Letture: At 13,14.43-52; Ap 7,9.14b-17; Gv 10,27-30
Gesù in Giovanni al capitolo 10 si presenta come il pastore “kalòs” (Gv 10,11), letteralmente “bello”, cioè “ideale”, “modello”, “perfetto”. Il Nazareno si proclama il Dio Pastore, con l’uso per sé del Nome santo di Dio (“Io sono”: Gv 10,9.11): egli dà la sua vita per le pecore (in Gv 10,11-18 lo ripete ben cinque volte), rendendosi cibo per esse, “pane della vita” (Gv 6,35), donandosi totalmente, facendosi spezzare e consumare. Egli è “l’Agnello Pastore che li guiderà alle fonti delle acque della vita” (Seconda Lettura: Ap 7,9.14b-17). Cristo ci salva, ci guida, ci consola, ci protegge, sazia i nostri bisogni più profondi, riempie le nostre attese, scioglie le nostre paure, vince i nostri limiti creaturali.
“I discepoli di Gesù non sono delle monadi, separati e slegati tra loro, ma costituiscono una comunità, formano un gregge, sono pecore che vivono nello stesso recinto, hanno uno stesso pastore, sono condotte fuori dall’ovile per essere portate al pascolo tutte insieme. In questo discorso non ricorre il termine «famiglia»: appare però con trasparenza che le pecore simboleggiano i discepoli del Cristo, i quali altrove dal Maestro sono chiamati suoi amici e fratelli, anzi sono affidati alle cure di sua madre. Quindi Giovanni insegna con chiarezza che i cristiani formano la Chiesa, la famiglia del Figlio di Dio” (S. A. Panimolle).
Pastore e gregge sono un tema classico dell’Antico Testamento. Secondo tutto l’Antico Testamento, IHWH è il Pastore di Israele (Gn 48,15; Sl 23; 80,2; Is 40,11…), che si serve di uomini, spesso infedeli, per pascere il suo popolo (Ger 23,1-3; Ez 34,1-10). Ma alla fine dei tempi giungerà il Pastore messianico (Ez 34,23-24), che sarà colpito (Zc 13,7) e trafitto (Zc 12,10; 13,1).
Gesù è l’inviato alle pecore perdute della casa di Israele (Mt 15,24; 10,6; Mc 6,34). Ma è il Pastore di tutti, ebrei e pagani, come ci ricorda la Prima Lettura (At 13,14.43-52), “una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua”, come contempla la Seconda Lettura (Ap 7,9.14b-17).
Gesù si proclama IHWH Pastore (“IO SONO”, vv. 9.11). Tenerezza e provvidenza di Dio; e monito a tutte le autorità che c’è un solo Pastore, il Cristo!
“Il Vangelo di oggi ci presenta un brano che con due pennellate dipinge ed esprime tutta la tenerezza e l’amore del Padre e di Gesù per ciascuno di noi.
In questo piccolo racconto c’è soprattutto Lui, Gesù, mandato dal Padre a dare la vita, perché noi l’avessimo e in abbondanza, e poi ciascuno di noi, conosciuto per nome, con tutti i propri travagli e difficoltà, a cui dice: sei «mio», non nel senso del possesso, ma dell’attenzione e cura che vuole dedicarci.
Nello sguardo di Gesù c’è lo sguardo di Dio: uno sguardo, che ci segue nel cammino, a volte tortuoso delle nostre giornate, incredibilmente e meravigliosamente compassionevole, di chi con noi patisce, per poterci dare la Sua stessa forza…
È una grande Grazia riuscire a percepire e credere che Lui non accetta facilmente che ci «perdiamo»: «Nessuno le strapperà dalla mia mano». E quando anche qualche volta, per dabbenaggine o per altre ragioni, siamo noi stessi che ci allontaniamo, sappiamo che Gesù non smette mai di cercarci e ci rassicura: «Non andranno perdute in eterno»!
Ma una cosa chiede, ieri, oggi e sempre ai Suoi, a noi: «ascoltare la Sua voce»!
È questo il primo compito del cristiano: ascoltare Gesù che ci parla, ci salva con la Sua Parola, fa più robusta e forte la nostra fede, trasforma la nostra vita. Più volte anche Papa Francesco ci ha già richiamati su questo aspetto…: «Durante la giornata», ha osservato il Santo Padre, durante una visita pastorale in una parrocchia romana, «si ascoltano spesso altre voci: la radio, la televisione, le chiacchiere delle persone. Ma vi faccio una domanda: Prendiamo un po’ di tempo ogni giorno per ascoltare la Parola di Gesù? A casa abbiamo il Vangelo e ogni giorno ne leggiamo un brano o abbiamo paura, non siamo abituati?… Ascoltare la Parola di Gesù nutre l’anima, la fede. La Sua Parola entra nel nostro cuore e ci fa più forti nella fede»“.
Solo così possiamo «rimanere nel Suo amore» e diventare, nonostante le nostre debolezze, comunicatori di gioia evangelica, di speranza e felicità di essere con Dio e nel Cuore di Dio, «una cosa sola con Gesù e con il Padre suo»“ (Mons. Antonio Riboldi).
