Letture: Ger 38,4-6.8-10; Eb 12,1-4; Lc 12,49-53
Il primato dell’amore a Dio
Non solo Gesù ebbe difficoltà con la famiglia di origine, ma spesso lanciò durissimi messaggi che scuotono profondamente le nostre concezioni ireniche di vita familiare. Nel Vangelo di Luca Gesù dice chiaramente che “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo” (Lc 14,25-27). O, mamma mia! Nostro Signore, l’Amore incarnato, che ci chiama ad “odiare” (“misèin”)? Innanzitutto, nelle lingue semitiche non c’è il comparativo relativo; quindi “odiare” significa solo “amare meno”, “mettere al secondo posto”. Ma Luca non ha paura, usando il verbo “odiare”, di scandalizzare i suoi uditori greci, per rimarcare ulteriormente l’eccezionalità del messaggio di Gesù.
“Gesù, al contrario di una tendenza ben attestata nell’odierna pastorale, non teme di mettere in guardia con risolutezza e quasi scoraggiare la numerosa folla che lo segue. Egli ha il coraggio di portare tutti di fronte alle esigenze radicali della sequela… Si faccia però attenzione: Gesù non esige un amore totalitario, esclusivo per sé, che escluda i nostri amori umani. Non chiede di essere amato lui solo: chiede soltanto (!) che il discepolo ami lui più di tutti i suoi amori. Chiede di vivere tutti i nostri amori attraverso l’amore per lui, di amare gli altri con l’amore che abbiamo per lui” (L. Monti).
Il matrimonio realtà penultima
Luca aggiunge “la moglie” (Lc 14,26) all’elenco matteano di “padre, madre, figlio e figlia” (Mt 10,37). D’altra parte poco prima Gesù ha ribadito che “ho preso moglie” (Lc 14,20) non è una scusa valida di fronte alla chiamata del Signore.
Anche il matrimonio cristiano, pure realtà così alta e impegnativa, è una “realtà penultima”. L’unico fine per il credente è la sequela del Signore, lo Sposo per eccellenza. Lo scopo principale della vita matrimoniale non è l’amore reciproco, ma il seguire Gesù. Nel cristianesimo esistono quindi solo coloro che seguono in totalità il Signore da soli, i “monaci”, e coloro che lo seguono in totalità con la propria moglie o il proprio marito, per i quali spesso uso appositamente la parola “binaci”. Anche gli sposati sono chiamati ad amare “il Signore Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la forza e con tutta la mente” (Lc 10,27).
“Sono venuto a portare la divisione”
La chiamata a seguire Dio aveva portato il profeta Geremia a grandi sofferenze e a diventare uomo di discordia (Prima Lettura: Ger 38,4-6.8-10). Gesù addirittura “si sottopose alla croce, disprezzando l’ignominia…, sopportando contro di sé una così grande ostilità dei peccatori” (Seconda Lettura: Eb 12,1-4). Anche la chiamata che Gesù ci fa può essere lacerante, e fonte di grandi sofferenze, come già aveva profetizzato su Gesù Bambino il vecchio Simeone nel Tempio: “Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione” (Lc 2,34-35). Gesù è davvero un fuoco divorante: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione («diamerismòn»)” (Lc 12,49.51).
“La persona e l’opera di Gesù non lasciano indifferenti coloro che ne vengono a conoscenza. È come un fuoco che riscalda, infiamma, purifica gli uomini che incontra… Le proposte di Cristo sono pertanto incendiarie, non lasciano indisturbati uomini e cose, provocano una rivoluzione («diamerismòs») in chi le accoglie” (O. da Spinetoli).
Gesù riprende dunque una dura previsione che i profeti avevano fatto circa il Messia: la sua venuta avrebbe provocato addirittura spaccature nelle famiglie.
Ma seguire Gesù è tutto. Il suo amore è un amore geloso, totalizzante. Gesù è l’Assoluto che piomba nelle vite umane: di fronte a lui tutto sfuma, è relativizzato, perde importanza. Gesù, affermava papa Francesco, “divide anche i legami più stretti perché pone il criterio: vivere per se stessi, o vivere per Dio e per gli altri; farsi servire, o servire; obbedire al proprio io o obbedire a Dio”.
Davvero allora “chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà” (Mt 16,25): è questo il più citato dei detti del Signore, che si trova nei Vangeli ben sei volte. Solo nel dono totale della vita al Signore troveremo la felicità, la realizzazione, la pienezza.
