunione dei santi, vivi e defunti, ed è richiesta che la Vergine o i nostri fratelli più buoni ci siano vicini per farci accettare il progetto d’amore di Dio su di noi, aiutandoci con il loro esempio e il loro affetto ad essere uniti a Cristo e ripieni del suo Spirito. Inoltre invocare l’aiuto dei Santi significa al contempo riconoscerci peccatori e indegni della misericordia di Dio: e questo è il primo indispensabile passo per dilatare il nostro cuore ad accogliere la gratuità dell’Amore di Dio.
Se quindi chiedo a un fratello: “Prega per me!”, significa affermare: “Stammi vicino, vivi con me un rapporto di carità che mi renderà più presente il Signore nella mia vita, aiutami con il tuo esempio e la tua fraternità ad accettare la volontà di Dio su di me”. Se poi chiedo l’intercessione della Beata Vergine Maria o di qualche Santo, in realtà dico loro: “La comunione con voi mi aiuti a sperimentare l’amore di Dio, renda Gesù Signore realtà viva in me; siatemi di esempio e di aiuto per accettare il mistero di Dio, per sostenere sempre la mia fede nella sua bontà immensa; chiedo il vostro soccorso perché credo nella comunione dei santi, che misteriosamente aiuta la crescita della fede e della carità di tutti i credenti; e ponendomi di fronte a voi, che avete mirabilmente seguito il Signore nella vostra vita, mi riconosco ancor più peccatore, fragile, debole e bisognoso di quella salvezza piena che solo Dio può darci”.
Pregare è quindi sempre rispondere nell’amore a Colui che è Amore (1 Gv 4,8) e che altro non ci dona che Amore.
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