IV Domenica Di Pasqua Anno C
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Letture: At 13,14.43-52; Ap 7,9.14b-17; Gv 10,27-30
Gesù in Giovanni al capitolo 10 si presenta come il pastore “kalòs” (Gv 10,11), letteralmente “bello”, cioè “ideale”, “modello”, “perfetto”. Il Nazareno si proclama il Dio Pastore, con l’uso per sé del Nome santo di Dio (“Io sono”: Gv 10,9.11): egli dà la sua vita per le pecore (in Gv 10,11-18 lo ripete ben cinque volte), rendendosi cibo per esse, “pane della vita” (Gv 6,35), donandosi totalmente, facendosi spezzare e consumare. Egli è “l’Agnello Pastore che li guiderà alle fonti delle acque della vita” (Seconda Lettura: Ap 7,9.14b-17). Cristo ci salva, ci guida, ci consola, ci protegge, sazia i nostri bisogni più profondi, riempie le nostre attese, scioglie le nostre paure, vince i nostri limiti creaturali.
“I discepoli di Gesù non sono delle monadi, separati e slegati tra loro, ma costituiscono una comunità, formano un gregge, sono pecore che vivono nello stesso recinto, hanno uno stesso pastore, sono condotte fuori dall’ovile per essere portate al pascolo tutte insieme. In questo discorso non ricorre il termine «famiglia»: appare però con trasparenza che le pecore simboleggiano i discepoli del Cristo, i quali altrove dal Maestro sono chiamati suoi amici e fratelli, anzi sono affidati alle cure di sua madre. Quindi Giovanni insegna con chiarezza che i cristiani formano la Chiesa, la famiglia del Figlio di Dio” (S. A. Panimolle).
Pastore e gregge sono un tema classico dell’Antico Testamento. Secondo tutto l’Antico Testamento, IHWH è il Pastore di Israele (Gn 48,15; Sl 23; 80,2; Is 40,11…), che si serve di uomini, spesso infedeli, per pascere il suo popolo (Ger 23,1-3; Ez 34,1-10). Ma alla fine dei tempi giungerà il Pastore messianico (Ez 34,23-24), che sarà colpito (Zc 13,7) e trafitto (Zc 12,10; 13,1).
Gesù è l’inviato alle pecore perdute della casa di Israele (Mt 15,24; 10,6; Mc 6,34). Ma è il Pastore di tutti, ebrei e pagani, come ci ricorda la Prima Lettura (At 13,14.43-52), “una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua”, come contempla la Seconda Lettura (Ap 7,9.14b-17).
Gesù si proclama IHWH Pastore (“IO SONO”, vv. 9.11). Tenerezza e provvidenza di Dio; e monito a tutte le autorità che c’è un solo Pastore, il Cristo!
“Il Vangelo di oggi ci presenta un brano che con due pennellate dipinge ed esprime tutta la tenerezza e l’amore del Padre e di Gesù per ciascuno di noi.
In questo piccolo racconto c’è soprattutto Lui, Gesù, mandato dal Padre a dare la vita, perché noi l’avessimo e in abbondanza, e poi ciascuno di noi, conosciuto per nome, con tutti i propri travagli e difficoltà, a cui dice: sei «mio», non nel senso del possesso, ma dell’attenzione e cura che vuole dedicarci.
Nello sguardo di Gesù c’è lo sguardo di Dio: uno sguardo, che ci segue nel cammino, a volte tortuoso delle nostre giornate, incredibilmente e meravigliosamente compassionevole, di chi con noi patisce, per poterci dare la Sua stessa forza…
È una grande Grazia riuscire a percepire e credere che Lui non accetta facilmente che ci «perdiamo»: «Nessuno le strapperà dalla mia mano». E quando anche qualche volta, per dabbenaggine o per altre ragioni, siamo noi stessi che ci allontaniamo, sappiamo che Gesù non smette mai di cercarci e ci rassicura: «Non andranno perdute in eterno»!
Ma una cosa chiede, ieri, oggi e sempre ai Suoi, a noi: «ascoltare la Sua voce»!
È questo il primo compito del cristiano: ascoltare Gesù che ci parla, ci salva con la Sua Parola, fa più robusta e forte la nostra fede, trasforma la nostra vita. Più volte anche Papa Francesco ci ha già richiamati su questo aspetto…: «Durante la giornata», ha osservato il Santo Padre, durante una visita pastorale in una parrocchia romana, «si ascoltano spesso altre voci: la radio, la televisione, le chiacchiere delle persone. Ma vi faccio una domanda: Prendiamo un po’ di tempo ogni giorno per ascoltare la Parola di Gesù? A casa abbiamo il Vangelo e ogni giorno ne leggiamo un brano o abbiamo paura, non siamo abituati?… Ascoltare la Parola di Gesù nutre l’anima, la fede. La Sua Parola entra nel nostro cuore e ci fa più forti nella fede»“.
Solo così possiamo «rimanere nel Suo amore» e diventare, nonostante le nostre debolezze, comunicatori di gioia evangelica, di speranza e felicità di essere con Dio e nel Cuore di Dio, «una cosa sola con Gesù e con il Padre suo»“ (Mons. Antonio Riboldi).
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