Sportello VI Opera | I VOLTI dietro le sbarre

Una riflessione di Antonella Attanasio, una nostra autrice, sui VOLTI dei detenuti. In attesa del Festival della Missione...
In questi giorni, lo slogan del Festival della Missione – “Il Volto Prossimo” – risuona più che mai. L’evento che radunerà diverse forze e realtà missionarie da tutta Italia è infatti alle porte. Noi di spazio + spadoni, nel frattempo, raccogliamo testimonianze sui volti
Una di queste viene dall’incontro che si è svolto” nella diocesi di Ugento – Santa Maria di Leuca, in provincia di Lecce, il 3 ottobre scorso: “Cammini di inclusione. Nessuno escluso dalla comunità”
Il nome dello sportello “La VI Opera” richiama inequivocabilmente alla sesta opera di misericordia corporale, “visitare i carcerati”.
Ecco alcune riflessioni della responsabile Antonella Attanasio, pedagogista che ha coordinato l’accoglienza nelle parrocchie delle persone in misura alternativa, oltre che autrice del blog Mission di spazio + spadoni.
Lei non sarà a Torino, ma le sue parole sui volti le portiamo con noi… con il pensiero sempre rivolto alle opere di misericordia.
Da quando faccio questo lavoro, non riesco a non vedere i volti delle persone. So che i numeri sono importanti. Sono numeri alti, complicati, ma i volti raccontano storie dure e storie vere.
Non si tratta solo di colpe, ma di persone che devono pagare i loro debiti con la giustizia e che hanno il diritto di avere una nuova possibilità.
Io vedo il volto di Antonio, Luca, Giuseppe, Luigi…
Vedo il volto di una madre, piegata dal dolore, che mi ha chiesto di poter riabbracciare suo figlio Alessandro. Non cercava giustificazioni: chiedeva solo la possibilità che suo figlio potesse ricominciare, che non venisse annientato ma educato. E in quello sguardo ferito, si può comprendere bene che dietro le sbarre ci sono soprattutto esseri umani che chiedono di essere visti.
Vedo il volto di un ragazzo, che dopo anni di fatica era riuscito a costruirsi una nuova vita accanto alla sua famiglia. Poi, all’improvviso, una vecchia sentenza lo ha riportato in carcere. Quel ragazzo, dopo qualche mese, ha ottenuto i domiciliari, ma chi restituirà a sua figlia il primo giorno di scuola vissuto senza suo padre?

Antonella Attanasio con don Pierluigi Nicolardi, parroco “Sant’Antonio” – Tricase
Sono storie che non possono lasciarci indifferenti. Ma sono anche il motivo per cui abbiamo scelto di impegnarci in questo lavoro.
È di questi giorni la notizia di un protocollo che la Regione Puglia sta istituendo con enti ed associazioni al fine di agevolare le misure di esecuzione penale esterna.
L’impegno previsto da questo protocollo in questa diocesi già esiste; infatti, grazie alla convenzione tra Caritas Italiana, Udepe e Ussm, già la diocesi seguiva le persone in misura alternative. Io, da due anni, mi occupo di questo sportello e siamo arrivati a 27 parrocchie su 43, con oltre 100 persone tra volontariato, Map (messa alla prova) e Lpu (Lavori di pubblica utilità).
Questo Impegno è affrontato dai parroci e dalle comunità. Il ruolo dei parroci è importante nell’accettare la responsabilità e nel condividerla coi collaboratori. Importante perché le comunità che offrono queste possibilità non si fermano agli errori del passato, ma guardano alla possibilità di ciascuno. La parrocchia, quindi, non solo come luogo di culto, ma anche come un laboratorio di possibilità.
Parlare di reinserimento sociale e lavorativo delle persone ristrette non è facile: spesso si rischia di ridurre tutto a cifre, procedure, statistiche. Ma dietro quei dati ci sono volti, storie, famiglie. Ci sono sguardi feriti.
Questa serata mi ha ricordato che custodire il creato non significa soltanto prendersi cura dell’ambiente, ma anche delle relazioni, della dignità e della speranza delle persone più fragili.
Perché il creato non è completo se qualcuno resta fuori.
Porto a casa la certezza che il reinserimento non è un’utopia, ma una responsabilità condivisa: delle istituzioni, delle comunità, del mondo del lavoro e, soprattutto, di ciascuno di noi.
Ogni volta che una persona ricomincia, rinasce l’intera comunità.
Uscendo dalla chiesa venerdì sera, ho pensato: nessuno si salva da solo. E questa, più che una convinzione, per me è una certezza.
- All’incontro, che si è concluso con un piccolo rinfresco offerto dalla coop IPad Mediterranean (cooperativa sociale che si occupa di reinserimento), hanno partecipato altre voci autorevoli di cui vi scriveremo più avanti.
Festival della Missione – Piazza Castello, Torino
www.spaziospadoni.org
SEGUI IL RACCONTO SU MISSION, tradotto in oltre 30 lingue.
Fonte e immagine
- Ufficio Caritas diocesana di Ugento-S.M. di Leuca
- Profilo Instagram di Antonella Attanasio
In questi giorni, lo slogan del Festival della Missione – “Il Volto Prossimo” – risuona più che mai. L’evento che radunerà diverse forze e realtà missionarie da tutta Italia è infatti alle porte. Noi di spazio + spadoni, nel frattempo, raccogliamo testimonianze sui volti
Una di queste viene dall’incontro che si è svolto” nella diocesi di Ugento – Santa Maria di Leuca, in provincia di Lecce, il 3 ottobre scorso: “Cammini di inclusione. Nessuno escluso dalla comunità”
Il nome dello sportello “La VI Opera” richiama inequivocabilmente alla sesta opera di misericordia corporale, “visitare i carcerati”.
Ecco alcune riflessioni della responsabile Antonella Attanasio, pedagogista che ha coordinato l’accoglienza nelle parrocchie delle persone in misura alternativa, oltre che autrice del blog Mission di spazio + spadoni.
Lei non sarà a Torino, ma le sue parole sui volti le portiamo con noi… con il pensiero sempre rivolto alle opere di misericordia.
Da quando faccio questo lavoro, non riesco a non vedere i volti delle persone. So che i numeri sono importanti. Sono numeri alti, complicati, ma i volti raccontano storie dure e storie vere.
Non si tratta solo di colpe, ma di persone che devono pagare i loro debiti con la giustizia e che hanno il diritto di avere una nuova possibilità.
Io vedo il volto di Antonio, Luca, Giuseppe, Luigi…
Vedo il volto di una madre, piegata dal dolore, che mi ha chiesto di poter riabbracciare suo figlio Alessandro. Non cercava giustificazioni: chiedeva solo la possibilità che suo figlio potesse ricominciare, che non venisse annientato ma educato. E in quello sguardo ferito, si può comprendere bene che dietro le sbarre ci sono soprattutto esseri umani che chiedono di essere visti.
Vedo il volto di un ragazzo, che dopo anni di fatica era riuscito a costruirsi una nuova vita accanto alla sua famiglia. Poi, all’improvviso, una vecchia sentenza lo ha riportato in carcere. Quel ragazzo, dopo qualche mese, ha ottenuto i domiciliari, ma chi restituirà a sua figlia il primo giorno di scuola vissuto senza suo padre?

