Già il profeta Malachia (prima Lettura: Ml 3,1-4) aveva preannunciato che “subito” il Messia sarebbe entrato nel Tempio. E Daniele (Dn 9,24-27), aveva precisato che ciò sarebbe avvenuto dopo 70 misteriose “settimane”. La somma dei dati cronologici che scandiscono gli avvenimenti intorno al Natale del Signore è proprio di 490 giorni (6 mesi tra l’annunciazione a Zaccaria e quella a Maria (1,26.36), cioè 180 giorni, nove mesi tra l’annunciazione a Maria e la nascita di Gesù, cioè 270 giorni, 40 giorni tra il Natale e la presentazione di Gesù al tempio (Lv 12,3), pari alle “70 settimane di giorni” di Dn 9,24 dopo le quali il Messia sarebbe entrato nel Tempio per “espiare l’iniquità, portare una giustizia eterna”;
Nel Tempio Gesù è accolto da due poveri vecchietti, Simeone ed Anna, ma che ci vengono presentati come modello di credenti.
Il nome Simeone richiama all’ascolto: Sim’on in ebraico significa “Colui che ascolta”. Simeone è un uomo d’ascolto, che si macera nella meditazione della Sacra Scrittura, da lui richiamata due volte, con due citazioni di Isaia (Is 52,10; 49,6). È un uomo aduso alla lettura della Bibbia che egli sa attualizzare nella sua vita, comprendendo che lui stesso sta assaporando la salvezza del Signore nella fragile carne di quel neonato presentato al Tempio.
È un uomo abitato dallo Spirito Santo: per tre volte si parla dell’azione dello Spirito di lui (Lc 2,25-27). Simeone è un uomo che ha approfondito la Scrittura, e quindi si è lasciato riempire dallo Spirito Santo, ed è diventato un profeta.
È un uomo che pur nell’età anziana continua a sperare, ad attendere: “Egli attendeva la consolazione d’Israele” (Lc 2,25).
Simeone non è un uomo rinchiuso in se stesso, ripiegato sul proprio passato: è aperto al futuro. È capace di meraviglia, di stupore. Non è un uomo stanco e amareggiato dalla vita, geloso del passato, diffidente, pauroso: è persona aperta al nuovo, capace di sognare, proiettato nel futuro.
Simeone è anche un uomo accogliente, capace di tenerezza, che prende dolcemente fra le braccia quel piccolo bambino. “Simeone dice: «I miei occhi hanno visto la tua salvezza» (Lc 2,30). Vede il Bambino e vede la salvezza. Non vede il Messia che compie prodigi, ma un piccolo bimbo. Non vede qualcosa di straordinario, ma Gesù coi genitori, che portano al tempio due tortore o due colombi, cioè l’offerta più umile. Simeone vede la semplicità di Dio e accoglie la sua presenza. Non cerca altro, non chiede e non vuole di più, gli basta vedere il Bambino e prenderlo tra le braccia: “Nunc dimittis, ora puoi lasciarmi andare” (Lc 2,29). Gli basta Dio com’è. In Lui trova il senso ultimo della vita” (Papa Francesco).
Simeone soprattutto è un uomo che prega. Pur sentendosi vicino alla morte, non è un uomo che si rammarica con Dio per il decadimento presente, ma è capace di ringraziamento, di lode, di benedizione. Luca gli mette sulle labbra un meraviglioso inno, il “Nunc dimittis”.
E proprio perché Simeone sta sperimentando in totalità il Dio che viene, il “Nunc dimittis” è anche la preghiera di un anziano che si prepara serenamente a morire. Simeone sfida apertamente i tabù dell’uomo moderno, che rifiuta il concetto di invecchiamento e che cerca di rimuovere il pensiero della morte. Egli infatti ha accolto quel Gesù che, ci dice la seconda Lettura, “è venuto a liberare quelli che, per paura della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita” (Eb 2,14-18). E riconosce di avere vissuto una vita piena, in cui ha potuto sperimentare fino in fondo la potenza di Dio.
Simeone quindi, definito dalla scrittura “uomo giusto” (Lc 2,25), cioè in profonda intimità con Dio, e “timorato di Dio” (Lc 2,25), cioè umile di fronte al Creatore, è l’esempio perfetto del kalògheros, il “Calogero” della tradizione orientale, cioè l’anziano kalos, bello, realizzato in pieno dalla vita di Fede e di discepolato obbediente.
Anche Anna è esempio di un invecchiamento secondo Dio. Non è casuale che Luca dica di lei: “Anna, figlia di Fanuel, della tribù di Aser” (Lc 2,36). In questi tre nomi di persona è già racchiusa la storia di questa donna: Anna infatti in ebraico significa ”favore”, “grazia”, Fanuel significa “volto di Dio”, “visione di Dio”, o anche “che vede Dio”, Aser significa “felice”, “benedetto”, “beato”. Anna infatti è “graziata” e ha la gioia di “vedere Dio” nel neonato presentato al Tempio, e diventa quindi davvero “beata”.
E Anna, a 84 anni, divenne la prima predicatrice di Gesù, la prima evangelizzatrice: “Parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme” (Lc2,38).
