Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it). Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
PERCHÉ IL DOLORE?
La mentalità etico-giuridica ebraica e poi del mondo romano hanno spesso presentato l’incarnazione del Figlio come momento necessario affinché egli potesse sacrificarsi, morendo in croce, e dare così, essendo il Figlio infinito, soddisfazione adeguata all’offesa infinita arrecata dall’uomo a Dio con il peccato. Ma questa idea di un Padre irato e vendicativo che esige totale soddisfazione dell’offesa, e che si placa solo con l’immolazione del Figlio, non può non porci problema.
La morte di Cristo non fu “la necessità della volontà di un Dio avido di riparazione per la sua maestà offesa… L’equivoco di questa teologia, che proietta indiscriminatamente il dolore e la croce nel senso di Dio stesso, consiste nell’accettare il Padre come l’assassino di Gesù. L’ira divina non si sazia con la vendetta sui figli, fratelli di Gesù: si estende al Figlio unigenito. Così il parricidio assume una dimensione sacrale e teologale. A una visione talmente macabra dobbiamo rifiutare ogni legittimità cristiana, perché distrugge tutta la novità del Vangelo… Tale rappresentazione… ha molto poco a vedere con il Dio-Padre di Cristo… Dio assume i tratti del giudice crudele e sanguinario, pronto a richiedere fino all’ultimo centesimo i debiti che si riferiscono alla giustizia… Ma questo è il Dio che abbiamo imparato ad amare e a cui ricorrere, sulla base dell’esperienza di Cristo? È ancora il Dio del Figliol prodigo, che sa perdonare? Il Dio della pecorella smarrita, che lascia le novantanove nell’ovile e va a cercare sui prati l’unica smarrita?” (L. Boff).
Il modello di comprensione elaborato invece secondo la mentalità greca pare più consono alla rivelazione di Gesù intorno al Padre e ai testi neotestamentari che enfatizzano il ruolo del Cristo già nella creazione. Tale concezione parte da questa riflessione: Dio ha creato l’uomo per amore: ma essendo, secondo la metafisica greca, infinito, illimitato, eterno, per creare qualcuno che potesse essergli partner nell’amore e che fosse quindi altro da sé lo ha dovuto creare finito, limitato, mortale. Il dolore, la malattia, la morte, non sono perciò una “punizione”, ma fanno parte dell’ordine biologico, del nostro essere creature e quindi “non-Dio”, e perciò privi della sua perfezione.
Infatti ben prima della comparsa dell’uomo, nel corso della storia della terra e dell’evoluzione, milioni di individui viventi hanno sperimentato la morte, milioni di specie si sono estinte, tra cui i famosi dinosauri. Questa riflessione, che talora chiamo… “Jurassic Theology”, o “teologia dei dinosauri”, ci porta ad affermare che il peccato dell’uomo non può essere stato la causa della morte fisica: l’invecchiamento, la sofferenza, la morte sono parte integrante della natura biologica, sono caratteristiche del modo di essere delle creature (Catechismo Chiesa Cattolica, nn. 302.310).
Ma Dio si commuove in profondità per la condizione dell’amato, e nel momento stesso in cui lo crea finito, limitato, mortale pensa per lui il modo di farlo partecipe della sua vita infinita, illimitata, immortale: per questo Dio progetta l’incarnazione del Figlio, per mezzo della quale Egli stesso si farà finito, sussumerà il limite dell’uomo e del creato fino alla morte e, per il mistero della sua resurrezione, porterà la finitudine umana nell’eternità e nell’immensità della sua vita divina, facendoci suoi figli ed eredi (Rm 8,17). Come dice S.Atanasio, “Dio si è fatto uomo perché l’uomo si facesse Dio” (De incarnazione Verbi, n. 54).
L’incarnazione del Figlio non è quindi un “incidente di percorso” dovuto al peccato dell’uomo, ma è gesto creazionale, il compimento dell’attività creatrice di Dio, la realizzazione del suo progetto d’amore sull’uomo, che diventa al contempo in Cristo capace di relazione personale con Dio e partecipe della sua stessa vita e beatitudine (Gv 1,1-3; Col 1,16-17).
PORTARE FRUTTO
Per la salvezza Gesù non richiede soltanto un’adesione formale a lui. La sequela del Maestro implica opere concrete di giustizia e di amore. Come esorterà Giovanni: “Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità” (1 Gv 3,18).
