Letture: 1 Sam 1,20-22.24-28; 1 Gv 3,1-2.21-24; Lc 2,41-52
Le caratteristiche della famiglia descritta nei brani dell’Antico Testamento erano: la pace, l’abbondanza di beni materiali, la concordia e la discendenza numerosa: segni della benedizione del Signore; la legge fondamentale era l’obbedienza temperata dall’amore; questa obbedienza non era solo segno e garanzia di benedizione e prosperità per i figli, ma anche un modo per onorare Dio nei genitori (Prima lettura: 1 Sam 20-22.24-28). A questo tipo di famiglia, il cristianesimo ha portato un costante superamento di se stessa in vista del Regno: Giovanni ci ricorda la figliolanza divina che il Padre ci ha donato (seconda lettura: 1 Gv 3,1-2.21-24).
Secondo Luca, Gesù ebbe non pochi problemi con la famiglia di origine. Fin da ragazzo, a dodici anni, quando “scappa di casa”, o meglio, abbandona i suoi per restare nel Tempio di Gerusalemme a discutere con i dottori. Avrebbe potuto almeno avvertire i genitori: non pensiamo certo che la Madonna e San Giuseppe si sarebbero opposti al fatto che il Figlio… si volesse trattenere “in Chiesa”. Ma Gesù non li avvisa, non facendo certo la parte del figlio modello. Il fatto provocò una forte apprensione in Maria e Giuseppe, al punto che Maria lo rimprovera: “Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo” (Lc 2,48).
Gesù risponde annunciando il primato assoluto delle cose del Padre su tutto, vincoli familiari compresi: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Lc 2,49). Ovviamente i genitori rimasero basiti: “Ma essi non compresero le sue parole” (Lc 2,59). “Qui si intravede già il Maestro che compie le scelte della sua missione senza lasciarsi condizionare dalle interferenze dei famigliari. La sua autonomia non è frutto di un atteggiamento di autosufficienza o disprezzo di una condizione umana che si evolve e cresce nei rapporti familiari e affettivi, ma è l’espressione del suo rapporto unico con Dio… È’ espressione della realtà nuova e sconvolgente che la fede cristiana ha fatto intuire nella trama ordinaria e quotidiana di un’esistenza umana: il Figlio unico di Dio” (R. Fabris).
Gesù non vuole solo sottolineare l’unicità del suo rapporto con il Padre: Gesù fin da ragazzo inizia con gesti e parole paradossali a sottolineare che l’amore di Dio e per Dio deve per tutti sovrastare ogni altra relazione.
L’episodio (2,41-51) è profezia del secondo viaggio che Gesù farà a Gerusalemme, quello per la sua Passione e Resurrezione (19,28): in entrambi i casi Gesù si trattiene nel tempio (2,46->19,47; 21,37; 22,53), durante la Pasqua (2,41->22,1; 23,54); tutte e due le volte c’è dolore per lui (Giuseppe e Maria in angoscia perché l’hanno smarrito: 2,43.45.48; i discepoli “tristi” (24,17) per la sua morte); Giuseppe e Maria lo cercano (2,22), anche i discepoli lo cercano (24,5); i genitori lo ritrovano “dopo tre giorni” (2,46) nella “casa del Padre” suo (2,49), “il terzo giorno”(24,7.46) Gesù risorge (24,6.46) e ascende al cielo (24,51).
Ricorda Papa Francesco nell’“Amoris laetitia”, “che la Parola di Dio è fonte di vita e spiritualità per la famiglia. Tutta la pastorale familiare dovrà lasciarsi modellare interiormente e formare i membri della Chiesa domestica mediante la lettura orante ed ecclesiale della Sacra Scrittura. La Parola di Dio non solo è una buona novella per la vita privata delle persone, ma anche un criterio di giudizio e una luce per il discernimento delle diverse sfide con cui si confrontano i coniugi e le famiglie” (n. 227); “la Parola di Dio non si mostra come una sequenza di tesi astratte, bensì come una compagna di viaggio anche per le famiglie che sono in crisi o attraversano qualche dolore, e indica loro la meta del cammino, quando Dio «asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno» (Ap 21,4)” (n. 22).
