Dal Vangelo secondo Giovanni

Giovanni 1, 6-8.19-28

6 Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. 7 Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. 8 Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce… 19 E questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: “Tu, chi sei?”. 20 Egli confessò e non negò. Confessò: “Io non sono il Cristo”. 21 Allora gli chiesero: “Chi sei, dunque? Sei tu Elia?”. “Non lo sono”, disse. “Sei tu il profeta?”. “No”, rispose. 22 Gli dissero allora: “Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?”. 23 Rispose: “Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia”.24 Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. 25 Essi lo interrogarono e gli dissero: “Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?”. 26 Giovanni rispose loro: “Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, 27 colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo”. 28 Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, ​sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it).
Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.

Mentre Matteo e Giovanni 21 pongono la prima apparizione di Gesù Risorto in Galilea, il Vangelo odierno (Gv 20,19-31), come Luca e Marco 16, la presenta a Gerusalemme. Lo schema è quello classico dei racconti di apparizione: a) si descrive la misera situazione dei discepoli (v. 19); b) si racconta l’improvvisa manifestazione (v. 19); c) c’è un saluto (v. 19); d) avviene il riconoscimento (v. 19); e) si conclude con un comando (vv. 21-23).

Le due apparizioni raccontateci dal Vangelo di oggi avvengono il primo giorno dopo il sabato (vv. 19.26). Il riferimento è liturgico: i cristiani, consci della centralità della Resurrezione, si riuniscono per celebrarla nella sua ricorrenza settimanale (At 20,7; 1 Cor 16,2), rimarcando non solo il distacco dall’ebraismo, ma soprattutto che l’Eucarestia domenicale è luogo dell’incontro con il Risorto (Ap 1,10).

Gesù Risorto porta doni ai suoi: queste elargizioni non sono solo per gli Apostoli, ma per tutti i credenti (Lc 24,33).

Il primo dono è la pace e la gioia: “Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore” (Gv 20,19-20; cfr Ap 19,7; 21,3-4). La pace è la riconciliazione cosmica con Dio e con tutti gli uomini che è foriera di allegria profonda anche nel dolore. “La Resurrezione di Gesù non è soltanto ciò che ci attende dopo la morte; è un fatto pasquale presente, che si attua giorno dopo giorno in colui che crede e che spera, che soffre e che ama, che si lascia guidare dalla Parola nel quotidiano per seguire Gesù il quale, mediante la passione e la morte, compie il passaggio da questo mondo al Padre” (C. M. Martini).

Il secondo dono è la missione: “Come il Padre ha mandato me, così anch’io mando voi” (Gv 20, 21): i cristiani sono un popolo di inviati, di apostoli. Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha ribadito: “La Chiesa peregrinante è per sua natura missionaria” (Ad gentes, n. 2); ed ha invitato “ciascuna comunità… ad allargare la vasta trama della sua carità fino ai confini della terra, dimostrando per quelli che sono lontani la stessa sollecitudine che ha per coloro che sono i suoi propri membri” (id., n. 37). La missione fa parte quindi costitutiva, integrante della vita della Chiesa: non siamo chiamati ad una salvezza individuale, ma siamo stati salvati per salvare, consolati per consolare, liberati per liberare.

Il terzo dono è lo Spirito Santo “alitato” sui discepoli, forse traccia di un antico rito di ordinazione: “Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo»” (Gv 18,22: cfr 14,26; 16,7): è consacrazione profetica (Gv 17,18-19), è nuova creazione (Gen 2,7; Sap 15,11; Ez 37,4-5), è il battesimo dei discepoli (Gv 3,5).

Il quarto dono è il potere di perdonare: “A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi” (Gv 20,23: cfr Mt 16,19; 18,18): non solo il perdono “sacramentale”, ma anche quello reciproco (Mt 6,12; 18,22) e di riconciliazione del mondo (Mc 16,15-16; Lc 24,47).

Nel capitolo 20 del Vangelo di Giovanni ci sono presentati quattro esempi di fede nella Resurrezione: il discepolo amato, che crede subito vedendo il sepolcro vuoto e le bende per terra (Gv 20,3-8); Maria di Magdala, che pur ha visto gli angeli al sepolcro ma che crede solo quando il Signore le appare chiamandola per nome (Gv 20,11-18); i discepoli impauriti, a cui il Cristo risorto si manifesta mostrando i segni sul suo corpo della Passione (Gv 20,19-25); il racconto di Tommaso è invece drammatizzazione del tema del dubbio (Gv 20,24-29). Ma Gesù, con l’unico macarismo, o beatitudine, presente nel Vangelo di Giovanni (insieme a 13,17) proclama “beati quelli che pur non avendo visto crederanno”.

Chi incontra il Risorto nella sua vita e ne riceve i doni diventa missionario per portare a tutti gli uomini la gioia, la pace, il perdono, l’Amore stesso di Dio.

Buona Misericordia a tutti!

Carlo Miglietta

Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.