Antonella Attanasio con don Pierluigi Nicolardi, parroco “Sant’Antonio” – Tricase
Sono storie che non possono lasciarci indifferenti. Ma sono anche il motivo per cui abbiamo scelto di impegnarci in questo lavoro.
È di questi giorni la notizia di un protocollo che la Regione Puglia sta istituendo con enti ed associazioni al fine di agevolare le misure di esecuzione penale esterna.
L’impegno previsto da questo protocollo in questa diocesi già esiste; infatti, grazie alla convenzione tra Caritas Italiana, Udepe e Ussm, già la diocesi seguiva le persone in misura alternative. Io, da due anni, mi occupo di questo sportello e siamo arrivati a 27 parrocchie su 43, con oltre 100 persone tra volontariato, Map (messa alla prova) e Lpu (Lavori di pubblica utilità).
Questo Impegno è affrontato dai parroci e dalle comunità. Il ruolo dei parroci è importante nell’accettare la responsabilità e nel condividerla coi collaboratori. Importante perché le comunità che offrono queste possibilità non si fermano agli errori del passato, ma guardano alla possibilità di ciascuno. La parrocchia, quindi, non solo come luogo di culto, ma anche come un laboratorio di possibilità.
Parlare di reinserimento sociale e lavorativo delle persone ristrette non è facile: spesso si rischia di ridurre tutto a cifre, procedure, statistiche. Ma dietro quei dati ci sono volti, storie, famiglie. Ci sono sguardi feriti.
Questa serata mi ha ricordato che custodire il creato non significa soltanto prendersi cura dell’ambiente, ma anche delle relazioni, della dignità e della speranza delle persone più fragili.
Perché il creato non è completo se qualcuno resta fuori.
Porto a casa la certezza che il reinserimento non è un’utopia, ma una responsabilità condivisa: delle istituzioni, delle comunità, del mondo del lavoro e, soprattutto, di ciascuno di noi.
Ogni volta che una persona ricomincia, rinasce l’intera comunità.
Uscendo dalla chiesa venerdì sera, ho pensato: nessuno si salva da solo. E questa, più che una convinzione, per me è una certezza.
- All’incontro, che si è concluso con un piccolo rinfresco offerto dalla coop IPad Mediterranean (cooperativa sociale che si occupa di reinserimento), hanno partecipato altre voci autorevoli di cui vi scriveremo più avanti.
Festival della Missione – Piazza Castello, Torino
www.spaziospadoni.org
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Fonte e immagine
- Ufficio Caritas diocesana di Ugento-S.M. di Leuca
- Profilo Instagram di Antonella Attanasio

Una riflessione di Antonella Attanasio, una nostra autrice, sui VOLTI dei detenuti. In attesa del Festival della Missione...