Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it). Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
LA SALVEZZA È GRATUITA
La parabola del “figliol prodigo” o meglio, come viene ora chiamata, del “padre misericordioso” o del “padre modello”, è stata definita “la perla delle parabole”, “il Vangelo del Vangelo”.
Molto spesso questa parabola è stata letta come un cammino di conversione indicato ai discepoli. In realtà al suo centro c’è la teologia di Paolo, di cui Luca era collaboratore e medico, sulla giustificazione per la sola grazia di Dio e non per le opere della Legge, e la difficoltà da parte della componente giudeo-cristiana della prima Chiesa di accettare che fosse annunciata ai pagani una salvezza che non passava più dall’osservanza della Legge di Israele ma solo dall’adesione a Gesù. Fu un processo lento, laborioso e non certo indolore passare da una religiosità fatta di osservanza a prescrizioni e decreti a una Fede in un Dio Misericordia che gratuitamente salva tutti, ebrei e pagani, buoni e cattivi, giusti e peccatori.
Analizziamone la splendida dinamica. Sconcertante è l’atteggiamento del padre: “A una logica elementare la sua può apparire più incoscienza che bontà, ma egli rifiuta persino di indagare sui progetti, sulle intenzioni del secondogenito” (O. da Spinetoli). Il padre della parabola non fa nessuna minaccia, non lancia nessuna scomunica: gli lascia aperta la porta del suo amore. Il figlio prodigo, giunto al fondo del suo percorso di abiezione, è attirato dall’amore e dalla dolcezza della casa paterna, anche se neanche lui ha compreso fino a dove arriverà la bontà del genitore, e spera di poter rientrare in casa al massimo come servo. Letteralmente il testo afferma: “Essendomi alzato (anastàs) andrò da mio padre” (Lc 15,18): si usa il verbo anìstemi, il verbo della resurrezione, che in greco si dice anàstasis, e che il padre riprenderà al v. 24. Tornare al Padre è risorgere, e la resurrezione è proprio la partecipazione piena alla vita del Padre.
Ma perché decide di tornare? Per interesse: “Io qui muoio di fame!” (Lc 15,17). Siamo abituati a meditare su questa parabola prima del sacramento della Riconciliazione o in occasione di qualche liturgia penitenziale: ma “bisogna subito sfatare una mitologia che vede in questo «ritorno / rientro in sé» il principio di una conversione, al punto di presentare il «figliol prodigo» come modello del convertito. Non è così…! Il figlio non pensa al padre e al suo dolore, non è pentito di ciò che ha scelto e fatto. Egli, di fronte a tutte le porte chiuse, intravede una sola possibilità: usare e sfruttare ancora una volta il padre… Il momento della conversione è ancora lontano. Avverrà solo quando la gratuità di cui si era preso gioco lo avvolgerà del tutto nuovo: allora non avrà nemmeno bisogno di chiedere perdono, perché il perdono personificato dal padre lo aspettava già, prima ancora che lui partisse” (P. Farinella).
La salvezza non avviene per i nostri meriti ma solo per l’infinita misericordia di Dio!
IL PADRE PRODIGO!
“Il padre commosso gli corse incontro” (Lc 15,20): per la cultura orientale un padre, o chiunque eserciti l’autorità, che si metta a correre perde la sua onorabilità (Sir 19,27; Pr 19,2). Inoltre “il figlio è un guardiano dei porci, è impuro. Ebbene, il padre gli si getta al collo lo stesso… Il padre accetta di prendersi la lordura, l’impurità del figlio, pur di trasmettergli la vita” (A. Maggi).
Il figlio comincia a recitare la formula di pentimento che aveva precedentemente elaborato, ma “il padre… non lo lascia finire…, impazzito di gioia: «Questo mio figlio era morto… ed è risuscitato! Era perduto… ed è stato ritrovato! Mio figlio! Mio figlio!»” (R. Reviglio). “I Vangeli fanno capire che la cosa più inutile è chiedere perdono a Dio: mai Gesù invita i peccatori a chiedere perdono a Dio, perché Dio mai perdona, perché mai si sente offeso. Dio è amore e concede il suo amore a tutti, indipendentemente dalla loro condotta. Se è vero che mai Gesù invita a chiedere perdono a Dio, insistentemente invita gli uomini a chiedere perdono agli altri” (A. Maggi).