Il messaggio di Gesù in tal senso è chiarissimo. Non basta una religiosità esteriore, meramente cultuale (Lc 13,22-30). Non basta neppure fare miracoli o profetare in nome di Cristo: occorre fare agli altri ciò che si vorrebbe fosse fatto a noi: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti” (Mt 7,12-23).
E il portare buoni frutti e l’operare la giustizia significano l’attenzione concreta e fattiva verso i bisognosi. Dirà in proposito Giacomo: “Certo, se adempite il più importante dei comandamenti secondo la Scrittura: «Amerai il prossimo tuo come te stesso», fate bene; ma se fate distinzione di persone, commettete un peccato e siete accusati dalla legge come trasgressori… Il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà usato misericordia; la misericordia invece ha sempre la meglio nel giudizio. Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? Forse che quella fede può salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, che giova? Così anche la fede: se non ha le opere, è morta in se stessa” (Gc 2,8-26).
Buona Misericordia a tutti!
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.
Vangelo di Domenica 20 Marzo: Luca 13, 1-9
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Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it). Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
PERCHÉ IL DOLORE?
La mentalità etico-giuridica ebraica e poi del mondo romano hanno spesso presentato l’incarnazione del Figlio come momento necessario affinché egli potesse sacrificarsi, morendo in croce, e dare così, essendo il Figlio infinito, soddisfazione adeguata all’offesa infinita arrecata dall’uomo a Dio con il peccato. Ma questa idea di un Padre irato e vendicativo che esige totale soddisfazione dell’offesa, e che si placa solo con l’immolazione del Figlio, non può non porci problema.
La morte di Cristo non fu “la necessità della volontà di un Dio avido di riparazione per la sua maestà offesa… L’equivoco di questa teologia, che proietta indiscriminatamente il dolore e la croce nel senso di Dio stesso, consiste nell’accettare il Padre come l’assassino di Gesù. L’ira divina non si sazia con la vendetta sui figli, fratelli di Gesù: si estende al Figlio unigenito. Così il parricidio assume una dimensione sacrale e teologale. A una visione talmente macabra dobbiamo rifiutare ogni legittimità cristiana, perché distrugge tutta la novità del Vangelo… Tale rappresentazione… ha molto poco a vedere con il Dio-Padre di Cristo… Dio assume i tratti del giudice crudele e sanguinario, pronto a richiedere fino all’ultimo centesimo i debiti che si riferiscono alla giustizia… Ma questo è il Dio che abbiamo imparato ad amare e a cui ricorrere, sulla base dell’esperienza di Cristo? È ancora il Dio del Figliol prodigo, che sa perdonare? Il Dio della pecorella smarrita, che lascia le novantanove nell’ovile e va a cercare sui prati l’unica smarrita?” (L. Boff).
Il modello di comprensione elaborato invece secondo la mentalità greca pare più consono alla rivelazione di Gesù intorno al Padre e ai testi neotestamentari che enfatizzano il ruolo del Cristo già nella creazione. Tale concezione parte da questa riflessione: Dio ha creato l’uomo per amore: ma essendo, secondo la metafisica greca, infinito, illimitato, eterno, per creare qualcuno che potesse essergli partner nell’amore e che fosse quindi altro da sé lo ha dovuto creare finito, limitato, mortale. Il dolore, la malattia, la morte, non sono perciò una “punizione”, ma fanno parte dell’ordine biologico, del nostro essere creature e quindi “non-Dio”, e perciò privi della sua perfezione.
Infatti ben prima della comparsa dell’uomo, nel corso della storia della terra e dell’evoluzione, milioni di individui viventi hanno sperimentato la morte, milioni di specie si sono estinte, tra cui i famosi dinosauri. Questa riflessione, che talora chiamo… “Jurassic Theology”, o “teologia dei dinosauri”, ci porta ad affermare che il peccato dell’uomo non può essere stato la causa della morte fisica: l’invecchiamento, la sofferenza, la morte sono parte integrante della natura biologica, sono caratteristiche del modo di essere delle creature (Catechismo Chiesa Cattolica, nn. 302.310).