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Domenica XX Anno C
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Letture: Ger 38,4-6.8-10; Eb 12,1-4; Lc 12,49-53
Il primato dell’amore a Dio
Non solo Gesù ebbe difficoltà con la famiglia di origine, ma spesso lanciò durissimi messaggi che scuotono profondamente le nostre concezioni ireniche di vita familiare. Nel Vangelo di Luca Gesù dice chiaramente che “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo” (Lc 14,25-27). O, mamma mia! Nostro Signore, l’Amore incarnato, che ci chiama ad “odiare” (“misèin”)? Innanzitutto, nelle lingue semitiche non c’è il comparativo relativo; quindi “odiare” significa solo “amare meno”, “mettere al secondo posto”. Ma Luca non ha paura, usando il verbo “odiare”, di scandalizzare i suoi uditori greci, per rimarcare ulteriormente l’eccezionalità del messaggio di Gesù.
“Gesù, al contrario di una tendenza ben attestata nell’odierna pastorale, non teme di mettere in guardia con risolutezza e quasi scoraggiare la numerosa folla che lo segue. Egli ha il coraggio di portare tutti di fronte alle esigenze radicali della sequela… Si faccia però attenzione: Gesù non esige un amore totalitario, esclusivo per sé, che escluda i nostri amori umani. Non chiede di essere amato lui solo: chiede soltanto (!) che il discepolo ami lui più di tutti i suoi amori. Chiede di vivere tutti i nostri amori attraverso l’amore per lui, di amare gli altri con l’amore che abbiamo per lui” (L. Monti).
Il matrimonio realtà penultima
Luca aggiunge “la moglie” (Lc 14,26) all’elenco matteano di “padre, madre, figlio e figlia” (Mt 10,37). D’altra parte poco prima Gesù ha ribadito che “ho preso moglie” (Lc 14,20) non è una scusa valida di fronte alla chiamata del Signore.
Anche il matrimonio cristiano, pure realtà così alta e impegnativa, è una “realtà penultima”. L’unico fine per il credente è la sequela del Signore, lo Sposo per eccellenza. Lo scopo principale della vita matrimoniale non è l’amore reciproco, ma il seguire Gesù. Nel cristianesimo esistono quindi solo coloro che seguono in totalità il Signore da soli, i “monaci”, e coloro che lo seguono in totalità con la propria moglie o il proprio marito, per i quali spesso uso appositamente la parola “binaci”. Anche gli sposati sono chiamati ad amare “il Signore Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la forza e con tutta la mente” (Lc 10,27).
“Sono venuto a portare la divisione”
La chiamata a seguire Dio aveva portato il profeta Geremia a grandi sofferenze e a diventare uomo di discordia (Prima Lettura: Ger 38,4-6.8-10). Gesù addirittura “si sottopose alla croce, disprezzando l’ignominia…, sopportando contro di sé una così grande ostilità dei peccatori” (Seconda Lettura: Eb 12,1-4). Anche la chiamata che Gesù ci fa può essere lacerante, e fonte di grandi sofferenze, come già aveva profetizzato su Gesù Bambino il vecchio Simeone nel Tempio: “Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione” (Lc 2,34-35). Gesù è davvero un fuoco divorante: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione («diamerismòn»)” (Lc 12,49.51).
“La persona e l’opera di Gesù non lasciano indifferenti coloro che ne vengono a conoscenza. È come un fuoco che riscalda, infiamma, purifica gli uomini che incontra… Le proposte di Cristo sono pertanto incendiarie, non lasciano indisturbati uomini e cose, provocano una rivoluzione («diamerismòs») in chi le accoglie” (O. da Spinetoli).
Gesù riprende dunque una dura previsione che i profeti avevano fatto circa il Messia: la sua venuta avrebbe provocato addirittura spaccature nelle famiglie.
Ma seguire Gesù è tutto. Il suo amore è un amore geloso, totalizzante. Gesù è l’Assoluto che piomba nelle vite umane: di fronte a lui tutto sfuma, è relativizzato, perde importanza. Gesù, affermava papa Francesco, “divide anche i legami più stretti perché pone il criterio: vivere per se stessi, o vivere per Dio e per gli altri; farsi servire, o servire; obbedire al proprio io o obbedire a Dio”.
Davvero allora “chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà” (Mt 16,25): è questo il più citato dei detti del Signore, che si trova nei Vangeli ben sei volte. Solo nel dono totale della vita al Signore troveremo la felicità, la realizzazione, la pienezza.
