Vangelo di domenica 11 maggio: IV Domenica di Pasqua anno C: Giovanni 10, 27-30

il: 

5 Maggio 2025

di: 

Gv 10,27-30

“In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola”.

LA CHIESA GREGGE

Da: C. MIGLIETTA, EDIFICHERO’ LA MIA CHIESA. Perché (e come) essere Chiesa secondo la Bibbia, Gribaudi, Milano, 2010, con presentazione di S. E. Mons. Guido Fiandino

Altro simbolo giovanneo della Chiesa è il gregge. Anche questa immagine è già veterotestamentaria…

Gesù in Giovanni al capitolo 10 si presenta come il pastore “kalòs” (Gv 10,11), letteralmente “bello”, cioè “ideale”, “modello”, “perfetto”. Il Nazareno si proclama il Dio Pastore, con l’uso per sé del Nome santo di Dio (“Io sono”: Gv 10,9.11): egli dà la sua vita per le pecore (in Gv 10,11-18 lo ripete ben cinque volte), rendendosi cibo per esse, “pane della vita” (Gv 6,35), donandosi totalmente, facendosi spezzare e consumare. Cristo ci salva, ci guida, ci consola, ci protegge, sazia i nostri bisogni più profondi, riempie le nostre attese, scioglie le nostre paure, vince i nostri limiti creaturali. “Alcuni hanno obiettato che in questa parabola <<gregge>> o <<gregge di pecore>> è menzionato soltanto una volta1. Ma anche l’immagine dell’ovile che implicitamente la percorre tutta è un simbolo della comunità” (R. E. Brown2). “I discepoli di Gesù non sono delle monadi, separati e slegati tra loro, ma costituiscono una comunità, formano un gregge, sono pecore che vivono nello stesso recinto, hanno uno stesso pastore, sono condotte fuori dall’ovile per essere portate al pascolo tutte insieme3. In questo discorso non ricorre il termine <<famiglia>>: appare però con trasparenza che le pecore simboleggiano i discepoli del Cristo, i quali altrove dal Maestro sono chiamati suoi amici4 e fratelli5, anzi sono affidati alle cure di sua madre6. Quindi Giovanni

insegna con sufficiente chiarezza che i cristiani formano la Chiesa, la famiglia del Figlio di Dio” (S. A. Panimolle7)…

“Essere testimoni della bellezza che salva nasce dal farne continua e sempre nuova esperienza: ce lo fa capire lo stesso Gesù quando, nel Vangelo di Giovanni, si presenta come il <<Pastore bello>> (così è nell’originale greco, anche se la traduzione normalmente preferita è quella di <<buon Pastore>>: Gv 10,11.14-15)… La bellezza del Pastore sta nell’amore con cui consegna se stesso alla morte per ciascuna delle sue pecore e stabilisce con ognuna di esse una relazione diretta e personale di intensissimo amore… Il luogo in cui è possibile quest’incontro bello e vivificante con il Pastore è la Chiesa: è in essa che il bel Pastore parla al cuore di ciascuna delle sue pecore… La Chiesa è in tal senso la Chiesa dell’amore, la comunità della bellezza che salva… Attraverso il popolo del <<bel Pastore>> la luce della salvezza potrà raggiungere tutti, attirandoli a lui, e la sua bellezza salverà il mondo” (C. M. Martini8).

GESÙ IL PASTORE IDEALE

Pastore e gregge sono un tema classico dell”Antico Testamento. Secondo tutto l”Antico Testamento, IHWH è il Pastore di Israele (Gn 48,15; Sl 23; 80,2; Is 40,11…), che si serve di uomini, spesso infedeli, per pascere il suo popolo (Ger 23,1-3; Ez 34,1-10). Ma alla fine dei tempi giungerà il Pastore messianico (Ez 34,23-24), che sarà colpito (Zc 13,7) e trafitto (Zc 12,10; 13,1).

Gesù è l”inviato alle pecore perdute della casa di Israele (Mt 15,24; 10,6; Mc 6,34). Gesù si proclama IHWH Pastore (“IO SONO”, vv. 9.11). Tenerezza e provvidenza di Dio; e monito a tutte le autorità che c’è un solo Pastore, il Cristo!

«Il Vangelo di oggi ci presenta un brano che con due pennellate dipinge ed esprime tutta la tenerezza e l’amore del Padre e di Gesù per ciascuno di noi.

In questo piccolo racconto c’è soprattutto Lui, Gesù, mandato dal Padre a dare la vita, perché noi l’avessimo e in abbondanza, e poi ciascuno di noi, conosciuto per nome, con tutti i propri travagli e difficoltà, a cui dice: sei “mio”, non nel senso del possesso, ma dell’attenzione e cura che vuole dedicarci.

Nello sguardo di Gesù c’è lo sguardo di Dio: uno sguardo, che ci segue nel cammino, a volte tortuoso delle nostre giornate, incredibilmente e meravigliosamente compassionevole, di chi con noi patisce, per poterci dare la Sua stessa forza. Gesù sa bene quanto la sofferenza e le difficoltà possano prostrarci: ha provato tutto, eccetto il peccato, e “ci conosce” fino in fondo.

Sa benissimo, che nei momenti di dubbio, di oscurità, anche di male, dentro di noi “stanchi e sfiniti”, vi è il desiderio spasmodico di trovare Qualcuno a cui aggrapparci come l”ultima speranza. Quando non si spera più giustizia, amore, verità; non si ha più neppure la voglia di “camminare” e, soprattutto, si è perso anche il senso e il gusto al cammino, che si è costretti a compiere, è una grande Grazia riuscire a percepire e credere che Lui non accetta facilmente che ci “perdiamo”: “nessuno le strapperà dalla mia mano”. E quando anche qualche volta, per dabbenaggine o per altre ragioni, siamo noi stessi che ci allontaniamo, sappiamo che Gesù non smette mai di cercarci e ci rassicura: “non andranno perdute in eterno”!

Ma una cosa chiede, ieri, oggi e sempre ai Suoi, a noi: “ascoltare la Sua voce”!

E’ questo il primo compito del cristiano: ascoltare Gesù che ci parla, ci salva con la Sua Parola, fa più robusta e forte la nostra fede, trasforma la nostra vita. Più volte anche Papa Francesco ci ha già richiamati su questo aspetto. Ma oggi lo sentiamo ancora più impellente. “Durante la giornata”, ha osservato il Santo Padre, durante una visita pastorale in una parrocchia romana, “si ascoltano spesso altre voci: la radio, la televisione, le chiacchiere delle persone. Ma vi faccio una domanda: Prendiamo un po’ di tempo ogni giorno per ascoltare la Parola di Gesù? A casa abbiamo il Vangelo e ogni giorno ne leggiamo un brano o abbiamo paura, non siamo abituati?… Ascoltare la Parola di Gesù nutre l’anima, la fede. La Sua Parola entra nel nostro cuore e ci fa più forti nella fede”.

Solo così possiamo “rimanere nel Suo amore” e diventare, nonostante le nostre debolezze, comunicatori di gioia evangelica, di speranza e felicità di essere con Dio e nel Cuore di Dio, “una cosa sola con Gesù e con il Padre suo”» (Mons. Antonio Riboldi).

Buona Misericordia a tutti!

Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.

Fonte dell’articolo

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