Le azioni poi che il Padre compie verso il figlio prodigo ci lasciano davvero stupefatti. Il figlio dissoluto non solo viene immediatamente riammesso in casa, ma è anche subito reintegrato in tutti i diritti di prima, con un vero rito di investitura, attraverso tre simboli: la veste, segno di dignità, l’anello al dito, cioè il sigillo, con cui il figlio poteva compiere tutti gli atti giuridici e amministrativi (era la firma sul conto bancario, la carta di credito a valenza illimitata, era il libretto degli assegni), e i calzari, segno di adozione filiale (Dt 25,7-10). Il figliol prodigo è ora ufficialmente proclamato Signore, Padrone, e colui che darà una discendenza al padre.
È ben comprensibile la reazione del figlio maggiore, il quale vede il restante capitale ora ridiviso in due, e che a lui, sempre ligio al lavoro e all’obbedienza nella casa paterna, toccherà ormai solo un quarto dei beni che il padre aveva all’inizio. Il figlio maggiore si sente profondamente leso nei suoi diritti: se facesse ricorso a qualunque tribunale contro questa abnorme ripartizione ereditaria, vincerebbe certamente la causa. Ma la logica del Padre non è quella della giustizia umana: è quella dell’amore, del perdono incondizionato, della grazia assoluta.
Il Padre è modello di Amore anche verso il figlio perbenista e giustizialista: “Il padre allora uscì a pregarlo (parekàlei)” (Lc 15,28). Fa lui il primo passo, uscendogli incontro; inoltre egli, che non aveva fatto nessun discorso al figlio minore quando questi se ne voleva andare, ora supplica, scongiura il primogenito a recedere dal suo irrigidimento.
Luca non ci suggerisce nessun epilogo della storia. Forse perché vuole ricordare a tutti i suoi ascoltatori che ciascuno di noi può essere sia il figlio dissoluto e peccatore che il fratello giustizialista che non lascia spazio alla misericordia del Padre. Forse in ciascuno di noi ci sono tutte e due queste dimensioni.
“Il primo passo di ogni conversione è proprio il rivedere l’idea che ci facciamo di Dio: non è un controllore esoso e vendicativo, ma una casa accogliente dove si fa festa con musica e danze” (D. Pezzini). “Di «prodigo», esagerato, qui c’è solo il Padre” (P. Curtaz).
Buona Misericordia a tutti!
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.
Vangelo di Domenica 27 Marzo: Luca 15 ,1-3.11-32
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Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it). Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
LA SALVEZZA È GRATUITA
La parabola del “figliol prodigo” o meglio, come viene ora chiamata, del “padre misericordioso” o del “padre modello”, è stata definita “la perla delle parabole”, “il Vangelo del Vangelo”.
Molto spesso questa parabola è stata letta come un cammino di conversione indicato ai discepoli. In realtà al suo centro c’è la teologia di Paolo, di cui Luca era collaboratore e medico, sulla giustificazione per la sola grazia di Dio e non per le opere della Legge, e la difficoltà da parte della componente giudeo-cristiana della prima Chiesa di accettare che fosse annunciata ai pagani una salvezza che non passava più dall’osservanza della Legge di Israele ma solo dall’adesione a Gesù. Fu un processo lento, laborioso e non certo indolore passare da una religiosità fatta di osservanza a prescrizioni e decreti a una Fede in un Dio Misericordia che gratuitamente salva tutti, ebrei e pagani, buoni e cattivi, giusti e peccatori.
Analizziamone la splendida dinamica. Sconcertante è l’atteggiamento del padre: “A una logica elementare la sua può apparire più incoscienza che bontà, ma egli rifiuta persino di indagare sui progetti, sulle intenzioni del secondogenito” (O. da Spinetoli). Il padre della parabola non fa nessuna minaccia, non lancia nessuna scomunica: gli lascia aperta la porta del suo amore. Il figlio prodigo, giunto al fondo del suo percorso di abiezione, è attirato dall’amore e dalla dolcezza della casa paterna, anche se neanche lui ha compreso fino a dove arriverà la bontà del genitore, e spera di poter rientrare in casa al massimo come servo. Letteralmente il testo afferma: “Essendomi alzato (anastàs) andrò da mio padre” (Lc 15,18): si usa il verbo anìstemi, il verbo della resurrezione, che in greco si dice anàstasis, e che il padre riprenderà al v. 24. Tornare al Padre è risorgere, e la resurrezione è proprio la partecipazione piena alla vita del Padre.