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Letture: Ger 38,4-6.8-10; Eb 12,1-4; Lc 12,49-53
Il primato dell’amore a Dio
Non solo Gesù ebbe difficoltà con la famiglia di origine, ma spesso lanciò durissimi messaggi che scuotono profondamente le nostre concezioni ireniche di vita familiare. Nel Vangelo di Luca Gesù dice chiaramente che “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo” (Lc 14,25-27). O, mamma mia! Nostro Signore, l’Amore incarnato, che ci chiama ad “odiare” (“misèin”)? Innanzitutto, nelle lingue semitiche non c’è il comparativo relativo; quindi “odiare” significa solo “amare meno”, “mettere al secondo posto”. Ma Luca non ha paura, usando il verbo “odiare”, di scandalizzare i suoi uditori greci, per rimarcare ulteriormente l’eccezionalità del messaggio di Gesù.
“Gesù, al contrario di una tendenza ben attestata nell’odierna pastorale, non teme di mettere in guardia con risolutezza e quasi scoraggiare la numerosa folla che lo segue. Egli ha il coraggio di portare tutti di fronte alle esigenze radicali della sequela… Si faccia però attenzione: Gesù non esige un amore totalitario, esclusivo per sé, che escluda i nostri amori umani. Non chiede di essere amato lui solo: chiede soltanto (!) che il discepolo ami lui più di tutti i suoi amori. Chiede di vivere tutti i nostri amori attraverso l’amore per lui, di amare gli altri con l’amore che abbiamo per lui” (L. Monti).
Il matrimonio realtà penultima
Luca aggiunge “la moglie” (Lc 14,26) all’elenco matteano di “padre, madre, figlio e figlia” (Mt 10,37). D’altra parte poco prima Gesù ha ribadito che “ho preso moglie” (Lc 14,20) non è una scusa valida di fronte alla chiamata del Signore.
Anche il matrimonio cristiano, pure realtà così alta e impegnativa, è una “realtà penultima”. L’unico fine per il credente è la sequela del Signore, lo Sposo per eccellenza. Lo scopo principale della vita matrimoniale non è l’amore reciproco, ma il seguire Gesù. Nel cristianesimo esistono quindi solo coloro che seguono in totalità il Signore da soli, i “monaci”, e coloro che lo seguono in totalità con la propria moglie o il proprio marito, per i quali spesso uso appositamente la parola “binaci”. Anche gli sposati sono chiamati ad amare “il Signore Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la forza e con tutta la mente” (Lc 10,27).
“Sono venuto a portare la divisione”
La chiamata a seguire Dio aveva portato il profeta Geremia a grandi sofferenze e a diventare uomo di discordia (Prima Lettura: Ger 38,4-6.8-10). Gesù addirittura “si sottopose alla croce, disprezzando l’ignominia…, sopportando contro di sé una così grande ostilità dei peccatori” (Seconda Lettura: Eb 12,1-4). Anche la chiamata che Gesù ci fa può essere lacerante, e fonte di grandi sofferenze, come già aveva profetizzato su Gesù Bambino il vecchio Simeone nel Tempio: “Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione” (Lc 2,34-35). Gesù è davvero un fuoco divorante: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione («diamerismòn»)” (Lc 12,49.51).
“La persona e l’opera di Gesù non lasciano indifferenti coloro che ne vengono a conoscenza. È come un fuoco che riscalda, infiamma, purifica gli uomini che incontra… Le proposte di Cristo sono pertanto incendiarie, non lasciano indisturbati uomini e cose, provocano una rivoluzione («diamerismòs») in chi le accoglie” (O. da Spinetoli).
Gesù riprende dunque una dura previsione che i profeti avevano fatto circa il Messia: la sua venuta avrebbe provocato addirittura spaccature nelle famiglie.
Ma seguire Gesù è tutto. Il suo amore è un amore geloso, totalizzante. Gesù è l’Assoluto che piomba nelle vite umane: di fronte a lui tutto sfuma, è relativizzato, perde importanza. Gesù, affermava papa Francesco, “divide anche i legami più stretti perché pone il criterio: vivere per se stessi, o vivere per Dio e per gli altri; farsi servire, o servire; obbedire al proprio io o obbedire a Dio”.
Davvero allora “chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà” (Mt 16,25): è questo il più citato dei detti del Signore, che si trova nei Vangeli ben sei volte. Solo nel dono totale della vita al Signore troveremo la felicità, la realizzazione, la pienezza.
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