Dal Vangelo secondo Luca
Luca 9, 11-17
10 Al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che avevano fatto. Allora li prese con sé e si ritirò verso una città chiamata Betsàida. 11 Ma le folle lo seppero e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlar loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. 12 Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla, perché vada nei villaggi e nelle campagne dintorno per alloggiare e trovar cibo, poiché qui siamo in una zona deserta». 13 Gesù disse loro: «Dategli voi stessi da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». 14 C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai discepoli: «Fateli sedere per gruppi di cinquanta». 15 Così fecero e li invitarono a sedersi tutti quanti. 16 Allora egli prese i cinque pani e i due pesci e, levati gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero alla folla. 17 Tutti mangiarono e si saziarono e delle parti loro avanzate furono portate via dodici ceste.
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it).
Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
Il diritto di tutti al pane
Gesù non afferma che i beni siano qualche cosa in sé di negativo: anzi, più volte mostra la sua preoccupazione perché tutti ne abbiano a sufficienza per una vita dignitosa.
Si pensi alla sollecitudine di Gesù nel moltiplicare pane e pesci per le folle affamate, miracolo che ci è riportato da tutti e quattro gli Evangelisti, ma che Marco e Matteo ci raccontano ben due volte (Mc 6,30-44; 8,1-16; Mt 14,13-21; 15,32-39; Lc 9,10-17; Gv 6,1-13).
Davanti a Gesù stanno le folle affamate: “Egli le accolse e prese a parlar loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure” (Lc 9,11): hanno bisogno non solo di pane, quanto di senso della vita, di guarigione, di pace, di felicità (Gv 6,5).
Gesù mette alla prova (la “prova” è un tema tipicamente esodico: Es 15; 16; 20; 32…) la sua Chiesa, invitandola a sfamare questa gente. E la sua Chiesa subito si mette a fare calcoli umani, pensando come potere risolvere il problema secondo la logica mondana (Lc 9,13). Gesù la spiazza completamente, imbandendo, nella sua onnipotenza, la Pasqua messianica: ordina che la folla sia fatta sdraiare, per il lauto e sovrabbondante banchetto del “Giorno di IHWH” (Lc 9,17: cfr Pr 9,1-5; Is 25,6-12; 55,1-2; Ap 19,9.18), per un totale di cinquemila uomini (Lc 9,14: la Pasqua escatologica non si celebra più in famiglia, come richiedeva Es 12,3, ma in comunità).
Il sogno di un mondo conviviale
Gesù insegna che “i bisogni materiali vanno soddisfatti. Non vi può essere regola religiosa od economica ad impedirlo” (A. Agnelli). Gesù ribadisce che “il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato” (Mc 2,27), insegnando che tutte le leggi e le regole devono avere al centro la persona umana. “Vanno annullate tutte le leggi umane, religiose ed economico-sociali che impediscono l’accesso ai beni della terra” (A. Agnelli). Quale ammonimento per la nostra economia che ha al centro il capitale e non certo la persona!
“Gesù ha vissuto proponendo un progetto di una società completamente diversa da quella in cui viviamo. Voleva una società in cui le persone fossero considerate come uguali, con uguale dignità e diritti, tutti importanti e unici. Noi oggi viviamo una drammatica contraddizione. Un modello di società secondo lo stile della convivialità e della condivisione è in netto contrasto con il sistema economico che ci viene imposto e domina il nostro quotidiano. È questo un sistema pensato e gestito per produrre disuguaglianze e iniquità: disuguaglianze di tipo economico con la concentrazione del capitale mondiale in pochi paesi e in grandi imprese multinazionali nelle mani di pochi senza scrupoli nell’usare violenza e dominazione, con il dominio della finanza e lo svuotamento del lavoro delle persone. Sperimentiamo disuguaglianze nel campo dei diritti: milioni di persone non sono riconosciute nel loro essere appartenenti all’unica famiglia umana, e sono costretti a vivere nella paura e nella clandestinità. Con tutti questi generi di disuguaglianze le religioni possono divenire luoghi di conferma e sostegno di un sistema oppressivo e spesso ne stanno al servizio: utilizzano i loro rituali per tranquillizzare coscienze e perpetuare i sistemi della violenza e della morte” (A. Cortesi).