Ma perché decide di tornare? Per interesse: “Io qui muoio di fame!” (Lc 15,17). Siamo abituati a meditare su questa parabola prima del sacramento della Riconciliazione o in occasione di qualche liturgia penitenziale: ma “bisogna subito sfatare una mitologia che vede in questo «ritorno / rientro in sé» il principio di una conversione, al punto di presentare il «figliol prodigo» come modello del convertito. Non è così…! Il figlio non pensa al padre e al suo dolore, non è pentito di ciò che ha scelto e fatto. Egli, di fronte a tutte le porte chiuse, intravede una sola possibilità: usare e sfruttare ancora una volta il padre… Il momento della conversione è ancora lontano. Avverrà solo quando la gratuità di cui si era preso gioco lo avvolgerà del tutto nuovo: allora non avrà nemmeno bisogno di chiedere perdono, perché il perdono personificato dal padre lo aspettava già, prima ancora che lui partisse” (P. Farinella).
La salvezza non avviene per i nostri meriti ma solo per l’infinita misericordia di Dio!
IL PADRE PRODIGO!
“Il padre commosso gli corse incontro” (Lc 15,20): per la cultura orientale un padre, o chiunque eserciti l’autorità, che si metta a correre perde la sua onorabilità (Sir 19,27; Pr 19,2). Inoltre “il figlio è un guardiano dei porci, è impuro. Ebbene, il padre gli si getta al collo lo stesso… Il padre accetta di prendersi la lordura, l’impurità del figlio, pur di trasmettergli la vita” (A. Maggi).
Il figlio comincia a recitare la formula di pentimento che aveva precedentemente elaborato, ma “il padre… non lo lascia finire…, impazzito di gioia: «Questo mio figlio era morto… ed è risuscitato! Era perduto… ed è stato ritrovato! Mio figlio! Mio figlio!»” (R. Reviglio). “I Vangeli fanno capire che la cosa più inutile è chiedere perdono a Dio: mai Gesù invita i peccatori a chiedere perdono a Dio, perché Dio mai perdona, perché mai si sente offeso. Dio è amore e concede il suo amore a tutti, indipendentemente dalla loro condotta. Se è vero che mai Gesù invita a chiedere perdono a Dio, insistentemente invita gli uomini a chiedere perdono agli altri” (A. Maggi).
Le azioni poi che il Padre compie verso il figlio prodigo ci lasciano davvero stupefatti. Il figlio dissoluto non solo viene immediatamente riammesso in casa, ma è anche subito reintegrato in tutti i diritti di prima, con un vero rito di investitura, attraverso tre simboli: la veste, segno di dignità, l’anello al dito, cioè il sigillo, con cui il figlio poteva compiere tutti gli atti giuridici e amministrativi (era la firma sul conto bancario, la carta di credito a valenza illimitata, era il libretto degli assegni), e i calzari, segno di adozione filiale (Dt 25,7-10). Il figliol prodigo è ora ufficialmente proclamato Signore, Padrone, e colui che darà una discendenza al padre.
È ben comprensibile la reazione del figlio maggiore, il quale vede il restante capitale ora ridiviso in due, e che a lui, sempre ligio al lavoro e all’obbedienza nella casa paterna, toccherà ormai solo un quarto dei beni che il padre aveva all’inizio. Il figlio maggiore si sente profondamente leso nei suoi diritti: se facesse ricorso a qualunque tribunale contro questa abnorme ripartizione ereditaria, vincerebbe certamente la causa. Ma la logica del Padre non è quella della giustizia umana: è quella dell’amore, del perdono incondizionato, della grazia assoluta.
Il Padre è modello di Amore anche verso il figlio perbenista e giustizialista: “Il padre allora uscì a pregarlo (parekàlei)” (Lc 15,28). Fa lui il primo passo, uscendogli incontro; inoltre egli, che non aveva fatto nessun discorso al figlio minore quando questi se ne voleva andare, ora supplica, scongiura il primogenito a recedere dal suo irrigidimento.
Luca non ci suggerisce nessun epilogo della storia. Forse perché vuole ricordare a tutti i suoi ascoltatori che ciascuno di noi può essere sia il figlio dissoluto e peccatore che il fratello giustizialista che non lascia spazio alla misericordia del Padre. Forse in ciascuno di noi ci sono tutte e due queste dimensioni.
“Il primo passo di ogni conversione è proprio il rivedere l’idea che ci facciamo di Dio: non è un controllore esoso e vendicativo, ma una casa accogliente dove si fa festa con musica e danze” (D. Pezzini). “Di «prodigo», esagerato, qui c’è solo il Padre” (P. Curtaz).
Buona Misericordia a tutti!