Presentazione Del Signore
il:
– di:
Letture: Ml 3,1-4; Eb 2,14-18; Lc 2,22-40
Il Messia Entra Nel Tempio
Già il profeta Malachia (prima Lettura: Ml 3,1-4) aveva preannunciato che “subito” il Messia sarebbe entrato nel Tempio. E Daniele (Dn 9,24-27), aveva precisato che ciò sarebbe avvenuto dopo 70 misteriose “settimane”. La somma dei dati cronologici che scandiscono gli avvenimenti intorno al Natale del Signore è proprio di 490 giorni (6 mesi tra l’annunciazione a Zaccaria e quella a Maria (1,26.36), cioè 180 giorni, nove mesi tra l’annunciazione a Maria e la nascita di Gesù, cioè 270 giorni, 40 giorni tra il Natale e la presentazione di Gesù al tempio (Lv 12,3), pari alle “70 settimane di giorni” di Dn 9,24 dopo le quali il Messia sarebbe entrato nel Tempio per “espiare l’iniquità, portare una giustizia eterna”;
Nel Tempio Gesù è accolto da due poveri vecchietti, Simeone ed Anna, ma che ci vengono presentati come modello di credenti.
Il nome Simeone richiama all’ascolto: Sim’on in ebraico significa “Colui che ascolta”. Simeone è un uomo d’ascolto, che si macera nella meditazione della Sacra Scrittura, da lui richiamata due volte, con due citazioni di Isaia (Is 52,10; 49,6). È un uomo aduso alla lettura della Bibbia che egli sa attualizzare nella sua vita, comprendendo che lui stesso sta assaporando la salvezza del Signore nella fragile carne di quel neonato presentato al Tempio.
È un uomo abitato dallo Spirito Santo: per tre volte si parla dell’azione dello Spirito di lui (Lc 2,25-27). Simeone è un uomo che ha approfondito la Scrittura, e quindi si è lasciato riempire dallo Spirito Santo, ed è diventato un profeta.
È un uomo che pur nell’età anziana continua a sperare, ad attendere: “Egli attendeva la consolazione d’Israele” (Lc 2,25).
Simeone non è un uomo rinchiuso in se stesso, ripiegato sul proprio passato: è aperto al futuro. È capace di meraviglia, di stupore. Non è un uomo stanco e amareggiato dalla vita, geloso del passato, diffidente, pauroso: è persona aperta al nuovo, capace di sognare, proiettato nel futuro.
Simeone è anche un uomo accogliente, capace di tenerezza, che prende dolcemente fra le braccia quel piccolo bambino. “Simeone dice: «I miei occhi hanno visto la tua salvezza» (Lc 2,30). Vede il Bambino e vede la salvezza. Non vede il Messia che compie prodigi, ma un piccolo bimbo. Non vede qualcosa di straordinario, ma Gesù coi genitori, che portano al tempio due tortore o due colombi, cioè l’offerta più umile. Simeone vede la semplicità di Dio e accoglie la sua presenza. Non cerca altro, non chiede e non vuole di più, gli basta vedere il Bambino e prenderlo tra le braccia: “Nunc dimittis, ora puoi lasciarmi andare” (Lc 2,29). Gli basta Dio com’è. In Lui trova il senso ultimo della vita” (Papa Francesco).
Simeone soprattutto è un uomo che prega. Pur sentendosi vicino alla morte, non è un uomo che si rammarica con Dio per il decadimento presente, ma è capace di ringraziamento, di lode, di benedizione. Luca gli mette sulle labbra un meraviglioso inno, il “Nunc dimittis”.
E proprio perché Simeone sta sperimentando in totalità il Dio che viene, il “Nunc dimittis” è anche la preghiera di un anziano che si prepara serenamente a morire. Simeone sfida apertamente i tabù dell’uomo moderno, che rifiuta il concetto di invecchiamento e che cerca di rimuovere il pensiero della morte. Egli infatti ha accolto quel Gesù che, ci dice la seconda Lettura, “è venuto a liberare quelli che, per paura della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita” (Eb 2,14-18). E riconosce di avere vissuto una vita piena, in cui ha potuto sperimentare fino in fondo la potenza di Dio.
Simeone quindi, definito dalla scrittura “uomo giusto” (Lc 2,25), cioè in profonda intimità con Dio, e “timorato di Dio” (Lc 2,25), cioè umile di fronte al Creatore, è l’esempio perfetto del kalògheros, il “Calogero” della tradizione orientale, cioè l’anziano kalos, bello, realizzato in pieno dalla vita di Fede e di discepolato obbediente.
Anche Anna è esempio di un invecchiamento secondo Dio. Non è casuale che Luca dica di lei: “Anna, figlia di Fanuel, della tribù di Aser” (Lc 2,36). In questi tre nomi di persona è già racchiusa la storia di questa donna: Anna infatti in ebraico significa ”favore”, “grazia”, Fanuel significa “volto di Dio”, “visione di Dio”, o anche “che vede Dio”, Aser significa “felice”, “benedetto”, “beato”. Anna infatti è “graziata” e ha la gioia di “vedere Dio” nel neonato presentato al Tempio, e diventa quindi davvero “beata”.
E Anna, a 84 anni, divenne la prima predicatrice di Gesù, la prima evangelizzatrice: “Parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme” (Lc 2,38).
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