“Voi stessi date loro da mangiare”
Gesù esorta i discepoli: “Voi stessi date loro da mangiare” (Mc 6,37; Lc 9,13): tutti dobbiamo farci carico delle sofferenze dei bisognosi, è compito di tutti sfamare gli affamati di questo mondo. “É dovere cristiano, quindi, segnalare la disumanità delle leggi economiche che ancor oggi impediscono a gran parte dell’umanità di potersi sfamare, dissetare, curare adeguatamente” (A. Agnelli).
Inoltre Gesù insegna che è la compartecipazione che fa il miracolo di risolvere il problema di tutti: i pochi pani e pesci a lui offerti sono trasformati dalla potenza della sua Parola in appagamento dell’esigenza alimentare delle folle.
“Gesù pone la sfida su due piani: – l’impegno personale a dare una risposta a chi ha fame; Gesù chiede di sporcarmi le mani, di metterci del mio tempo, delle mie energie, forze, intelligenza per trovare una risposta significativa ed efficace alle domande dell’umanità, e delle singole persone che incrociano il mio cammino; – il dono di sé stessi. A Gesù non basta un po’ di tempo (o anche tanto), cose, energie o soldi; potremmo dire che non si accontenta di «così poco»; chiede ai discepoli di diventare pane, di lasciarsi mangiare; chiede di diventare pane spezzato perché gli altri si possano sfamare. «Date voi stessi da mangiare», è la vita stessa che si fa nutrimento, dono; il Signore sta chiedendo tutto, in modo completo e totale, senza riserve, mezze misure. Diventare pane spezzato è lasciarsi modellare, impastare da Dio, lasciarsi cuocere dal fuoco del suo Spirito e del suo amore, por poi lasciarsi spezzare per essere mangiato da tanti; diventa il dono della vita fatto quotidianamente e totalmente” (giovaniemissione.it).
Le “sette ceste” (Mt 15,37) o, a seconda delle versioni, le “dodici ceste” (Mc 6,43; Mt 14,20; Lc 9,17; Gv 6,13) di pane avanzate, sono segno della prodigiosa sovrabbondanza che può derivare dalla condivisione, ma anche ammonimento a non sprecare i beni materiali. Il “dodici” del racconto lucano (Lc 9,17) è simbolo di pienezza, di perfezione, ma è anche il ricordo che questo miracolo avviene per intercessione dei Dodici: cioè Gesù riesce a sfamare la folla tramite la Chiesa.
Diventare pane per gli altri
Come dice Papa Francesco: “Il Signore ci fa percorrere la sua strada, quella del servizio, della condivisione, del dono, e quel poco che abbiamo, quel poco che siamo, se condiviso, diventa ricchezza, perché la potenza di Dio, che è quella dell’amore, scende nella nostra povertà per trasformarla. Chiediamoci allora…, adorando il Cristo presente realmente nell’Eucaristia: mi lascio trasformare da Lui? Lascio che il Signore che si dona a me, mi guidi a uscire sempre di più dal mio piccolo recinto, a uscire e non aver paura di donare, di condividere, di amare Lui e gli altri?”.
Scriveva il Vescovo brasiliano Mons. Pedro Casaldaliga: “Dove c’è il pane c’è Dio… La terra è un enorme piatto di riso, un pane immenso e nostro, per la fame di tutti. Dio si fa pane… La Bibbia è un menu di pane fraterno. Gesù è il pane vivo. L’universo è la nostra tavola, fratelli… Siamo famiglia nello spezzare il pane. Solo allo spezzare del pane ci potranno riconoscere. Cerchiamo di essere pane, fratelli. Dacci, Padre, il pane quotidiano: il riso, il mais o la schiacciata, il pane del sud del mondo”.
Buona Misericordia a tutti!
Carlo Miglietta
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.