Sacra Famiglia
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Letture: 1 Sam 1,20-22.24-28; 1 Gv 3,1-2.21-24; Lc 2,41-52
Le caratteristiche della famiglia descritta nei brani dell’Antico Testamento erano: la pace, l’abbondanza di beni materiali, la concordia e la discendenza numerosa: segni della benedizione del Signore; la legge fondamentale era l’obbedienza temperata dall’amore; questa obbedienza non era solo segno e garanzia di benedizione e prosperità per i figli, ma anche un modo per onorare Dio nei genitori (Prima lettura: 1 Sam 20-22.24-28). A questo tipo di famiglia, il cristianesimo ha portato un costante superamento di se stessa in vista del Regno: Giovanni ci ricorda la figliolanza divina che il Padre ci ha donato (seconda lettura: 1 Gv 3,1-2.21-24).
Secondo Luca, Gesù ebbe non pochi problemi con la famiglia di origine. Fin da ragazzo, a dodici anni, quando “scappa di casa”, o meglio, abbandona i suoi per restare nel Tempio di Gerusalemme a discutere con i dottori. Avrebbe potuto almeno avvertire i genitori: non pensiamo certo che la Madonna e San Giuseppe si sarebbero opposti al fatto che il Figlio… si volesse trattenere “in Chiesa”. Ma Gesù non li avvisa, non facendo certo la parte del figlio modello. Il fatto provocò una forte apprensione in Maria e Giuseppe, al punto che Maria lo rimprovera: “Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo” (Lc 2,48).
Gesù risponde annunciando il primato assoluto delle cose del Padre su tutto, vincoli familiari compresi: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Lc 2,49). Ovviamente i genitori rimasero basiti: “Ma essi non compresero le sue parole” (Lc 2,59). “Qui si intravede già il Maestro che compie le scelte della sua missione senza lasciarsi condizionare dalle interferenze dei famigliari. La sua autonomia non è frutto di un atteggiamento di autosufficienza o disprezzo di una condizione umana che si evolve e cresce nei rapporti familiari e affettivi, ma è l’espressione del suo rapporto unico con Dio… È’ espressione della realtà nuova e sconvolgente che la fede cristiana ha fatto intuire nella trama ordinaria e quotidiana di un’esistenza umana: il Figlio unico di Dio” (R. Fabris).
Gesù non vuole solo sottolineare l’unicità del suo rapporto con il Padre: Gesù fin da ragazzo inizia con gesti e parole paradossali a sottolineare che l’amore di Dio e per Dio deve per tutti sovrastare ogni altra relazione.
L’episodio (2,41-51) è profezia del secondo viaggio che Gesù farà a Gerusalemme, quello per la sua Passione e Resurrezione (19,28): in entrambi i casi Gesù si trattiene nel tempio (2,46->19,47; 21,37; 22,53), durante la Pasqua (2,41->22,1; 23,54); tutte e due le volte c’è dolore per lui (Giuseppe e Maria in angoscia perché l’hanno smarrito: 2,43.45.48; i discepoli “tristi” (24,17) per la sua morte); Giuseppe e Maria lo cercano (2,22), anche i discepoli lo cercano (24,5); i genitori lo ritrovano “dopo tre giorni” (2,46) nella “casa del Padre” suo (2,49), “il terzo giorno”(24,7.46) Gesù risorge (24,6.46) e ascende al cielo (24,51).
Ricorda Papa Francesco nell’“Amoris laetitia”, “che la Parola di Dio è fonte di vita e spiritualità per la famiglia. Tutta la pastorale familiare dovrà lasciarsi modellare interiormente e formare i membri della Chiesa domestica mediante la lettura orante ed ecclesiale della Sacra Scrittura. La Parola di Dio non solo è una buona novella per la vita privata delle persone, ma anche un criterio di giudizio e una luce per il discernimento delle diverse sfide con cui si confrontano i coniugi e le famiglie” (n. 227); “la Parola di Dio non si mostra come una sequenza di tesi astratte, bensì come una compagna di viaggio anche per le famiglie che sono in crisi o attraversano qualche dolore, e indica loro la meta del cammino, quando Dio «asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno» (Ap 21,4)” (n. 22).
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