Ma Dio si commuove in profondità per la condizione dell’amato, e nel momento stesso in cui lo crea finito, limitato, mortale pensa per lui il modo di farlo partecipe della sua vita infinita, illimitata, immortale: per questo Dio progetta l’incarnazione del Figlio, per mezzo della quale Egli stesso si farà finito, sussumerà il limite dell’uomo e del creato fino alla morte e, per il mistero della sua resurrezione, porterà la finitudine umana nell’eternità e nell’immensità della sua vita divina, facendoci suoi figli ed eredi (Rm 8,17). Come dice S.Atanasio, “Dio si è fatto uomo perché l’uomo si facesse Dio” (De incarnazione Verbi, n. 54).
L’incarnazione del Figlio non è quindi un “incidente di percorso” dovuto al peccato dell’uomo, ma è gesto creazionale, il compimento dell’attività creatrice di Dio, la realizzazione del suo progetto d’amore sull’uomo, che diventa al contempo in Cristo capace di relazione personale con Dio e partecipe della sua stessa vita e beatitudine (Gv 1,1-3; Col 1,16-17).
PORTARE FRUTTO
Per la salvezza Gesù non richiede soltanto un’adesione formale a lui. La sequela del Maestro implica opere concrete di giustizia e di amore. Come esorterà Giovanni: “Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità” (1 Gv 3,18).
Il messaggio di Gesù in tal senso è chiarissimo. Non basta una religiosità esteriore, meramente cultuale (Lc 13,22-30). Non basta neppure fare miracoli o profetare in nome di Cristo: occorre fare agli altri ciò che si vorrebbe fosse fatto a noi: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti” (Mt 7,12-23).
E il portare buoni frutti e l’operare la giustizia significano l’attenzione concreta e fattiva verso i bisognosi. Dirà in proposito Giacomo: “Certo, se adempite il più importante dei comandamenti secondo la Scrittura: «Amerai il prossimo tuo come te stesso», fate bene; ma se fate distinzione di persone, commettete un peccato e siete accusati dalla legge come trasgressori… Il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà usato misericordia; la misericordia invece ha sempre la meglio nel giudizio. Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? Forse che quella fede può salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, che giova? Così anche la fede: se non ha le opere, è morta in se stessa” (Gc 2,8-26).
Buona Misericordia a tutti!
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.
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Spazio Spadoni
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Vangelo di domenica 11 maggio: IV Domenica di Pasqua anno C: Giovanni 10, 27-30
Vangelo di domenica 04 maggio: III Domenica di Pasqua anno C: Giovanni 21,1-19
Vangelo di domenica 27 aprile II Domenica di Pasqua anno C: Giovanni 20, 19-31
Vangelo di domenica 20 aprile Pasqua di Resurrezione: Giovanni 20, 1-9
Vangelo di domenica 13 aprile Domenica delle Palme: Passione del Signore – Luca 22,14-23,56
Vangelo di domenica 06 aprile V Domenica di Quaresima anno C – Giovanni 8, 1-11
Vangelo di domenica 30 marzo IV Domenica di Quaresima anno C – Luca 15, 1 – 3. 11-32
Vangelo di domenica 23 marzo III Domenica di Quaresima anno C – Luca 13, 1-9
Vangelo di domenica 16 marzo: II Domenica di Quaresima anno C – Luca 9, 28-36
Vangelo di domenica 09 marzo: I Domenica di Quaresima anno C – Luca 4,1-13
Vangelo di domenica 02 marzo: VII Domenica C: Luca 6, 39-45
Vangelo di domenica 23 febbraio: VI Domenica C: Luca 6, 27-38
Vangelo di domenica 16 febbraio: VI Domenica C: Luca 6, 17. 20-26
Vangelo di domenica 09 febbraio: V Domenica C: Luca 5, 1-11
Vangelo di domenica 02 febbraio: Presentazione del Signore C: Luca 2, 22-40