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Spazio Spadoni
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Vangelo di domenica 09 febbraio: V Domenica C: Luca 5, 1-11
Vangelo di domenica 02 febbraio: Presentazione del Signore C: Luca 2, 22-40
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Vangelo di domenica 19 gennaio: Giovanni 2,1-11
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Vangelo di Lunedì 1 Novembre: Luca 6, 17. 20-26/ Matteo 5, 1-12
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Vangelo di Domenica 29 Agosto: Marco 7, 1-8.14-15.21-23
Vangelo di Domenica 22 Agosto: Giovanni 6, 60-70
Vangelo di Domenica 15 Agosto: Luca 1, 39-56
Vangelo di Domenica 8 Agosto: Giovanni 6, 41-51
Vangelo di Domenica 1 Agosto: Giovanni 6, 24-35
Vangelo di Domenica 25 Luglio: Giovanni 6, 1-15
Vangelo di Domenica 18 Luglio: Marco 6, 30-34
Vangelo di Domenica 11 Luglio: Marco 6, 7-13
Vangelo di Domenica 4 Luglio: Marco 6, 1-6
Vangelo di Martedì 29 Giugno: Matteo 16, 13-19
Vangelo di Domenica 27 Giugno: Marco 5, 21-43
Vangelo di Domenica 20 Giugno: Marco 4, 35-41
Vangelo di Domenica 13 Giugno: Marco 4, 26-34
Vangelo di Domenica 6 Giugno: Marco 14, 12-16.22-26
Vangelo di Martedì 30 Maggio: Matteo 28, 16-20
Vangelo di Domenica 23 Maggio: Luca 24, 35-48
Vangelo di Domenica 16 Maggio: Marco 16, 15-20
Vangelo di Domenica 9 Maggio: Giovanni 15, 9-17
Vangelo di Domenica 2 Maggio: Giovanni 15, 1-8
Vangelo di Domenica 25 Aprile: Giovanni 10, 11-18
Vangelo di Domenica 18 Aprile: Luca 24, 35-48
Vangelo di Domenica 11 Aprile: Giovanni 20, 19-31
Vangelo di Venerdì 2 Aprile: Giovanni 18-19
Vangelo di Giovedì 1 Aprile: Giovanni 13, 1-15
Vangelo di Domenica 28 Marzo: Marco 14-15
Vangelo di Domenica 21 Marzo: Giovanni 12, 20-33
Vangelo di Domenica 14 Marzo: Giovanni 3, 14-21
Vangelo di Domenica 7 Marzo: Giovanni 2, 13-25
Vangelo di Domenica 28 Febbraio: Marco 9, 2-10
Vangelo di Domenica 21 Febbraio: Marco 1, 12-15
Vangelo di Domenica 14 Febbraio: Marco 1, 40-45
Vangelo di Domenica 7 Febbraio: Marco 1, 29-39
Vangelo di Domenica 31 Gennaio: Marco 1, 21-28
Vangelo di Domenica 24 Gennaio: Marco 1, 14-20
Vangelo di Domenica 10 Gennaio: Marco 1, 9-11
Vangelo di Giovedì 7 Gennaio: Giovanni 1, 35-42
Vangelo di Mercoledì 6 Gennaio: Matteo 2, 1-12
Vangelo di Domenica 3 Gennaio: Giovanni 1, 1-18
Vangelo di Venerdì 1 Gennaio: Luca 2, 16-21
Vangelo di Domenica 27 Dicembre: Luca 2, 25-38
Vangelo di Venerdì 25 Dicembre: Luca 2, 1-14
Vangelo di Domenica 20 Dicembre: Luca 1, 26-38
Vangelo di Domenica 13 Dicembre: Giovanni 1, 6-8.19-28
Vangelo di Domenica 6 Dicembre: Marco 1, 1-8
Vangelo di Domenica 29 Novembre: Marco 13, 33-37
Vangelo di Domenica 22 Novembre: Matteo 25, 31-46
Vangelo di Domenica 15 novembre: Matteo 25, 14-30
Vangelo di Domenica 8 Novembre: Matteo 25, 1-13
Vangelo di Domenica 1 Novembre: Luca 6, 17. 20-26/ Matteo 5, 1-12
Vangelo di Domenica 25 Ottobre: Matteo 22, 34-40
Vangelo di Domenica 18 Ottobre: Matteo 22, 15-21
Vangelo di Domenica 10 Ottobre: Matteo 22, 1-14
Vangelo di Domenica 4 Ottobre: Matteo 21, 33-43
Vangelo di Domenica 27 Settembre: Matteo 21, 28-32
Vangelo di Domenica 20 Settembre: Matteo 20, 1-16
Vangelo di Domenica 13 Settembre: Matteo 18, 21-35
Vangelo di Domenica 6 Settembre: Matteo 18, 15-20
Vangelo di Domenica 6 Settembre