Nel Vangelo di Luca, mentre la nascita di Giovanni Battista è narrata in due versetti (Lc 1,57-58), a quella di Gesù vengono dedicati ben venti versetti (Lc 1,1-20).
In questo racconto Luca sintetizza il messaggio di tutto il Vangelo:
La vera umanità di Gesù: “Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia” (Lc 2,12). Luca usa termini “crudi”: “brèphos” (Lc 2,12.16), che indica il feto da partorire o appena partorito, e “gennòmenon”( Lc 1,35), che designa il feto nel grembo materno;
La divinità di Gesù: Dopo le annunciazioni a Maria e a Giuseppe possiamo parlare di un’annunciazione ai pastori (Lc 2,9-13). Anche in questo caso sono di scena gli angeli che intonano il “Gloria in excelsis”: questo coro che esce dalle labbra di “tutto l’esercito celeste”, come Luca chiama biblicamente gli angeli, sarà rilanciato dalla terra al cielo quando Gesù entrerà a Gerusalemme per l’ultima settimana della sua vita. Nella notte del Natale gli angeli cantano: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini (oggetto) della buona volontà (divina)” (questa è la versione più corretta di Lc 2,14, ove di scena è l’amore di Dio e non tanto la volontà umana). Alle soglie della Passione, durante l’entrata in Gerusalemme, i discepoli canteranno: “Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!” (Lc 19,38). “È un tocco pieno di fascino che la moltitudine della milizia celeste proclami la pace sulla terra, mentre la moltitudine dei discepoli proclama la pace in cielo: i due passi potrebbero diventare quasi un responsorio antifonale” (R. Brown) al “Dio potente, Padre per sempre, Principe della Pace” di cui parla la prima Lettura (Is 9,1-6).
C’è però, in mezzo alla coreografia dell’epifania angelica un messaggio specifico, indirizzato ai pastori. Nell’originale greco Luca lo definisce un “evangelo” e ha un contenuto squisitamente teologico: “Oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore” (Lc 2,1). Anche in questo caso abbiamo un piccolo Credo cristiano che ruota attorno a tre titoli fondamentali attribuiti al Bambino: Salvatore, Cristo (cioè Messia), Signore (cioè Dio). Anche Paolo conosce questo Credo e lo cita scrivendo ai cristiani di Filippi: “Aspettiamo il Salvatore, il Signore Gesù Cristo” (3,20). Lo esplicita a Tito: “il nostro grande Dio e Salvatore Gesù Cristo” (seconda Lettura: Tt 2,11-14).
La scelta dei poveri: Gesù nasce con i poveri del suo tempo, “deposto in una mangiatoia perchè non c’era posto per loro nel «katalyma»” (Lc 2,7), cioè la parte della caverna, dove alloggiava la famiglia di Giuseppe, adibita a ricovero per gli uomini e non per gli animali (stesso termine usato per la sala dell’ultima cena; ma non parla di per sé di nascita in una grotta o in una stalla). La sua nascita è annunciata non ai grandi o ai sapienti, ma agli “impuri”, come erano i pastori, che diventano i primi discepoli. Nel trattato Sanhedrin (25b) del Talmud, la grande raccolta delle tradizioni giudaiche, si legge che i pastori non potevano testimoniare in sede processuale perché considerati impuri, a causa della loro convivenza con animali, e disonesti, a causa delle loro violazioni dei confini territoriali. Il loro statuto civile era, quindi, in basso alla scala sociale e le loro condizioni di vita erano molto meno “georgiche” e idilliache di quanto ci abbiano abituato a pensare Virgilio o Teocrito. Ebbene, i primi ad accorrere in pellegrinaggio a Cristo Signore sono gli ultimi della terra, anticipando un detto caro a Gesù: “I primi saranno gli ultimi e gli ultimi primi” (Mt 20,16). Tutto il racconto lucano è costellato di verbi di moto e di sorpresa: “andiamo, conosciamo, andarono, trovarono, videro, riferirono, tutti udirono, si stupirono, tornarono glorificando e lodando Dio per tutto quanto avevano udito e visto”. La famiglia di Betlemme è circondata dai pastori, i rifiutati dal Sinedrio, i marginali che Luca, però, vede come la prefigurazione della Chiesa di Cristo…
Il Natale in Luca è subito collegato alla Pasqua: Maria “avvolse in fasce e depose in una mangiatoia” Gesù (Lc 2,7), come Giuseppe d’Arimatea “avvolse in un lenzuolo e depose in una tomba” (Lc 23,53) il corpo del crocifisso, e tali “bende “giaceranno vuote” (Lc 24,12); a Betlemme sono gli “impuri” pastori i primi testimoni della nascita di Gesù (Lc 2,8-20), a Gerusalemme saranno le “impure” donne le prime testimoni della sua resurrezione (Lc 23,55-24,10); in entrambi gli eventi, ci sono angeli a dare un senso al mistero (Lc 2,9-14; 24,4-7). “Nel piccolo Gesù – secondo l’orientamento dei Vangeli dell’infanzia – si intravede già il glorioso “Signore” risorto, proclamato dalla fede pasquale della Chiesa” (G. Ravasi).
Natale Del Signore
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Letture: Is 9,1-6; Tt 2,11-14; Lc 2,1-14
Nel Vangelo di Luca, mentre la nascita di Giovanni Battista è narrata in due versetti (Lc 1,57-58), a quella di Gesù vengono dedicati ben venti versetti (Lc 1,1-20).
In questo racconto Luca sintetizza il messaggio di tutto il Vangelo:
C’è però, in mezzo alla coreografia dell’epifania angelica un messaggio specifico, indirizzato ai pastori. Nell’originale greco Luca lo definisce un “evangelo” e ha un contenuto squisitamente teologico: “Oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore” (Lc 2,1). Anche in questo caso abbiamo un piccolo Credo cristiano che ruota attorno a tre titoli fondamentali attribuiti al Bambino: Salvatore, Cristo (cioè Messia), Signore (cioè Dio). Anche Paolo conosce questo Credo e lo cita scrivendo ai cristiani di Filippi: “Aspettiamo il Salvatore, il Signore Gesù Cristo” (3,20). Lo esplicita a Tito: “il nostro grande Dio e Salvatore Gesù Cristo” (seconda Lettura: Tt 2,11-14).
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