Vangelo di domenica 26 gennaio III Domenica C: Luca 1, 1-4; 4, 14-21
Vangelo di domenica 19 gennaio: Giovanni 2,1-11
Vangelo di domenica 12 gennaio: Luca 3,15-22
Vangelo di lunedì 06 gennaio: Matteo 2, 1-12
Vangelo di domenica 05 gennaio: Giovanni 1, 1-18
Vangelo di mercoledì 1 gennaio: Luca 2, 16-21
Vangelo di domenica 29 dicembre: Luca 2, 41-52
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Vangelo di domenica 22 dicembre: Luca 1, 39-45
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Vangelo di domenica 08 dicembre: Luca 1, 26-38
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Vangelo di domenica 24 novembre: Giovanni 18, 33b-37
Vangelo di domenica 17 novembre: Marco 13,24-32
Vangelo di domenica 10 novembre: Marco 12, 38-44
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Vangelo di domenica 27 ottobre: Marco 10, 46-52
Vangelo di domenica 20 ottobre: Marco 10, 35-45
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Vangelo di domenica 08 settembre: Marco 7, 31-35
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Vangelo di Domenica 20 Febbraio: Luca 6, 27-38
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Vangelo di Sabato 25 Dicembre: Luca 2, 1-14
Vangelo di Domenica 19 Dicembre: Luca 1, 39-45
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Vangelo di Domenica 4 Luglio: Marco 6, 1-6
Vangelo di Martedì 29 Giugno: Matteo 16, 13-19
Vangelo di Domenica 27 Giugno: Marco 5, 21-43
Vangelo di Domenica 20 Giugno: Marco 4, 35-41
Vangelo di Domenica 13 Giugno: Marco 4, 26-34
Vangelo di Domenica 6 Giugno: Marco 14, 12-16.22-26
Vangelo di Martedì 30 Maggio: Matteo 28, 16-20
Vangelo di Domenica 23 Maggio: Luca 24, 35-48
Vangelo di Domenica 16 Maggio: Marco 16, 15-20
Vangelo di Domenica 9 Maggio: Giovanni 15, 9-17
Vangelo di Domenica 2 Maggio: Giovanni 15, 1-8
Vangelo di Domenica 25 Aprile: Giovanni 10, 11-18
Vangelo di Domenica 18 Aprile: Luca 24, 35-48
Vangelo di Domenica 11 Aprile: Giovanni 20, 19-31
Vangelo di Venerdì 2 Aprile: Giovanni 18-19
Vangelo di Giovedì 1 Aprile: Giovanni 13, 1-15
Vangelo di Domenica 28 Marzo: Marco 14-15
Vangelo di Domenica 21 Marzo: Giovanni 12, 20-33
Vangelo di Domenica 14 Marzo: Giovanni 3, 14-21
Vangelo di Domenica 7 Marzo: Giovanni 2, 13-25
Vangelo di Domenica 28 Febbraio: Marco 9, 2-10
Vangelo di Domenica 21 Febbraio: Marco 1, 12-15
Vangelo di Domenica 14 Febbraio: Marco 1, 40-45
Vangelo di Domenica 7 Febbraio: Marco 1, 29-39
Vangelo di Domenica 31 Gennaio: Marco 1, 21-28
Vangelo di Domenica 24 Gennaio: Marco 1, 14-20
Vangelo di Domenica 10 Gennaio: Marco 1, 9-11
Vangelo di Giovedì 7 Gennaio: Giovanni 1, 35-42
Vangelo di Mercoledì 6 Gennaio: Matteo 2, 1-12
Vangelo di Domenica 3 Gennaio: Giovanni 1, 1-18
Vangelo di Venerdì 1 Gennaio: Luca 2, 16-21
Vangelo di Domenica 27 Dicembre: Luca 2, 25-38
Vangelo di Venerdì 25 Dicembre: Luca 2, 1-14
Vangelo di Domenica 20 Dicembre: Luca 1, 26-38
Vangelo di Domenica 13 Dicembre: Giovanni 1, 6-8.19-28
Vangelo di Domenica 6 Dicembre: Marco 1, 1-8
Vangelo di Domenica 29 Novembre: Marco 13, 33-37
Vangelo di Domenica 22 Novembre: Matteo 25, 31-46
Vangelo di Domenica 15 novembre: Matteo 25, 14-30
Vangelo di Domenica 8 Novembre: Matteo 25, 1-13
Vangelo di Domenica 1 Novembre: Luca 6, 17. 20-26/ Matteo 5, 1-12
Vangelo di Domenica 25 Ottobre: Matteo 22, 34-40
Vangelo di Domenica 18 Ottobre: Matteo 22, 15-21
Vangelo di Domenica 10 Ottobre: Matteo 22, 1-14
Vangelo di Domenica 4 Ottobre: Matteo 21, 33-43
Vangelo di Domenica 27 Settembre: Matteo 21, 28-32
Vangelo di Domenica 20 Settembre: Matteo 20, 1-16
Vangelo di Domenica 13 Settembre: Matteo 18, 21-35
Vangelo di Domenica 6 Settembre: Matteo 18, 15-20
Vangelo di Domenica 6 Settembre